La storia del lupo e della sua coesistenza con l’uomo è da sempre tema di discussione, e teatro di scontro. Uomo e lupo fin dalla notte dei tempi si contendono la vetta della piramide alimentare: stiamo parlando di due superpredatori, che hanno nel tempo affinato tecniche di caccia via via più sofisticate tali da trasformarli in predatori infallibili. Il lupo in Italia è considerato animale protetto dal 1971, il crollo della sua presenza imponeva una speciale salvaguardia ed un attento monitoraggio, e così nel corso degli anni alcuni nuclei nell’Appennino Meridionale hanno potuto crescere e allargare la propria presenza ad interi comparti come ad esempio il massiccio del Pollino e le montagne abruzzesi, il tutto con un buon equilibrio ecologico, sulle Alpi invece il lupo era praticamente scomparso.
Tale crescita è stata per decenni regolare fino a che, complice l’esplosione della specie cinghiale e altri fattori apparentemente esogeni, la presenza del lupo è via via cresciuta fino ad esplodere, registrando negli ultimi 5 anni una vera e propria crescita esponenziale, in particolare lungo le Alpi, crescita che come vedremo rischia di segnare per sempre l’ecosistema alpino, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa del lupo. Sarà un caso che tale esplosione demografica sia coincisa con l’avvio del progetto “Life Wolf-Alps”, e chi frequenta le nostre montagne e le nostre campagne sa benissimo che negli ultimi tre anni il lupo ha guadagnato terreno, occupando aree la cui presenza non era mai stata testimoniata prima, come ad esempio la pianura padana, le risaie del vercellese e le colline del Monferrato e delle Langhe. Territori dove non solo sarebbe inusuale vedere un lupo, ma potenzialmente molto pericoloso per gli allevamenti, le fattorie e in generale per le attività antropiche, trattandosi di zone con una significativa densità abitativa. Il progetto “Life Wolf-Alps”, prima citato, come si legge dalle pagine del suo sito “si pone l’obiettivo di migliorare la coesistenza fra il lupo e le persone che vivono e lavorano sulle Alpi costruendo e realizzando soluzioni condivise insieme ai portatori di interesse è l’obiettivo principale del progetto, per garantire la conservazione a lungo termine del lupo sulle Alpi.”
Il progetto iniziato nel 2019 dovrebbe terminare nel 2024, con un impegno di risorse superiori ad 11 milioni di euro, risorse per la totalità pubbliche, di cui 7 milioni finanziate dall’UE, e purtroppo tocca constatare come tali risorse non siano state investite in modo efficace, infatti a leggere gli obiettivi del progetto, il risultato percepito dagli abitanti dei comparti alpini sembrerebbe essere stato esattamente di segno opposto, ossia crescita smisurata della specie lupo, estensione a macchia d’olio della sua presenza ad aree scarsamente vocate ad ospitarli, conflitto che è andato via via esasperandosi portando alla chiusura di centinaia di realtà agropastorali alpine e procurando danni ingenti all’ecosistema. Ad esempio, in Val Chiusella esisteva “il sentiero dei mufloni”, animali che con l’arrivo dei lupi sono praticamente scomparsi, e così specie come caprioli, cervi, daini e camosci nei prossimi anni rischieranno seriamente di estinguersi.
Oltre a considerare, che qualora il numero dei lupi dovesse continuare a crescere, il rischio malattie crescerebbe, la leptospirosi (già segnalata in alcuni esemplari) e la rabbia pericolosissima anche per l’uomo, ed in grado di rendere il lupo molto aggressivo, sono solo alcuni dei potenziali patogeni che potrebbero colpire una specie in sovrannumero come il lupo.
Allora perché sperperare risorse pubbliche per un progetto che non solo non ha raggiunto gli obiettivi sperati, ma sembrerebbe averli acuiti?
Solo per citare alcuni numeri, in Italia ISPRA dichiara la presenza di oltre 3 mila lupi, ma i conti sembrerebbero non tornare, sul sito del progetto Life WolfAlps si riporta un dato del 2017/18 dove la presenza in Piemonte sarebbe pari a soli 293 esemplari.
Prima questione, è normale che un progetto nato per fare del monitoraggio pubblichi come ultimo dato quello dell’inverno 2017/18? Dal numero di lupi morti a causa di incidenti stradali osserviamo come la popolazione di lupi sia ben oltre i numeri dichiarati, infatti nel solo 2022 sono stati rinvenuti 69 lupi, 48 nel 2021 e quest’anno nei primi 4 mesi dell’anno la conta ha raggiunto già il numero di 20 esemplari, ergo o muoiono sulle strade piemontesi oltre un lupo su cinque oppure il numero di esemplari presenti è inesatto e sottostima di tanto quello reale, che vedrebbe la presenza di oltre 1000 lupi solo sul territorio piemontese.
Si capisce che di questo passo la situazione non potrà che esplodere, ed a rischio vi sarà non solo la coesistenza tra uomo e lupo, ma gli equilibri naturali di interi ecosistemi la cui fragilità è da tempo minacciata da specie alloctone come nutrie, sciacalli, etc. e dal proliferare di specie opportunistiche oltre che dalle attività antropiche che sottraggono spazio alla biodiversità, se a tutto ciò aggiungiamo l’incremento esponenziale di un superpredatore come il lupo allora il rischio di perdere biodiversità è davvero reale.
In merito a questa gravissima situazione, come non citare la preoccupazione che da anni sta evidenziando il conservazionista Franco Zunino (giù studioso dell’orso marsicano e tecnico naturalista del Parco Nazionale d’Abruzzo ed oggi segretario generale dell’Associazione Wilderness). E cioè come "l’aumento spropositato del lupo e tutte le sue conseguenze (predazioni a danno degli allevatori ed anche aggressioni alle persone, con fatti anche mortali storicamente dimostrati) spinga nuovamente la gente a quell’odio antico verso la “bestia” che già portò quasi allo sterminio del lupo in tutta Italia? Ma non solo, ed anche soprattutto, il rischio che la presenza del lupo cosiddetto “alpino” finisca per portare all’estinzione per ibridazione, proprio l’autoctona sottospecie del lupo italiano meridionale (Canis lupus italicus).” Zunino è infatti da oltre vent’anni, fin dalle prime segnalazioni nelle Alpi, che sostiene che la presenza dei branchi creatisi tra Piemonte e Francia si siano avvenuti non già per un “ritorno naturale” dagli Appennini, bensì da inopportune introduzioni di esemplari di sottospecie discutibili avvenute negli anni ’90 sul versante francese; cosa peraltro poi riconosciuta anche da un’inchiesta del Parlamento francese, cui ben poca notorietà è mai stata data in Italia.
Cosa possiamo fare per salvare davvero il lupo? In primis avviare un monitoraggio serio ed attento e al contempo intervenire con programmi di riduzione mirata del numero degli esemplari presenti, d'altronde non c’è nulla di nuovo tutto questo viene già oggi attuato in Francia, in Svizzera ed in tantissimi altri Paesi Europei. Governare e gestire un territorio significa proteggere il lupo, ma anche i pastori ed i suoi greggi, così come garantire la sicurezza delle persone che abitano o vivono la montagna per passione o per sostentamento.
Sono infatti tanti i casi di predazioni avvenute nei pressi delle cascine e dei centri abitati, e spesso a farne le spese sono stati cani e gatti che vi vivono, prede facili e poco impegnative rispetto ad un cinghiale. Per quanto riguarda gli attacchi all’uomo, come è ovvio che sia con l’incremento della presenza del lupo, anche questi registrano un preoccupante aumento, tant’è che solo nelle ultime settimane sono stati segnalati due episodi di aggressione nei confronti dell’uomo. A Vasto, in provincia di Chieti, una coppia è stata inseguita da un lupo e sempre a Vasto, questa volta sulla spiaggia, si proprio così sulla spiaggia, una bambina è stata aggredita da un canide, molto probabilmente un lupo, e salvata grazie alla pronta reazione del padre.
Cosa dobbiamo ancora attendere prima che si prenda pienamente coscienza di quanto il problema lupo sia sfuggito di mano? Memori della triste vicenda dell’orso o dell’orsa (poco cambia), sarebbe opportuno agire e agire in fretta, a salvaguardia del lupo, della natura selvaggia, delle pecore e dei suoi pastori, perché anche loro hanno il diritto di non scomparire.
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