Silvia Castello
da Roma
«Genova è chiamata a ricordare il contributo del suo grande figlio al Risorgimento della nostra nazione» ha dichiarato Carlo Azeglio Ciampi in apertura delle celebrazioni per il bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini che prevedono - fino all'inizio del 2006 - una ricca serie di iniziative tra mostre, convegni e conferenze di altissimo livello culturale. Punto focale degli eventi è la rassegna «Romantici e Macchiaioli. Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea» a cura di Giuseppe Mazzocca che aprirà i battenti il 21 ottobre a Palazzo Ducale. L'esposizione offre l'opportunità di conoscere un aspetto inedito del pensiero di Mazzini (Genova 1805- Pisa 1872), attraverso un percorso costellato da importanti capolavori della pittura dell'Ottocento, introdotto proprio dalle sue stesse parole. Mazzini fu colui che per primo volle creare una vera coscienza nazionale sotto il segno della cultura, affidando alla grande pittura la missione del riscatto.
Con un ambizioso progetto.
La rassegna, articolata lungo un allestimento molto suggestivo, trae ispirazione proprio dalla vita e dagli scritti del pensatore genovese, mettendo in rilievo in modo particolare le opere che egli personalmente conobbe e di cui scrisse in maniera straordinaria. Come nel bellissimo saggio «Le peinture moderne en Italie», filo rosso dell'exursus espositivo, che venne pubblicato negli anni dell'esilio londinese sul «London and Westminster Review», il prestigioso organo del liberalismo radicale inglese, in cui Mazzini conferma il suo slancio europeo e l'originalità di critico d'arte. La prima parte dell'esposizione presenta un inedito confronto tra alcuni artisti come Canova, Massimo d'Azeglio, Hayez, -il pittore più amato da Mazzini e che considerava «il capo della scuola di Pittura Storica, che il pensiero Nazionale reclamava in Italia: l'artista più inoltrato che noi conosciamo nel sentimento dell'ideale che è chiamato a governare tutti i lavori dell'Epoca»- Pelagio Palagi, Molteni, Migliora, Vitale Sala. Oltre a moltissimi altri protagonisti del Romanticismo italiano affiancati - nella seconda parte della mostra - ai dipinti dei Macchiaioli toscani, gli artisti che attinsero a piene mani dai principi democratici e repubblicani - messi a confronto sugli stessi temi, con pittori lombardi come Gerolamo Induno e Federico Faruffini, che hanno condiviso identici ideali risorgimentali sperimentando una pittura mutata rispetto a quella del Neoclassicismo e del Romanticismo.
Non più quindi, un'arte narrativa e melodrammatica ma libera di manifestare il proprio messaggio nelle forme e nel colore, come poi avverrà con gli Impressionisti. Passano così in rassegna i capolavori di Fattori, Signorini, Abbati, Borrani, Cecioni e Lega, l'autore del magnifico ritratto di «Mazzini morente» proveniente dal Museo di Providence.
Tutto il percorso espositivo si snoda lungo alcune tematiche fondamentali. La prima sezione s'intitola «In un secolo di grandi ideali. I protagonisti» e illustra le grandi personalità dell'epoca impegnate dal punto di vista ideologico e umano, come il caso della straordinaria principessa di Belgiojoso. E celebra i due geni del secolo: Napoleone con «il mito dell'eroe» e Byron, il «poeta dell'individualità soggettiva». Segue la seconda sezione con «Gli dei e gli eroi neoclassici. Il culto dell'antichità e della forma», in cui Appiani , Camuccini, Bossi e Benvenuti intuiscono la vitale necessità di superare il manierismo ancorato alla sfera della mitologia. Si continua poi con «I Romantici e la pittura civile» secondo l'aut aut mazziniano «L'arte non deve essere se non un inno alla guerra», auspicando così ad una pittura finalmente moderna che offra il carattere storico associato al sentire contemporaneo, il «bello moderno italiano» di Hayez, Migliora, Bezzuoli, Arienti, Podesti. «Il culto di Dante» tratta invece della grandiosa epica moderna della Commedia, interpretata secondo le abili esposizioni mazziniane come profetico annuncio di un rinnovamento anche politico. Si giunge poi ad una delle parti più interessanti della mostra con «Hayez e il sentimento ideale»: già portavoce della pittura storica e civile con i grandi quadri degli anni venti e trenta, dal «Pietro Rossi» all'«Urbano II», dai «Vespri Siciliani» a «Pietro l'eremita» a «Gli abitanti di Praga», negli anni quaranta Francesco Hayez sembra sublimare il proprio impegno come rinnovatore della pittura nazionale in immagini cariche di un forte messaggio patriottico e ideale.
Segue poi «L'Italia e la sua missione. Roma 1849». L'euforica e brevissima parentesi rappresentata dall'esperienza repubblicana rese possibile una stagione di produttività artistica estremamente varia, segnata in particolare dall'urgenza della documentazione di cronaca con i reportages fotografici di Stefano Lecchi o le «annotazioni» di Gerolamo Induno a cui si aggiungevano rievocazioni storiche con Faruffini e Lanfredini. «Garibaldi e la sua leggenda» invece, celebra la grandezza dell'eroe dei due mondi con una vera e propria imagerie per il grande condottiero in cui si riponevano le speranze unitarie.
L'ottava sezione s'intitola «Mazzini, i macchiaioli e la guerra di liberazione» dove si mette a fuoco la ricerca e l'originalità dello stile del gruppo, frutto di sperimentazioni già avviate negli anni tra 1855 e il 1858 e che troverà nell'illustrazione degli eventi bellici della seconda guerra d'indipendenza una straordinaria occasione di mettersi alla prova nel confronto con la realtà. Come nell'opera «Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta» di Fattori. Si continua con «I valori del lavoro e della fatica quotidiana»: dal 1870, dopo la débacle dell'utopia auspicata da artisti e intellettuali, i Macchiaioli - delusi dall'assetto politico della nuova Italia unita - rappresenteranno il mondo contadino e borghese con una disposizione mentale adagiata su espressioni psicologiche somatiche.
Segue la sezione de «Le ombre dei grandi tra le antiche mura» dove si indaga la «solenne sobrietà» dei Macchiaioli sui temi claustrali. «Il Risorgimento nei cuori semplici» mette in scena invece la realtà domestica e quotidiana con l'intimismo della mamma garibaldina in un'opera di Gerolamo Induno. Ma il vero grande protagonista è Odoardo Bollani - «superstite» dell'avventura macchiaiola - che rimasto a vivere a Firenze tenta di promuovere le tendenze della nuova pittura attraverso la galleria aperta nel 1878 in piazza santa Trinità.
Infine, la sezione «Lega, Fattori e il Risorgimento tradito» conclude il percorso mazziniano, dando forma espressiva ai sentimenti di dramma suscitati dal tradimento degli ideali del Risorgimento che trovano rappresentazioni emblematiche nelle opere tarde di Giovanni Fattori e Silvestro Lega; proprio coloro che tra gli artisti del Caffè Michelangelo avevano aderito fin da giovanissimi allo spirito democratico della Giovine Italia. La mostra resterà aperta fino al 12 febbraio 2006.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.