Direttore Credo che quest'opera, se c'è grande recitazione, si possa fare quasi senza scenografia

Dirigere la Prima della Scala 2013 da futuro direttore musicale del teatro. Sarebbe stato un bel colpo per Daniele Gatti. Ipotesi viva fino a quest'estate. Ma come si sa, non è poi andata così: l'investitura sarà riservata a Riccardo Chailly, al momento non nominabile ufficialmente per questioni legislative: un'italica faccenda che non cambia la sostanza.
Gatti è stato un candidato da tripla A, ma come accadde in passato, quando il suo nome vene fatto in alternativa a quello di Daniel Barenboim, DM scaligero fino al 2015, la fumata è stata nera. Secondo un'indiscrezione della rivista Classic Voice, in edicola da oggi, Gatti, che guida l'Orchestre National de France, starebbe ora valutando un incarico di peso al Maggio musicale fiorentino.
Quanto a Milano. È vitale che la decisione sul ruolo numero uno alla Scala sia stata presa prima dell'inizio dei lavori di Traviata, lo spettacolo del 7 dicembre, dunque il più importante dell'anno scaligero, assegnato proprio a Gatti. Traviata di Giuseppe Verdi, nell'anno del bicentenario dalla nascita del compositore, è opera da far tremare i polsi a chiunque la voglia presentare a Milano, nel teatro dove scattano i confronti con letture leggendarie del passato. Il rischio è enorme, anche perché Traviata la conoscono anche i sassi, è l'opera più eseguita in assoluto al mondo, un patrimonio dell'umanità.
Gatti, milanese, 52 anni, ha seguito un bel pezzo di storia scaligera, dall'alto in basso: ovvero dal loggione, frequentato da studente del Conservatorio, alla buca d'orchestra che lo ha avuto più volte. Ammette che proporre Traviata alla Scala è quasi un tabù. «Perché questo rispetto quasi sacrale ci deve essere solo per Traviata? Forse perché pesa la tradizione, che ha visto alla Scala la presenza di Maria Callas in un grande spettacolo di Visconti? In ogni caso anche questa era una lettura coerente ma personale, che non può essere imitata o replicata all'infinito», spiega nell'intervista rilasciata a Andrea Estero, per Classic Voice.
Gatti da mesi si incontra con il regista della Traviata milanese, Dmitri Tcherniakov. C'è piena condivisione di lettura. «L'azione - spiega - sarà posta molto vicino al pubblico, grazie alla scena carrellata, nella parte più avanzata del palcoscenico. Non credo che Verdi abbia bisogno di messaggi o impalcature ideologiche che vengono dalla scenografia. Credo che Verdi, se c'è una grande recitazione, si possa fare con un tavolo, alcune sedie e le luci». Quella di Gatti- Tcherniakov è una Traviata dove domina il tema dell'ipocrisia della società, più che del grande amore fra Violetta e Alfredo, e per questo di prepotente attualità. Ne esce una donna uccisa non tanto dalla tisi, quanto dalla solitudine e dalla mancanza di rapporti umani autentici.
A incarnare questa donna sarà il soprano Diana Damrau, fra le migliori Violetta in circolazione, fu nome di punta nel cast dell'Europa riconosciuta: titolo che aprì la Scala restaurata, nel 2004. Traviata, spiega nell'intervista a Classic Voice, è stata l'opera che accese la passione per il canto. «Avevo dodici anni quando ho visto il film di Zeffirelli con Teresa Stratas e Placido Domingo, in televisione, e sono impazzita per l'opera». Le difficoltà di Traviata? Consistono «nel cercare i colori di transizione, che illuminano la parabola di Violetta, e bisogna essere maturi come artisti per trovarli. L'edonismo vocale c'entra davvero poco». La Damrau teme i fantasmi dei cantanti che ancora incombono fra stucchi e velluti scaligeri? «Alle volte sembra che nessuna possa essere brava abbastanza per il pubblico della Scala nel momento in cui canta Violetta: lo diventa magari a posteriori, non so... Sono pronta gettarmi a capofitto, con la mia voce, le mie forze, il mio bagaglio artistico in questa sfida, prima di tutto per onorare il bicentenario verdiano in uno dei teatri più legati alla sua musica. Tutti ci attendiamo molto dalla produzione, spero che non prenderemo troppi rischi sotto quel profilo, ma mi impegnerò con tutta me stessa per cantare una buona Violetta.

Se poi piacerà al pubblico, non posso saperlo, ma so bene che in queste occasioni si prova anche un gusto speciale nel criticare anche in modo sanguinoso artisti, regie e direzione d'orchestra, fa parte del gioco. Quello che mi interessa è che io sia in grado di far fronte all'impegno essendo al massimo delle mie possibilità, dalla prima recita all'ultima».

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