Nel cuore del Marocco distrutto dal sisma: "Nessuno verrà ad aiutarci"

Amizmiz, uno dei centri più colpiti dal sisma, è stata rasa al suolo. Gli aiuti faticano ad arrivare e gli sfollati si arrangiano con ripari di fortuna

Nel cuore del Marocco distrutto dal sisma: "Nessuno verrà ad aiutarci"
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(Amizmiz) Non ha avuto tempo per uscire di casa. Safa, 78 anni, è rimasta così incastrata nelle macerie mentre suo marito e i suoi figli scappavano mettendosi in salvo dalle scosse di magnitudo 6.8 che tra venerdì e sabato scorsi hanno travolto la provincia di la provincia di Al Haouz, a sud-ovest di Marrakech.

Ad Amizmiz, una cittadina di circa 20.000 abitanti a 50 chilometri a sud di Marrakech e poche migliaia di metri dall’epicentro del terremoto che ha mietuto oltre 2000 vittime, la protezione civile marocchina ha continuato a scavare ininterrottamente notte e giorno per estrarre i corpi dei civili rimasti intrappolati nelle case di pietra di questa zona rurale del Marocco in cui la maggior parte degli edifici è costruita in pietra e non ha resistito allo sciame sismico che le ha ridotte in macerie.

Gli abitanti si sono ritrovati avvolti nella polvere in pochi secondi. “Quando ho sentito le scosse mi sono rifugiata sotto al tavolo con i miei genitori e miei nonni. Ho visto le mura oscillare e le crepe diffondersi nel muro. È stato panico puro” racconta Imen el Rbibe, 19 anni, che non ha fatto in tempo a recuperare le sue scarpe prima di uscire di corsa di casa con la sua famiglia. Circa un centinaio di abitanti si sono temporaneamente trasferiti in un campo improvvisato sulla collina che sovrasta Amizmiz. “Abbiamo costruito tutto da soli. Nessuno è venuto ancora ad aiutarci e temo che nessuno verrà mai”, prosegue Imen mentre aiuta i suoi genitori a caricare l’auto familiare delle coperte e dei vestiti che sono riusciti a recuperare facendosi spazio tra le macerie.

Nonostante il Re Mohamed VI abbia annunciato di aver mobilitato tutte le forze del Regno per assistere la popolazione in difficoltà, ad Amizmiz l’esercito non ha ancora installato delle tende, mentre gli abitanti stanno costruendo delle abitazioni di fortuna con pali di legno, teli di plastica e coperte. Le regioni rurali come questa sono quelle che stanno soffrendo di più a causa della mancanza di infrastrutture adeguate ad assistere la popolazione.

Questo è il sisma più mortifero che il Marocco abbia vissuto almeno dal 2004, quando le scosse nella regione settentrionale del Rif causarono più di 600 morti. Il paese conosce le conseguenze dei terremoti da molto vicino: nel 1960 un terremoto di magnitudo 5.8 rase al suolo Agadir, nel sud del Paese. Le vittime furono 15.000, un terzo della popolazione della città. Le placche tettoniche su cui si trova il Marocco si muovono di circa 4-6 mm all’anno, rendendo i terremoti un avvenimento poco frequente nella zona e difficilmente prevedibili secondo il Centro nazionale per la ricerca scientifica e tecnica di Rabat.

La paura di nuove scosse sta tenendo gli abitanti di Amizmiz in uno stato di paura mista a rassegnazione. Dietro l’angolo di quella che era la piazza principale che adesso è ricoperta di pietre, un uomo sta uscendo da quella che era l’abitazione della sua famiglia. È crollata lasciando sotto le rovine i suoi due figli di 8 e 10 anni. “È muto da due giorni. Non riesce più a parlare, né a guardarci in viso, né a mangiare”, spiega sua moglie Sana.

In pochi secondi la nostra vita è stata frantumata. I nostri figli non ci sono più. Io non so più perché devo essere viva”, prosegue mentre porge una carezza a suo marito. Ai lati della strada, i soccorsi estraggono un’altra vittima.

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