Comincia dall'Ucraina la missione di Zuppi: prima i bimbi deportati poi canali di dialogo. Ma Mosca resta fredda

L'obiettivo è quello di ascoltare, i tempi per la mediazione non sono ancora maturi

Comincia dall'Ucraina  la missione di Zuppi: prima i bimbi deportati poi canali di dialogo. Ma Mosca resta fredda
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L'obiettivo è quello di ascoltare, i tempi per la mediazione non sono ancora maturi. Il Vaticano ha voluto mettere subito in chiaro che il cardinale Matteo Zuppi, incaricato da Papa di condurre una missione di pace «che contribuisca ad allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina», non giocherà, almeno per il momento la carta del negoziato. Oggi si conclude il viaggio lampo a Kiev del Presidente della CEI e arcivescovo di Bologna, due giorni per mettersi in ascolto dinanzi alle autorità ucraine e capire quali vie vogliano percorrere per arrivare alla pace.

Non ci saranno grandi misteri da svelare: il presidente Zelensky alcune settimane fa, in visita in Vaticano, ha già spiegato personalmente a Papa Francesco che per loro l'unico piano per una pace giusta è quella contenuta nel documento in dieci punti consegnato anche al presidente americano Joe Biden. Un progetto che il leader ucraino vorrebbe fosse sostenuto fortemente da Bergoglio, anche se questo sogno difficilmente potrà realizzarsi: il Papa, per il ruolo di guida spirituale che ricopre, pur riconoscendo l'aggressione russa, non ragiona in termini geopolitici e quindi dialoga con entrambe le parti per il bene del popolo che patisce gli effetti della guerra. Altra cosa è invece il contributo che può dare la diplomazia vaticana e lo stesso Papa Francesco sul terreno umanitario e su quello del negoziato. Ma su quest'ultimo punto Kiev non vuole, almeno a parole, intromissioni.

Una trattativa è necessaria invece per risolvere la questione dei bambini deportati in Russia: il Papa, ha a cuore questo caso, non vuole che i bimbi siano considerati bottino di guerra e così ha chiesto ai suoi collaboratori, incluso il cardinale Zuppi, di occuparsene, a seguito della richiesta che gli ha presentato Zelensky. Anche questo tema è nell'agenda del porporato: «don Matteo», infatti, non è volato in Ucraina soltanto per ascoltare; il secondo punto fermo del suo viaggio in mezzo ai luoghi della guerra è quello di «sostenere gesti di umanità che contribuiscano ad allentare le tensioni». Su questo il cardinale, che gode in questa missione anche del sostegno della Segreteria di Stato vaticana, può contare, oltre che sulla Chiesa cattolica locale, certamente anche sull'impegno della Comunità di Sant'Egidio, presente sul campo in Ucraina e che in questo anno di guerra ha aperto già diversi centri di distribuzione di aiuti umanitari ai rifugiati interni e accolto chi è fuggito nei Paesi confinanti, Polonia, Slovacchia e Ungheria. Zuppi è cresciuto all'interno della comunità fondata da Andrea Riccardi e sa bene che dovrà muoversi con grande delicatezza e con grande pazienza per avviare un percorso di pace che possa portare frutto e fermare le violenze.

Non a caso nei piani del cardinale c'è anche un contatto con Mosca: ascoltare e sondare anche loro, soprattutto sul tema dei bambini, per poi tirare le somme e passare a una possibile fase due. Ieri mattina, alla notizia del viaggio del porporato a Kiev, il portavoce di Putin, Peskov, ha dichiarato che non c'è in programma per il presidente russo alcun incontro con il cardinale. Il canale è comunque aperto da molto tempo, se non direttamente con il Cremlino, lo è con la Chiesa ortodossa russa, certamente vicina a Putin. Zuppi conosce da tanti anni Kirill, lo ha incontrato in passato quando il patriarca veniva in Italia ospite della comunità di Sant'Egidio e proprio sul caso dei bimbi ucraini portati in Russia, il porporato potrebbe far leva su questa vecchia amicizia.

Il Cremlino si è invece

detto disponibile al dialogo con gli Stati Uniti sul tema del nucleare: sempre Peskov ieri ha fatto sapere che la Russia è pronta a sedersi al tavolo con gli USA per discutere del nuovo sistema di controllo degli armamenti.

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