Da premier a Masaniello

Da Premier a Masaniello. Magari Giuseppe Conte lo considererà un titolo di merito ma è solo la conferma che il suo ruolo istituzionale è sempre stato, mi scuso dell'espressione magari irrispettosa, uno scherzo.

Da premier a Masaniello

Da Premier a Masaniello. Magari Giuseppe Conte lo considererà un titolo di merito ma è solo la conferma che il suo ruolo istituzionale è sempre stato, mi scuso dell'espressione magari irrispettosa, uno scherzo. Il gioco è vecchio come il cucco. Dice il leader dei 5stelle per motivare la sua opposizione alla manovra del governo: «Temo disordini e tensione nelle piazze per cui noi saremo in piazza per canalizzare in una misura politica la disperazione della gente». Da che mondo è mondo è il vademecum dei leader populisti, di ogni colore e di ogni religione che a volte sfiora il ridicolo e trasuda di ipocrisia. Che significa andare in piazza per fermare la piazza? Meglio sarebbe dire: vado in piazza per speculare politicamente sulla piazza e soffiare sul fuoco della disperazione.

Quello che più stride, però, e differenzia Conte da altri leader populisti, è l'impossibile compito di coniugare il suo trascorso di Premier con il suo nuovo ruolo di agitapopolo, che usa la protesta come minaccia. Beppe Grillo lo ha fatto ma non è mai stato un inquilino di Palazzo Chigi. Conte, invece, è stato il presidente del consiglio di questo Paese e vederlo nella piazza di Scampia, il quartiere dove c'è il più alto tasso di fruitori del reddito di cittadinanza e dove i 5stelle hanno avuto il 64% alle ultime elezioni in ossequio ad una sorta di voto di «scambio» tra questa rendita statale e il consenso, fa una certa impressione. Ma in fondo l'ex-premier va ammirato perché dimostra una grande capacità di recitazione: Conte si è trasformato nello Zelig della politica italiana, può interpretare dieci personaggi insieme o come un grande attore può calarsi nel ruolo del protagonista e del suo contrario, può essere Achille o Ettore, oppure Achab o Moby Dick, ancora Arlecchino o Pantalone.

La sua fantasia non ha limiti. Del resto la distanza che divide nello spirito, nel modo di agire e di pensare un avvocato d'affari e il leader dei 5stelle dovrebbe essere sulla carta incolmabile. Invece, il nostro è riuscito a reinventarsi: anzi alla fine ha intortato prima quello che è stato l'ideatore del reddito di cittadinanza e si era guadagnato nei 5stelle il ruolo di leader, Giggino Di Maio, che è sparito dal Parlamento; e poi lo stesso fondatore, l'Elevato, l'uomo che ha addirittura dato il suo nome al movimento. Come un furbo avvocato d'affari si è assicurato i grillini quando erano ridotti alla stregua di una società in fallimento e che stava portando i libri al tribunale della politica e li ha rilevati assegnandogli un nuovo ruolo.

E addirittura ora esercita una sorta di egemonia senza aver mai letto Gramsci, su quella parte del Pd che proviene dal glorioso partito comunista. Che dire, un genio. Un genio del male. Che nella sua scaltrezza può anche far male al Paese. Come, appunto, quel Masaniello che fu leader della rivolta di piazza a Napoli. E vittima.

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