Cronaca internazionale

Sfide mortali sui social e adescamenti online. "I nostri figli uccisi così"

Le storie delle famiglie vittime della Rete. Zuckerberg e gli altri manager accusati per i mancati controlli

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Olivia è stata adescata su Snapchat da uno sconosciuto che l'ha convinta a prendere una pillola di fentanyl, Matthew è morto per la «sfida del soffocamento» su TikTok, Riley si è suicidato dopo un ricatto su Facebook. Olivia, Matthew e Riley sono solo alcuni dei bambini e adolescenti vittime dei social media, che hanno spinto il Senato Usa a convocare i big tecnologici americani davanti alla commissione Giustizia per rispondere ad un fuoco incrociato di domande su come le loro piattaforme tutelano (o non tutelano) i minori. Secondo un rapporto dell'US Surgeon General pubblicato lo scorso anno, quasi il 95% degli adolescenti tra i 13 e i 17 anni usa i social media, e il dossier ha riscontrato «ampi indicatori del fatto che possono comportare un profondo rischio di danni» per la salute mentale e il benessere dei bambini, e le aziende tecnologiche dovrebbero essere ritenute responsabili.

«Troppi piccoli sono rimasti feriti o uccisi e troppi genitori hanno perso i propri figli», è l'accusa lanciata da alcune famiglie delle vittime presenti all'udienza con gli amministratori delegati Mark Zuckerberg di Meta, Linda Yaccarino di X, Shou Chew di TikTok, Evan Spiegel di Snap e Jason Citron di Discord. E mentre i big dell'hi tech si difendono elencando le misure adottate per proteggere i minori sulle loro piattaforme, i genitori delle vittime condividono le loro drammatiche testimonianze. «Mia figlia Olivia avrà per sempre 15 anni, perché Snapchat l'ha messa in contatto con uno sconosciuto adulto che la sfruttava e si approfittava di lei - racconta la madre della teenager Despina Prodromidis a Usa Today - Poi l'ha convinta a prendere una pillola che si è rivelata essere fentanyl puro». La donna accusa Snapchat che «continua a mettere in contatto i bambini con adulti criminali e con la droga», e visto che «non sono riusciti a fermare tutto questo da soli, è ora che il Congresso agisca». Poi c'è Matthew Minor, morto a 12 anni nel 2019 dopo aver fatto la «sfida del soffocamento» su TikTok. «Il social afferma falsamente che i bambini possono soffocarsi in sicurezza, lui ci ha provato e non c'è più», dice il padre, Todd Minor: «TikTok ha permesso che questo video circolasse per un decennio provocando centinaia di morti come quella di Matthew, e il Congresso deve ritenere le aziende responsabili delle vite che hanno spezzato». Il 15enne Riley Rodee, invece, è stato ricattato su Facebook ed è morto suicida: «Un predatore ha usato il social per trovarlo, lo ha ingannato facendogli inviare foto esplicite di se stesso e poi ha immediatamente iniziato a chiedergli denaro - ricorda la madre Mary - Solo 6 ore dopo essere stato ricattato, si è tolto la vita».

C'è anche chi è sopravvissuto per miracolo, come Mariam Radwan, 15 anni. «Gli algoritmi che guidano Instagram e TikTok hanno quasi ucciso mia figlia, facendola finire in un buco nero di contenuti pericolosi come l'idea di ingerire meno di 500 calorie al giorno o altre sfide per raggiungere una magrezza estrema», spiega la madre della teenager, Neveen Radwan.

La donna rivela che la figlia «ha trascorso tutti e quattro gli anni del liceo dentro e fuori dagli ospedali, ha avuto un arresto cardiaco ed è stata costretta su una sedia a rotelle a causa dei disturbi alimentari scatenati dai social media».

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