Liberata Cecilia Sala, ora si dovrebbe lavorare alla liberazione del popolo iraniano. Ieri, 8 gennaio, la giornalista italiana è tornata a casa con un’operazione-capolavoro del governo e della diplomazia italiana. Ora l’Occidente non deve distogliere lo sguardo dal Paese che l’aveva rapita. E questo non può essere obiettivo di un solo governo: dovrebbe diventare il programma di quel pezzo (minoritario) di mondo - istituzioni, opinioni pubbliche e intellettuali - che ancora crede nella democrazia e nella libertà. Il regime iraniano tiene sotto scacco i suoi cittadini, con la sua forza brutale, e l’intero Medio oriente, con le sue armi, le sue milizie e i suoi «proxy».
Ostaggio del regime teocratico era la nostra Cecilia, imprigionata in condizioni inumane in una cella del carcere di Evin, noto per le torture e le violenze. Ma ostaggio del regime degli ayatollah sono anche le donne dell’Iran e gli studenti, i dissidenti politici e le minoranze etnico-religiose. In gran parte ostaggi sono in senso lato, per la sistematica negazione dei diritti, molti sono anche fisicamente ostaggio del regime, come Pakhshan Azizi, assistente sociale e attivista curda, prigioniera politica nel braccio della morte di Evin, ultima in ordine di tempo in una lunga serie di donne vittime della violenza di Stato a Teheran.
Azizi è stata arrestata nell’estate 2023 da agenti del ministero dell’Intelligence» ricostruisce Hengaw, ong che si occupa delle violazioni sui diritti umani dei curdi in Iran. In precedenza era già stata fermata durante una protesta di studenti contro l’esecuzione di prigionieri politici in Kurdistan. «Una donna curda che si oppone all’islamismo nella regione, ora rischia l’esecuzione in Iran - scrive Masih Alinejad, attivista iraniana “esiliata” e poi naturalizzata americana, destinataria di una fatwa con tanto di taglia da parte di Ali Khamenei, Guida suprema del regime - L’unico “crimine” di Pakhshan Azizi è stato quello di aver dedicato la sua vita a sostenere donne e bambini sfollati, sostenendo al contempo i valori di libertà e giustizia - precisa Alinejad. E «Nessuno tocchi Caino» denuncia: «A Pakhshan Azizi negli ultimi 150 giorni sono stati negati i colloqui». Questo non è solo un attacco a un singolo individuo, ma un tentativo deliberato di sopprimere il movimento “Donna, Vita, Libertà”».
Sono oltre 900 le condanne a morte eseguite in Iran nel 2024. Lo ha dichiarato l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, precisando che il mese scorso circa 40 condanne sono state eseguite in una sola settimana.
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