Il «giallo Scarantino», la difesa di Contrada sentirà l'ex pentito

L'avvocato Giuseppe Lipera aveva inviato un invito a comparire all'ex collaboratore di giustizia e ai pm che lo avevano ascoltato dopo la pubblicazione di un libro del procuratore aggiunto di Palermo Ingroia, in cui si parlava di un'audizione mai finita al processo all'ex 007

Dei pm, non è dato sapere. Nè il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, nè gli altri magistrati citati - il presidente del Tribunale di Termini Imerese Alfredo Morvillo e l'ex procuratore capo di Palermo Gian Carlo Caselli - hanno ancora dato una risposta ufficiale all'invito a comparire fatto dalla difesa. Ma almeno uno dei protagonisti del cosiddetto «giallo Scarantino» sarà ufficialmente sentito dal difensore di Bruno Contrada. Ed è proprio, con tutti i limiti del personaggio, uno degli uomini chiave, visto che a raccontare la sua verità sull'interrogatorio riguardante l'ex 007 mai finito agli atti del processo, sarà proprio lo stesso Scarantino.
L'ex pentito, recentemente sconfessato da un altro collaboratore di giustizia, Gaspare Spatuzza, a proposito delle rivelazioni fatte sulla strage Borsellino, ha accettato l'invito a comparire che gli ha fatto notificare il penalista nell'ambito di indagini difensive sull'ex funzionario del Sisde che sta scontando, agli arresti domiciliari per motivi di salute, 10 anni di reclusione per concorso esterno all'associazione mafiosa. Come condizione Scarantino, che è detenuto in una località segreta, ha posto che l'incontro «avvenga fuori dalla Sicilia». Inoltre, ha annunciato che si avvarrà dell'assistenza «della difesa d'ufficio, essendo privo di un avvocato di fiducia».
L'iniziativa rientra nell' ambito di attività investigative per la revisione della condanna definitiva subita da Contrada. La citazione, assieme a quelli di tre magistrati - Ingroia e Morvillo, pm del processo di primo grado, e l'ex procuratore di Palermo Caselli - scaturisce da un episodio riportato nell'ultimo libro di Ingroia, «Nel labirinto degli dei: storie di mafia e antimafia». In un passaggio del volume il magistrato parla anche di Vincenzo Scarantino, il pentito che si era autoaccusato di avere organizzato il furto della Fiat 126 utilizzata come autobomba nella strage di via D'Amelio. Ingroia racconta nel libro che il collaboratore aveva fatto «nuove accuse a carico di Bruno Contrada» e che la Procura di Palermo «diede incarico alla polizia giudiziaria di fare indagini», ma «l'esito fu sconfortante».

Quindi le sue dichiarazioni «non furono mai utilizzate». La difesa di Contrada, però, ha appreso questa circostanza solo dopo la pubblicazione del libro di Ingroia. Di qui le indagini difensive e l'invito a comparire all'ex pentito e ai tre pm.

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