O con o contro di noi. Decidete. O Azione o le zattere. Carlo Calenda nel tardo pomeriggio incontra di persona Enrico Letta nella sede dell'Arel, ma per tutta la giornata lo provoca su Twitter. Dopo il vertice, il leader di Azione rimane in silenzio. Ma fonti dem fanno sapere: «Vogliamo confermare l'accordo con Azione e Più Europa, l'intenzione è chiudere entro domani tutto il quadro. Il tempo sta scadendo». In serata poi Letta rivede Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Ma se il segretario passa di summit in summit l'ex ministro passa di tweet in tweet. Prima c'erano i grillini con lo streaming e ora c'è Calenda che cinguetta. Il retroscena è un orpello di fronte a tanta incontinenza distillata 280 caratteri alla volta. L'ex ministro detta i tempi della cronaca politica davanti al pc o allo smartphone. Più veloce della luce, Calenda scandisce nuovi ultimatum. L'accordo con il Pd è stato firmato. Ma ora bisogna fermare la deriva ambientalista e veterocomunista del duo Bonelli-Fratoianni. Si comincia alle otto di mattina con un tweet in cui il leader di Azione condivide un sondaggio in cui il cartello tra i calendiani e Più Europa supera Forza Italia di un punto percentuale. «Bene. Primo sondaggio in cui si supera Forza Italia. Alla via così», digita Calenda indicando la giusta rotta. Poi mette in scena la seconda puntata della trattativa con Letta, che intanto è alle prese con le bizze dei cocomeri rossoverdi. Sembra di essere su un piano inclinato in cui si materializza, clamorosa, la rottura con il Pd. E via di ultimatum e randellate a quelli che potrebbero essere i futuri compagni di coalizione.
Si comincia con Luigi Di Maio e i suoi: «Della sorte di Di Maio, D'Incà, Di Stefano e compagnia non ce ne importa nulla. Al contrario, prima tornano alle loro professioni precedenti meglio è per il Paese. E per quanto concerne l'agenda o è quella di Draghi o è quella dei no a tutto. Chiudiamo questa storia ora». Peccato che il monito a chiudere subito la partita sia lo stesso recapitato a Letta non più di qualche giorno fa, prima di finalizzare l'accordo tra Pd e Azione, ora rimesso in discussione. Dopo Di Maio Calenda mette nel mirino Sinistra Italiana e Verdi, quindi scomoda la scissione di Livorno, l'antico dualismo tra riformisti e massimalisti. «C'è una ambivalenza che tormenta la sinistra dalla sua origine: riformismo o massimalismo. Una scelta mai compiuta fino in fondo che ha determinato contraddizioni e sconfitte. L'accordo sottoscritto dal Pd è una scelta. Può essere cancellata ma non annacquata. Decidete», scrive l'ex manager. O me o Fratoianni. Calenda, prima di abbandonarsi ai parossismi twittaroli, si fa intervistare da 24 Mattino su Radio24. «L'accordo firmato con il Pd è il frutto di una scelta di responsabilità, ma a condizioni ben precise. Non siamo disposti a rivederlo. Può essere cancellato, ma non annacquato aggiungendo partiti zattera o iniziative incoerenti», spiega con la solita schiettezza. Fuori dalla bolla, il riferimento alle zattere fa inalberare l'ecologista Bonelli. Calenda traccia linee rosse. «No NATO, no agenda Draghi etc. sono linee rosse per noi e per @Piu_Europa. Adesso decida @EnricoLetta», fa da contraltare alle linee di Fratoianni. Quelle sì, rosse per davvero. Ancora sul segretario di Sinistra Italiana, che sostiene che l'agenda Draghi non esisterebbe affatto: «Mi pare del tutto evidente che c'è una scelta netta da fare per il Partito democratico che ha siglato un patto chiaro con noi che dice l'opposto. A queste condizioni per quanto ci concerne non c'è spazio per loro nella coalizione». O Fratoianni o noi. «Ripeto, decidete», insiste. Poi si mette a duellare con Franceschini: «Dario, il terzismo alla volemose bene con noi non funziona. Avete firmato un patto.
NATO, rigassificatori, equilibrio di bilancio, revisione rdc, agenda Draghi. Chiarite. Punto». O noi o Bonelli, Calenda risponde al portavoce dei Verdi che lo chiama «bambino viziato»: «Enrico Letta, vorrei capire se si può pensare di lavorare così insieme. Boh». Si, no, forse.
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