La "particella di Dio" è da Nobel

Higgs e Englert premiati per la scoperta del bosone che attribuisce la massa all'intero universo

La "particella di Dio" è da Nobel

Un bel piatto di spaghetti deve avere massa per potere essere gustato. Se il piatto e gli spaghetti avessero zero massa sarebbero costretti, piatto e spaghetti, a volare alla stessa velocità della luce: qualcosa come un miliardo di chilometri l'ora (volo Roma-New York in meno di mezzo secondo). Noi possiamo stare comodamente seduti su una poltrona grazie al fatto che siamo dotati di massa. Qualsiasi cosa del mondo a noi familiare, oceani, deserti, montagne, un fiore, il Sole, la Luna, le stelle, sono tutte cose fatte a partire da particelle dotate di massa.

Agli inizi degli anni sessanta lo studio della logica che regge le strutture fondamentali dell'universo aveva portato noi fisici a concludere che era possibile avere una descrizione matematica di tutti i fenomeni scoperti a patto che tutto ciò che esiste resti privo di massa. Come la mettiamo con la realtà? Il guaio è che l'introduzione della «massa» nella descrizione matematica di qualsiasi fenomeno da noi sperimentalmente misurato portava a risultati divergenti. Come dire che il tutto saltava (matematicamente) in aria.
Per risolvere questa difficoltà Peter Higgs e indipendentemente Francois Englert e Robert Brout proposero di introdurre l'esistenza - nella densità di energia che descrive i fenomeni fisici - di una particella con due proprietà incredibili: essere «pallina» ed avere «massa immaginaria» (ieri a Higgs e Englert è stato assegnato il Nobel per la fisica per la loro scoperta).

Queste proprietà fondamentali avrebbero prodotto sia la massa reale per tutte le particelle sia l'esistenza di una nuova particella che col passare degli anni sarebbe diventata la «particella di Dio». Tra le numerose giustificazioni la più vicina alla realtà è data dalla enorme difficoltà per scoprirla. E infatti è passato quasi mezzo secolo (dal 1964 al 2012) affinché con la potente macchina del Cern - Lhc - due gruppi con tremila fisici (Atlas e Cms) potessero arrivare a scoprire la «particella di Dio». Particella che aveva subito attratto l'attenzione essendo il primo esempio di particella priva di «moto a trottola» (spin in inglese), non solo nello spazio-tempo con le 4 dimensioni a noi familiari (3 dimensioni di spazio, cioè larghezza, lunghezza e altezza di una stanza e una dimensione di tempo) ma anche negli spazi detti «intrinseci» (che sono la base del Superspazio con 43 dimensioni). Poco tempo dopo i lavori di Higgs e di Englert e Brout, un gruppo di fisici americani pensò di avere scoperto il bosone che loro chiamarono S-zero, non «particella di Dio». La lettera S sta per scalare (particella priva di spin) e lo zero sta per carica elettrica che deve essere zero. Pochi mesi dopo la scoperta americana chi scrive dimostrò con un esperimento al Cern che la scoperta non era confermata - come abbiamo già scritto su queste colonne. La massa della non esistente particella S-zero era cento volte inferiore a quella che sarebbe diventata nei decenni a venire la «particella di Dio». L'introduzione della massa immaginaria nella descrizione dei fenomeni fisici non è affatto banale. E infatti la «massa immaginaria» spiega come mai le forze elettromagnetiche (luce, radio, tv, computer, telefonini, internet) hanno un'origine comune alle forze subnucleari deboli, che spiegano come mai il Sole può brillare per miliardi di anni emettendo più neutrini che luce e senza mai spegnersi né saltare in aria. Higgs, Englert e Brout sono fisici la cui attività ho seguito con vivo interesse essendo stato più volte impegnato in esperimenti legati alla verifica delle affascinanti problematiche teoriche da loro proposte.
Il prossimo passo speriamo possa essere la scoperta del superbosone di Higgs-Englert-Brout.

Questa nuova superparticella aprirebbe alla fisica subnucleare l'orizzonte del Supermondo con 43 dimensioni di spazio-tempo.

Antonino Zichichi
Già Chairman del Gruppo di Studio per il Supercollider del Cern, oggi Lhc

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