Marcia indietro: Bossi "molla" Palazzo Chigi Galan è il nuovo ministro dell'Agricoltura

Il Senatùr fa marcia indietro dopo la battuta sul "premier leghista" nel 2013. Via libera a Galan all’Agricoltura: "Siamo dei signori, a noi gli assessorati". L'ultima partita padana: derby con "Roma ladrona" per la Domenica sportiva

Marcia indietro: Bossi "molla" Palazzo Chigi
 
Galan è il nuovo ministro dell'Agricoltura

Roma - Un premier leghista nel 2013? «Siamo troppo giovani». Se mercoledì era stato il giorno della bomba di Umberto Bossi sulle nomine ai vertici delle banche (peraltro completamente confermata), ieri, giorno dell’incontro tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, il leader del Carroccio Umberto Bossi si è dedicato a spengere ogni fuoco di polemica nel centrodestra. A parte la battuta sulla presidenza del consiglio in camicia verde, Bossi ha negato contrapposizioni con il Presidente della Camera. Almeno - ha scherzato - «per adesso». Sulla legge elettorale ha confermato di pensarla come il premier: «Funziona benissimo quella che c’è, perché con quella la gente va a votare. Se vuoi vincere devi convincere la gente a votarti, non cambiare la legge».

Problemi superati sulle nomine, in primo luogo quella da ministro dell’Agricoltura per il post Zaia. Su Giancarlo Galan non pesano veti. «Noi siamo dei signori» e non «facciamo storie, come la sinistra o come qualcun altro». Berlusconi mercoledì aveva dato assicurazioni a Bossi sulla linea del successore di Zaia. E ieri Bossi ha confermato di volere un sottosegretario da affiancare all’ex governatore veneto. Al Carroccio preme comunque il settore. E l’attenzione si sposta sugli assessorati delle regioni dove ha vinto il centrodestra. Bossi vuole quelli alla agricoltura in Lombardia, Veneto e Piemonte, che - ha spiegato - «ci spettano di diritto».

Nessun passo indietro sulle banche, al massimo qualche silenzio che vale come una precisazione rispetto ai retroscena che hanno legato le sue dichiarazioni alle prossime nomine ai vertici degli istituti di credito. «Chi è intelligente ha capito che abbiamo vinto tutto e che fatalmente ci toccherà anche una fetta di banche», ha ribadito.
Tra mercoledì e ieri sono piovute sul leader della Lega le critiche della sinistra. Ieri il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani ha bocciato l’idea di leghisti nei consigli di amministrazione, spiegando che non ci sarebbe «nessun vantaggio per imprese e cittadini». L’ex segretario Dario Franceschini ha parlato di «frase terrificante»; l’esponente Idv Luigi De Magistris, ha detto che la Lega «è peggio di Dc e Psi». È intervenuto persino il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani chiedendo un passo indietro della politica nella gestione delle banche. Anche il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola ha spiegato di intendere «la battuta di Bossi solo come una battuta, nel senso che il sistema finanziario deve essere sempre più attaccato al territorio per aiutare la soluzione dei problemi. Ma nulla di più. Se noi teniamo la politica il più lontano possibile dal sistema finanziario facciamo solo il bene dell’Italia e degli italiani».

Il ministro delle Riforme ha invece insistito: «Finora è stato così. Non vedo perché adesso che vince la Lega dobbiamo cambiare le regole. È la gente che dice che le banche toccano a noi». L’unica prudenza riguarda l’ipotesi di nomina di Domenico Siniscalco nel consiglio di sorveglianza di Banca Intesa. Bossi si è limitato a commentare con un «chiedete a Tremonti...», che non avvalora l’idea di una sponsorizzazione leghista.

Quello che è emerso, dopo il picco di polemiche di martedì, è semmai che la Lega vuole le banche per favorire i piccoli imprenditori. E punta a realizzare quello che i parlamentari del Carroccio hanno proposto a Roma: la sospensione degli accordi internazionali che rendono più severi i criteri del credito.

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