Rione Sanità, quei palazzi aristocratici decaduti

Il quartiere è uno splendido esempio di barocco napoletano. Ma i palazzi aristocratici sono stati abbandonati per anni

Rione Sanità, quei palazzi aristocratici decaduti

Le scalinate sembrano incontrarsi per poi allontanarsi di nuovo in una maestosa fantasia barocca che continua piano dopo piano. Questo gioco architettonico sembra proiettarsi verso l’alto e appare quasi una geometria islamica. Una di quelle che nelle moschee, dove non si può rappresentare Dio, gli architetti usavano per creare un senso mistico che avvicinasse i fedeli ad Allah.

Le scale di Palazzo dello Spagnuolo hanno però un senso diametralmente opposto, nascono per esaltare l’effimero. I loro spazi così ampi e barocchi servono per rendere la scalinata del palazzo un proseguimento dei salotti, un luogo dove far incontrare la nobiltà. Oggi sono quasi surreali, immerse come sono in un quartiere divenuto popolare. La Sanità era il luogo in cui i Borbone si fermavano per cambiare i cavalli e riposare durante il loro tragitto tra il Palazzo Reale nell’odierna piazza del Plebiscito e la Reggia di Capodimonte. Anche per questo divenne la zona preferita dall’aristocrazia napoletana seicentesca e settecentesca per costruire le sue sontuose dimore.

Palazzo dello Spagnuolo è l’edificio più famoso ed è considerato da molti uno degli esempi più belli di barocco napoletano. Fu voluto nel 1738 dal marchese di Poppano Nicola Moscati che commissionò le meravigliose scalinate ad “ali di falco” all’architetto Ferdinando Sanfelice. Furono moltissimi i palazzi napoletani che copiarono queste scale. Qui Carlo III di Borbone cambiava i cavalli per prendere dei “bovi”, visto che i cavalli non sarebbero riusciti a portarlo per la ripida salita che andava a Capodimonte. Non distante sempre su via Vergini si trova lo splendido e decaduto Palazzo Sanfelice. Un tempo era l’abitazione dell’architetto Ferdinando Sanfelice, lo stesso che aveva progetto le scale di Palazzo dello Spagnuolo. L’edificio che inglobò una vecchia proprietà della famiglia, ha due splendidi cortili, uno ottagonale e uno rettangolare e due meravigliose scale create con il classico stile del nobile architetto napoletano. Il palazzo è ormai fatiscente, è stato sopraelevato nel novecento con un bruttissimo ultimo piano e il giardino è ormai una giungla incolta. Nonostante tutto ciò rimane sensazionale.

Un altro splendido monumento è il chiostro di Santa Maria alla Sanità. Un tempo era uno dei due chiostri dell’omonimo vasto convento che venne distrutto da Gioacchino Murat per costruire il ponte che permise di non dovere più scendere nel vallone della Sanità e che una volta costruito isolò il quartiere che decadde velocemente. Il chiostro sopravvissuto è quello minore. Ha una pianta ovale e rappresenta uno dei più interessanti esempi di architettura sacra napoletana cinquecentesca e seicentesca. La costruzione fu affidata al frate Giuseppe Nuvolo che fu il primo a usare una pianta ellittica per un chiostro a Napoli e fu decorato con graffiti monocromi che rappresentavano la vita di illustri domenicani nel 1624 da Giovan Battista di Pino. La chiesa di Santa Maria alla Sanità si trova sopra le catacombe di San Gaudioso. Fu costruita nella stessa epoca del chiostro, dopo che le catacombe restituirono un affresco con l’immagine di Maria del V secolo. L’opera fu probabilmente sepolta dalla cosiddetta “lava dei Vergini”, colate di fango che franavano per colpa della pioggia dalle ripide colline attorno alla Sanità.

Nel quartiere si trovano anche altre splendide chiese barocche o edifici, come Palazzo di Majo o il rinascimentale Palazzo Traetto. Un caso a sé è la bella basilica paleocristiana di San Giovanni Fuori le Mura che sorse vicino alle Catacombe di San Gennaro nel V secolo. Accanto fu costruito l’ospedale San Gennaro dei Poveri che nel 1468 nacque per volere del cardinale Oliviero Carafa in un antico monastero benedettino decaduto. L’ospedale serviva per ricoverare gli appestati.

Sopra una collina, in un luogo isolato, si erge invece come un fantasma quel che resta del Convitto Pontano alla Conocchia. L’imponente palazzo seicentesco, un tempo di proprietà della Compagnia di Gesù, è ormai abbandonato da anni. Il nome Conocchia deriva dal soprannome che il popolo aveva dato a un sepolcro monumentale romano che sorgeva lì vicino e che fu abbattuto abusivamente nel 1965 per fare posto a un progetto di speculazione edilizia, per fortuna non portato a termine.

Il monumento era segnalato dalle guide settecentesche del “Grand Tour”, ma non nella lista dei beni vincolati dal Ministero delle Belle Arti, tanto che il costruttore che lo rase al suolo venne assolto.

Per fortuna negli ultimi anni si è compreso che per far rinascere il Rione Sanità più che speculare costruendo nuove palazzine bisogna restaurare gli edifici del passato.

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