LE BELLE STATUINE DELL’ECONOMIA

I giornali, gli esperti, gli amici vi raccontano che i mercati si stanno incamminando verso il baratro. È possibile. Ma il problema è che è plausibile anche il contrario, e cioè che le Borse riprendano il loro passo. Ciò che vogliamo banalmente sostenere è che i mercati finanziari sono fatti da milioni di operatori e da miliardi di piccole e grandi decisioni indipendenti fatte simultaneamente. Ci possono essere maree contagiose, ma il loro dispiegarsi è difficile da prevedere con esattezza. La presunzione di riuscire a prevedere tutto, dal clima all'andamento degli indici, è insana. Si possono fare delle congetture.
1. I guadagni fatti sono tali solo quando il titolo si vende. Prima il guadagno è virtuale (il fisco italiano la pensa diversamente, ma è un altro discorso). Dall'ottobre 2002 i mercati sono saliti quasi ininterrottamente. La Borsa americana, calcolando i recenti ribassi, ha fatto segnare un rialzo dell'80%. Più o meno un 15% di incremento l'anno. Mica male. Un operatore razionale, ma preoccupato, vende i suoi titoli e realizza il suo guadagno. A questi livelli, ciò che è avvenuto è una «correzione» dai massimi. Non un tracollo.
2. L'innesco per le vendite deriva dal rischio che un contagio finanziario si propaghi, e viene amplificato dalle manovre speculative di operatori che guadagnano nei momenti di flessione. Ma, tranne che in alcuni circoscritti casi di fallimento, il contagio è simile a quello dell'aviaria. Qualche caso si è manifestato, non è detto che si diffonda. Il solo rischio che ciò avvenga però comporta un costo: i risparmiatori diventano più guardinghi. Alcuni osservatori sostengono che questa maggiore attenzione al rischio sia benefica per l'economia reale. Non si prestano più quattrini in modo indiscriminato.
3. Le agenzie di rating, Moody's e S&P, hanno per l'ennesima volta toppato. Un gestore di hedge fund le ha definite: «Ottimi specialisti in autopsie». Non riescono a prevedere un bel niente, nonostante ne abbiano la presunzione, ma sono leste a certificare la morte cerebrale di investimenti già decotti. La loro inaffidabilità è un problema. Con il sofisticarsi dei prodotti finanziari si era, sbagliando, pensato che le loro pagelle fossero una buona approssimazione della solidità del proprio investimento. Non è stato così.
4. I risparmiatori ritornano, dopo qualche anno di anestetico, consapevoli che gli investimenti finanziari comportano un rischio. Per quelli italiani sarà interessante vedere come sono stati trattati dalle nostre banche. Principalmente Unicredit e Intesa hanno negli ultimi anni fatto un gigantesco sforzo di crescita dimensionale.

Ad esso è corrisposto un adeguato miglioramento dei servizi finanziari?
Qualche settimana e sapremo se la «correzione» è diventata un crollo e se la rete di protezione dei nostri più importanti intermediari del risparmio ha funzionato a dovere.
http://blog.ilgiornale.it/porro/

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