Misure in ritardo e insufficienti e mancanza di strategia: «così inevitabile il lockdown». Ancora una volta il rapporto della Fondazione Gimbe mette a nudo le falle di governo e regioni nella gestione della pandemia. L'inadeguatezza degli interventi finisce nel mirino del presidente Gimbe, Nino Cartabellotta . «La necessità di emanare due Dpcm in una settimana conferma che il contenimento della seconda ondata viene affidato alla valutazione dei numeri del giorno con la progressiva introduzione di misure troppo deboli per piegare una curva dei contagi in vertiginosa ascesa», osserva Cartabellotta denunciando la mancanza di lungimiranza dell'esecutivo che corre dietro ai numeri e non riesce mai a precederli neppure nella seconda ondata ampiamente prevedibile.
Dal contagio alla notifica si registra un ritardo che in media è di almeno due settimane. Occorre infatti tenere conto del tempo che passa tra contagio e manifestazione dei sintomi e tra manifestazione dei sintomi e verifica tramite tampone. L'Istituto Superiore di Sanità calcola che di solito il tempo mediano tra inizio dei sintomi e prelievoe diagnosi è di 3 giorni ma i tempi si allungano con la crescita dei sospetti positivi e si arriva così anche a oltre 10 giorni. Le regioni notificano i nuovi casi alla Protezione civile con tempistiche diverse che vanno dai due giorni fino a due settimane.
Che cosa significa? In sostanza che il bollettino quotidiano emesso dalla Protezione civile non fotografa affatto la realtà di quel giorno ma è puntualmente in forte ritardo rispetto alla crescita dei casi che è più veloce.
Purtroppo secondo Gimbe la curva dei contagi ha «assunto un trend esponenziale nella settimana 13-19 ottobre» e gli effetti delle misure restrittive «saranno verosimilmente neutralizzati dal trend di crescita della curva epidemica».
Nel mirino di Gimbe finisce anche «il mancato allineamento tra le misure dei due Dpcm e quanto previsto dalla circolare del 12 ottobre del Ministero della Salute» che teneva conto delle indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico che aveva delineato «quattro scenari di evoluzione dell'epidemia in relazione a diversi livelli di rischio accompagnati da relative misure da attuare nei vari settori».
Eppure ora che molte regioni «sono ormai nella fase di rischio molto alto, è inspiegabile che le misure raccomandate non siano state introdotte». In sostanza il governo contraddice le sue stesse indicazioni: si prevedono misure da introdurre in una determinata fase dell'epidemia ma poi le indicazioni vengono disattese. Manca una virtuosa «alleanza tra politica e cittadini».
Sono mancati per Gimbe i tre pilastri intorno ai quali doveva ruotare il contenimento
della seconda ondata: «massima aderenza della popolazione ai comportamenti raccomandati, potenziamento dei servizi sanitari territoriali e ospedalieri e collaborazione in piena sintonia tra governo, regioni ed enti locali».
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