"Se la famiglia non va....". "L'esercito non serve". Lo scontro su Caivano

Le violenze sessuali di Palermo e Caivano hanno sconvolto il Paese. Ecco le opinioni di Domenico De Masi e di Roberta Bruzzone

"Se la famiglia non va....". "L'esercito non serve". Lo scontro su Caivano

Le violenze sessuali di Palermo e Caivano hanno sconvolto il Paese. Per la rubrica Il bianco e il nero abbiamo interpellato il sociologo Domenico De Masi e la criminologa Roberta Bruzzone.

Limitare l'accesso alla pornografia può essere un modo per evitare determinati episodi come quelli di Palermo e Caivano?

De Masi: “A mio avviso il problema è il sottosviluppo, inteso come situazione complessiva di una determinata area, di un determinato segmento di popolazione per cui tutti i valori, tutte le opportunità, tutte le possibilità di conquistare ricchezza, lavoro, sapere e potere rispondono a criteri anomali. Ci vuole una grande tenacia per ottenere un sottosviluppo perfetto. Sia a Palermo sia a Caivano, siamo riusciti a fare un capolavoro di sottosviluppo totale. È importante la pornografia, l'assenza della famiglia, il ruolo dei media e della scuola, ma la realtà è quello che i sociologi americani chiamano “iper oggetto”, come il calore del pianeta, per esempio come l'invadenza delle classiche negli oceani. Sono fenomeni che si creano sulla base di una serie infinita di elementi che cospirano contro lo sviluppo e contro l’equilibrio. Il risultato finale è che resta difficilmente estirpabile”.

Bruzzone: “Indubbiamente è uno degli scenari che può aver contribuito perché per molti ragazzi la pornografia diventa un punto di riferimento per stabilire se sono adeguati o meno dal punto di vista sessuale, senza comprendere che quello che viene mostrato lì è pura finzione. Questa è una problematica che andrebbe sicuramente arginata in maniera molto diversa da come lo è adesso. Non credo che questo sia l'elemento che abbia contribuito in maniera così preponderante nella dinamica dello stupro da branco perché questo tipo di problematiche non appartengono solo alla nostra epoca. Lì subentrano altri tipi di dinamiche più legate agli stereotipi culturali e soprattutto alla dinamica del branco. Nel momento in cui una vittima viene selezionata dal branco, ogni membro del branco ne vuole un pezzo. Si tratta di una dinamica più competitiva che ha poco a che fare con un problema di fruizione di pornografia. È una dinamica più legata ad aspetti educativi disfunzionali, all’incapacitàà di comprendere fino in fondo la gravità di quello che è accaduto ed è un problema valoriale”.

La castrazione chimica può essere una soluzione?

De Masi: “Ribadisco: il problema è un “iper-oggetto” estremamente complesso in cui interferiscono motivi economici, strutturali, culturali, antropologici. L’idea che si possa avere un’unica soluzione, come l'esercito o la castrazione, è puerile”.

Bruzzone: “Anche questa è una grandissima stupidaggine. Ci sono già studi scientifici, almeno degli ultimi 50-60 anni, che dimostrano come la castrazione chimica non sia assolutamente efficace nell'impedire reati sessuali. Ci sono stati, persino, soggetti sotto castrazione chimica che hanno continuato a recidivare condotte criminali di matrice sessuale utilizzando oggetti e divenendo ancora più aggressivi rispetto alla versione precedente dei loro reati. La castrazione chimica non è assolutamente una strada percorribile”.

Venendo alle cause, quali sono le responsabilità della famiglia?

De Masi: “Ci sono tre agenzie di socializzazione: la famiglia, che è responsabile soprattutto di quello che avviene nei primi anni del bambino, poi la scuola e i media. Sono tutte e tre responsabili in modo diverso, a seconda del tipo di persona, del suo potere d’acquisto, della sua ricchezza, della situazione complessiva”.

Bruzzone: “Lo sviluppo di ciascuno attinge dalle esperienze precoci che avvengono nell'ambito familiare. Chi arriva a commettere reati sessuali spesso è un soggetto che ha una personalità disturbata, ha sviluppato una scarsa empatia e ha associato il potere sull'altro a un meccanismo eccitatorio. Di solito questo ha a che fare con modelli educativi e accuditivi disfunzionali. In questo la famiglia gioca a ruolo determinante”.

Quali sono invece le responsabilità della scuola?

De Masi: “Quando si attenuano le responsabilità della famiglia perché il bambino supera una certa età, allora il bambino passa più tempo a scuola che a casa. La responsabilità, quindi, passa dalla famiglia alla scuola e poi dopo naturalmente ai media che in qualche modo uniscono tutto. Sono una “mousse” nella quale viene impegnato sia il ruolo della famiglia sia il ruolo della scuola”.

Bruzzone: “La scuola può fare sicuramente qualcosa nel cercare di potenziare questo tipo di strumenti, ma non è un compito della scuola insegnare alle persone a stare al mondo. È un compito della famiglia e pensare che la scuola possa avere grandi margini su questi aspetti, temo sia una pia illusione. Se la famiglia è disfunzionale e trasmette valori assolutamente discutibili e distorti, purtroppo la scuola ha margini di intervento molto ridotti e, comunque, non è un suo compito”.

Cosa può fare lo Stato?

De Masi: “Può fare moltissimo. Ieri sera ho sentito in televisione il governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca, che invocava l'invio dell'esercito perché combattesse in forma militare contro questo sottosviluppo. È un'idea del tutto balzana, perché arriva l'esercito a Caivano e chi si trova di fronte? Non un altro esercito ma un paese sbrindellato, in cui non si distinguono i vari elementi e sono tutti corresponsabili del sottosviluppo”.

Bruzzone: “Lo Stato può sicuramente lavorare

in maniera più sensata nel costruire campagne di prevenzione volte a scardinare i principali stereotipi di genere più beceri. Deve lavorare sulla prevenzione in maniera più seria rispetto a quanto è accaduto fino adesso”.

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