Massimiliano Salini, coordinatore regionale di Forza Italia, le sue impressioni sul governo Draghi?
«Due. La prima è che sarà un governo incentrato sul presidente, che avrà il compito di gestire direttamente il nodo rilevante: il rapporto con l'Europa. Vedo politici in equilibrio, personalità di pregio nei ruoli operativi. Sono fiducioso».
Il nodo sono i fondi Ue?
«Il punto centrale di questo governo, che avrà una durata limitata realisticamente alla distanza che ci separa dall'elezione per il Quirinale, sarà costruire il Recovery».
Su questo è caduto Conte?
«Era un governo degli equivoci, con un premier rimasto in carica dicendo il contrario di quel che diceva prima: l'equivoco della politica politicante che pensa solo a posizioni di potere. Per quello non è riuscito a scrivere un piano degno di questo nome. Qualcuno poi si è incaricato di svelarlo».
Draghi sarà una parentesi o tutto cambierà?
«Penso sia iniziato qualcosa di radicalmente nuovo, simile alla comparsa di Macron in Francia. La forza della società ha deciso di ribellarsi all'incompetenza della politica politicante, non potendo più permettersi il lusso di lasciare in mani inadeguate il Paese. Il potere enorme e silenzioso del Quirinale ha fornito una prospettiva nuova. Questo ci induce a ritenere che tutto cambi. La principale forza del centrodestra ha cominciato a rivedere qualcosa».
La Lega europeista.
«È strategia ma anche processo necessario. La Lega ne ha bisogno. L'altro spazio è occupato molto bene da un'opposizione costruttiva sì, ma su posizioni diverse. La Lega è forza del nord, sorta in un ambiente dove il realismo la fa da padrone. Non tornerà indietro».
Forza Italia? Con quel ministero guarda al sud?
«Fi è la forza che rende possibile l'esistenza di un centrodestra forza di governo e non comitato elettorale. Quanto al sud, conosco Mara Carfagna e la sua qualità e sono sicuro che la sua idea non è quella di proteggere certe inefficienze. Forza Italia ha un'idea unitaria di Paese ma parte dalla Lombardia che guida l'Italia».
A proposito, il rimpasto?
«La Regione ha fatto quel che si fa in ambiti seri e concreti di fronte a grandi sfide. Ha fatto il suo dovere correggendo il tiro. A mio parere non era neanche necessario cambiare le persone ma il tema della ripartenza comportava anche un po' di autocritica e di umiltà. È stato chiesto un sacrificio a Giulio Gallera, abbiamo raccolto la disponibilità di una figura eccezionale come Letizia Moratti insieme a quella di Guido Bertolaso».
Le Comunali di Milano?
«La discussione deve concludersi e il nome deve uscire.
Sono convinto che potrà funzionare se sarà un nome espressione della credibilità con cui abbiamo costruito la partita governativa. Il colore del sindaco per me non dovrà essere quello di un partito, ma il colore a tinte anche drammatiche che ha oggi la vita delle persone. Niente è compromesso, ma ora è il momento del nome».
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