Una delle principali motivazioni degli oppositori al ponte sullo Stretto di Messina è la condizione difficile che vivono da un punto di vista socio-economico i territori interessati dalla sua realizzazione a partire dalla città che dà il nome allo specchio d'acqua tra Sicilia e Calabria. Non è raro imbattersi nelle tesi dei detrattori della grande opera che sostengono sia prima necessario risolvere i problemi del territorio (a partire dal completo smantellamento della baraccopoli di Messina) e poi pensare a costruire il ponte. Si tratta di una prospettiva che non tiene in considerazione il fatto che il ponte potrebbe rappresentare un enorme volano per l’economia locale con ricadute positive per il territorio, aiutando lo sviluppo di un’economia più florida e portando perciò maggiore ricchezza.
Si inserisce in questo filone narrativo un articolo appena pubblicato dal Financial Times, intitolato Italy’s Meloni seeks to resurrect ‘mythical’ Sicily bridge project, in cui le due giornaliste della testata inglese inviate a Messina aprono l’articolo con una frase che lascia di sasso: “In the heart of the down-at-heel city of Messina”. Difficile tradurre con esattezza l’espressione “down-at-heel” ma il termine più corretto è probabilmente squallida, mal ridotta, disastrata e l'intero articolo si basa sulla premessa di descrivere quanto avviene "nel cuore della squallida città di Messina".
L’articolo vuole descrivere il contesto in cui sorgerà il nuovo ponte facendo emergere le criticità infrastrutturali della Sicilia e del messinese: “Gli oppositori affermano che la terribile rete stradale e ferroviaria interna della Sicilia limita la potenziale utilità del costoso ponte, mentre anche la crescita del trasporto marittimo a corto raggio come alternativa ecologica al trasporto su strada rende il progetto obsoleto”. Il Financial Times descrive la Sicilia come "una delle regioni più povere e meno sviluppate d'Italia" facendo emergere una descrizione di Messina quasi fosse una città del terzo mondo: "Oltre ai voli costosi, i traghetti sono l'unico modo per i siciliani o le loro merci di raggiungere il continente, una dipendenza che contribuisce a un senso di isolamento e abbandono in una delle regioni più povere e meno sviluppate d'Italia".
Il fatto che esistano queste carenze è innegabile e non serve la stampa internazionale per farcelo notare. Ciò che molti non comprendono è che la realizzazione del ponte sullo Stretto costituirebbe un incentivo anche a migliorare anche le infrastrutture sul territorio. Inoltre, mettere sullo stesso piano una grande opera con ricadute non solo locali ma nazionali ed europee con le criticità della rete stradale e ferroviaria siciliana, significa paragonare due temi che hanno ben poco in comune e, implementare le infrastrutture locali, non esclude realizzare il ponte sullo stretto peraltro usufruendo delle risorse del recovery fund.
C’è però un altro aspetto da sottolineare nell’articolo del “Financial Times” ed è quanto si sottende, ovvero la descrizione del sud di un paese del sud Europa come l’Italia incapace di gestire l’ordinario e che vuole invece costruire una grande
opera. Anche per questo il ponte va realizzato, per dimostrare che l’Italia è in grado non solo di pensare in grande ma di dimostrare con i fatti che un progetto di cui si discute da decenni possa finalmente essere costruito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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