"Ennio, quella canzone e il gioco di squadra. Vi racconto l’amore di una vita mano nella mano con un vero fuoriclasse"

"Come prima" la loro colonna sonora, l’azienda come famiglia, Tombolo come centro del mondo: il fondatore di Banca Mediolanum, che oggi avrebbe compiuto 82 anni.

"Ennio, quella canzone e il gioco di squadra. Vi racconto l’amore di una vita mano nella mano con un vero fuoriclasse"

Come prima: un musicarello degli Anni Cinquanta, che scorre sulle note di un noto successo di Tony Dallara. Come prima: la storia di una prima volta carica di emozione e di passione. Quella prima volta di Ennio che cerca la mano di Lina e la trova. Come prima: una storia d'amore, quella di Ennio Doris e Lina Tombolato, di una coppia che ha fatto famiglia e squadra, poi azienda. Una coppia che ha sognato in grande e i loro sogni si sono realizzati: tutti. È la storia di un uomo che oggi avrebbe compiuto 82 anni (ci ha lasciato il 24 novembre dello scorso anno, ndr) e di una donna che è stata al suo fianco per una vita, accompagnandolo in ogni sua scelta, perché l'aveva scelto.

La sala che ci accoglie in una domenica mattina di inizio estate è ampia e accogliente: pochi i pezzi d'arte, che arredano con eleganza uno spazio che è la sublimazione dell'armonia. La luce è soffusa e il silenzio che ci avvolge ci mette nella condizione ideale per un dialogo lieve, in un ambiente dove la pace è l'invitata speciale. Come prima è un musicarello degli Anni Cinquanta, ma è anche uno stato dell'anima... «Come prima è il mio sentimento. Il mio amore per il mio amore che è davvero come prima. La sua assenza è davvero la più acuta presenza - ci dice con un sorriso dolcissimo che tradisce un po' di malinconia -. Per me il suo modo di pensare e interpretare la vita era nutrimento. Balsamo per il mio cuore. Sa quante volte gli dicevo: amore mio, raccontami qualcosa di bello. E difatti, adesso che non c'è più, sento molto la sua mancanza. Ennio con la sua intelligenza, mi nutriva».

Signora Lina, lei si è nutrita con l'intelligenza di un uomo speciale, un visionario che ha saputo creare un impero come Banca Mediolanum: quante volte si è trovata a dare a suo marito un consiglio?

«Le dico una cosa: siamo stati due inguaribili sognatori. Sempre sulla stessa lunghezza d'onda. Forse anche grazie a mio papà Giuseppe, che era solito dirmi: se puoi, fai in modo di lavorare per conto tuo. Questa, per lui, era la base di partenza. Il suo credo, che poi ho fatto mio. Quindi quando ho incontrato Ennio, grandissimo sognatore quanto se non più di me, non ho mai pensato un solo istante di tarpargli le ali, anzi, l'ho scelto perché ho immediatamente compreso le sue doti. L'intelligenza e la velocità di pensiero erano la sua cifra distintiva. Una capacità di analisi fuori dal comune che ne ha fatto un uomo unico ed esemplare e io non ho fatto altro che assecondarlo, anzi esortarlo a volare, a spiccare il volo e a fare quello che aveva nel cuore: la mia fiducia era totale, perché Ennio era semplicemente un fuoriclasse».

Un fuoriclasse che si è palesato subito.

«Sin da giovanissimo, quando andò a lavorare in banca, alla sera faceva il porta a porta. Girava per clienti, quasi tutti mediatori di bestiame e ad ognuno di loro portava alla sera soldi o libretti degli assegni che gli avevano commissionato: in pratica ha introdotto il concetto di family banker già allora e partendo da sé stesso, non sapendo ancora che sarebbe stata la chiave di successo per Banca Mediolanum. Ed è grazie proprio a queste visite serali, che io lo conobbi, anche se l'avevo notato molto prima...».

Cosa le piacque?

«Nonostante fosse un gran bel ragazzo, io mi sono innamorata della sua testa, della sua intelligenza e del suo modo di fare: educato, attento e sempre ottimista. Mi dava sicurezza e ascoltarlo per me è sempre stato affascinante. Le sue interpretazioni delle cose, non solo finanziarie ma anche politiche e sociali, erano sempre spiazzanti e illuminanti. E mi creda, difficilmente si sbagliava».

Quando lo conosce, lei era poco più di una ragazzina...

«Avevo quindici anni. Come le ho detto ero stato io a notarlo. Mi piaceva davvero un sacco, poi un giorno mia zia mi disse di andare da lei alla sera, perché voleva farmi incontrare un bel ragazzo, molto intelligente e davvero in gamba: Questo è giusto per te, mi disse. Fu così che quella sera, quando Ennio venne a incontrare mio zio Valentino Tombolato, ad accoglierlo alla porta ci andai io: per Ennio, così mi raccontò in seguito, fu amore a prima vista... Poi da cosa nacque cosa...».

Poi «Come prima».

«Esattamente. Galeotto fu quel filmetto e quella canzone: mi prese la mano e non me la lasciò più».

Mi perdoni, torniamo indietro: lei si è trovata mai a dare un consiglio a suo marito?

«Altroché. Proprio sulla base dell'insegnamento di mio papà - se puoi mettiti in proprio - e in particolare dopo aver visto all'opera mio marito, sono stata io a esortarlo a fare qualcosa di più per se stesso. Questo perché avevo visto le sue capacità, il talento, le sue innate doti di uomo di riferimento. Me lo ricordò Ennio qualche anno fa: se sono riuscito a fare tutto questo è grazie a te che mi esortasti a mettermi in gioco e a rischiare. Difatti Ennio era arrivato ad avere in Dival sotto di sé la bellezza di 800 agenti, così un bel giorno gli dissi: amore mio, ma se sei riuscito a fare tutto questo non è il caso che tu lo faccia solo per te?...».

Quindi, la prima società è stata con lei?

«Diciamo di sì. All'inizio non poteva permettersi la segretaria e io ho imparato a farlo. Mi occupavo di tutto e l'ho fatto per un po' di anni, fin quando Ennio ha spiccato il volo».

Mai avuto dubbi sulla buona riuscita di quell'impresa impervia?

«Mai. Anzi, quando in qualche rarissimo momento Ennio si è trovato ad affrontare un particolare momento di difficoltà, a me veniva una forza pazzesca per supportarlo e aiutarlo. Non so dove trovassi la forza, ma l'ho trovata e abbiamo continuato a sognare assieme».

Quando ha percepito chiaramente di avere svoltato?

«Ennio mai, per lui era sempre un continuo migliorarsi. Per usare un linguaggio ciclistico a lui molto caro - non erano mai linee di arrivo, ma semplici traguardi volanti. Io, invece, non ci crederà ma ancora oggi mi chiedo: ma tutto questo è vero?... In più di un'occasione, quando ci trovavamo a passeggiare in Sardegna a Punta Volpe e passavamo vicino a casa nostra, io gli chiedevo: Amore mio, ma è vero che questa è casa nostra?. Mai dimenticarsi da dove si è partiti».

Voi parlavate tanto.

«Molto».

Anche di lavoro?

«Mai, solo se c'era qualcosa di straordinario. Una cosa alla quale Ennio ci teneva parecchio, era il mio giudizio dopo i suoi speech in pubblico. Una volta finito, lui scendeva dal palco e veniva subito da me e mi chiedeva: come sono andato? Una volta è accaduto che dopo un importante discorso a Capri, c'era anche Silvio Berlusconi, un dirigente della nostra banca avvicinò mio marito e gli disse: Presidente, molto bene. E lui di rimando: Sì sì, me l'ha già detto mia moglie...».

C'è una cosa di cui va orgogliosa e che ha fatto fare a suo marito?

«L'asilo nido. Quella è stata un'idea mia. Gli dissi: facciamo tanto del bene e tanto sociale, ma dobbiamo fare qualcosa di più per le tante giovani madri che lavorano per noi. Dobbiamo impegnarci di più per rendere più semplice la vita di queste famiglie. Ricordo che Ennio ne parlò immediatamente con Edoardo Lombardi, uno dei suoi più stretti collaboratori, il quale inizialmente era un po' perplesso, ma alla fine fu fatto e per me quello fu un grande risultato, e ne vado fiera».

Uomo di intuito: il 15 settembre 2008 il mondo della finanzia è travolto dalla crisi della Lehman Brothers. L'intero sistema bancario mondiale subisce perdite enormi. Doris decide di rimborsare tutti i clienti.

«Ennio era uomo di intuito. Aveva dei veri e propri flash e quando li aveva agiva. Me ne parlò immediatamente quel giorno: se crolla tutto, noi aiuteremo i nostri clienti, non possiamo abbandonarli!, mi disse deciso. Se non lo fa Banca Mediolanum, lo faremo noi come famiglia!, aggiunse. Ne parlerò subito anche con Silvio (Berlusconi, ndr), e se non dovesse accettare, lo faremo egualmente da soli. Silvio non si tirò indietro e noi rimborsammo tutti nostri clienti. Siamo stati l'unica banca al mondo a farlo».

Le dico Roma.

«Una delle città più belle del mondo, forse la più bella. La città dell'amore. Amavamo andarci e nei ristoranti che eravamo soliti frequentare, ci doveva essere la musica: ci piaceva un sacco. Quella che mi è rimasta nel cuore? Bésame mucho».

Cinema.

«Lui amava i film di azione, io d'amore. Entrambi, però, i film di Totò. Ultimamente abbiamo scoperto tutta la filmografia di Ferzan Ozpetek. Le racconto un aneddoto, che riguarda un film e i sogni di Ennio...».

Mi dica.

«Non rammento il titolo del film (Sessomatto, episodio Signora sono le otto, di Dino Risi, ndr), ma ricordo che i protagonisti erano la bellissima Laura Antonelli e l'affascinante Giancarlo Giannini che faceva il cameriere in una magnifica casa. Ad un certo punto Ennio mi dice: un giorno, avremo anche noi una casa così... Qualche anno fa ci è capitato di rivederlo e io gli dissi: Amore mio, siamo andati ben oltre...».

La canzone.

«Sapore di sale. Veniva a trovarmi in pullman a Jesolo quando ero al mare con sua sorella. Lui veniva nei week-end e io gli correvo incontro quando lo vedevo arrivare dalla spiaggia. Baci salati, ma dolcissimi...».

Berlusconi.

«Un caro amico, una grandissima persona. Lo conobbi per la prima volta in quel ormai famoso incontro a Portofino. Ennio aveva letto su Capital che il Cavaliere esortava i giovani imprenditori a contattarlo con delle proposte. Quando lo vide, non ci pensò su nemmeno un attimo. Fu la svolta».

Il ricordo di quel giorno?

«L'eccitazione, la convinzione di Ennio che qualcosa si era mosso e stava per nascere. Berlusconi gli aveva detto che l'avrebbe richiamato. Dopo qualche giorno lo fece».

Sara, sua figlia, è molto impegnata con la Fondazione Mediolanum: si confida con lei?

«Me ne parla molto, è davvero molto coinvolta e sta facendo un lavoro bellissimo quanto prezioso. Però fa tutto lei. Adesso è anche nella banca. Non c'è bisogno che io le dica niente: ha una volontà di ferro».

E Massimo la coinvolge mai?

«No. Ci vediamo a pranzo e ogni tanto gli chiedo: come va? E lui mi dice: va tutto bene mamma. Massimo è molto diverso da suo papà, non parla tanto, ma è molto bravo».

Ennio uomo di gesti grandi, ma anche di gesti semplici: uomo di carezze.

«Direi uomo attento. Potevamo essere anche al cospetto di re o capi di Stato, ma lui mi voleva sempre vicino e cercava la mia mano, lui aveva bisogno del mio contatto. Eravamo tutti e due così...».

Gelosa?

«Io no, lui sì».

Tombolo.

«Per lui era il posto più bello del mondo».

Avete mai discusso?

«Poco, molto poco. Mia suocera mi soleva dire: quando un uomo si arrabbia, pazienta. Lascia che si sfoghi. Quando è calmo, sistemalo. E così facevo. Ma devo essere sincera, Ennio ed io abbiamo avuto sempre e solo qualche discussione, mai litigi».

Massimo.

«È un uomo molto riflessivo. Ennio mi diceva: dormi tra due guanciali, Massimo è più bravo di me. Anche perché soleva ripetermi - Massimo conosce l'azienda meglio di me. Difatti, aveva fatto di tutto: dall'impiegato fino alla carica di amministratore delegato, che ha assunto nel 2008».

E Sara.

«Esplosiva, energia pura».

Pensa che Banca Mediolanum sia permeata di Ennio?

«Credo proprio di sì, questa azienda incarna i suoi valori, credo proprio che sia a sua immagine e somiglianza. È una grande banca, che è rimasta famiglia. Io credo che con Massimo e Sara questa società abbia mantenuto la stessa chimica. Una delle cose che più mi piace è che chi è in Banca Mediolanum, ci resta. Sa quanti dipendenti conosco? Tantissimi. Sono davvero un prolungamento della nostra famiglia. Sono tutte persone speciali. Ennio lo diceva sempre: le aziende non le fai da solo, le fai con le persone».

Cosa si sentirebbe di dire a questa grande famiglia, ai family banker, a chi ci lavora e a chi vi ha affidato i propri risparmi...

«Proseguite nel solco tracciato da Ennio. Portiamo avanti insieme i suoi valori, i suoi insegnamenti. Lui è stato un leader riconosciuto e inclusivo: coinvolgente. Ennio ha dato il cuore alle persone, ma quante persone hanno dato il cuore a lui...».

Ama fare Sudoku?

«No, per principio. E le ragioni sono due: lui era troppo bravo e poi se mi ci mettevo anch'io, non parlavamo più».

Il ciclismo le piace?

«Sì molto, e le confesso che andavo a vedere fin da bambina le tappe del Giro d'Italia con mio papà. Mi piace ancora adesso parecchio».

Ennio parlava di ciclismo con lei?

«Pochissimo, preferiva parlarne coi grandi esperti come lei».

Felice della sponsorizzazione della maglia al Giro?

«Certamente, anche se alle cene con gli chef stellati, abbiamo sempre preferito i pic-nic nel prato sulle vette del Giro. L'abbiamo fatto per anni con i nostri amici di Tombolo. Anche Massimo, quest'anno, si è raccomandato: pochi impegni mondani, devo pedalare. E ha pedalato sulle strade del Giro per tre giorni».

Il numero sette.

«Un bel numero, quello dei nostri nipoti: tutti bravissimi, tutti bellissimi. Luna Chiara assomiglia tanto al nonno: ama i numeri come lui. Ha equilibrio, buonsenso e intuizione: è l'unica che al momento è in azienda. Alberto, invece, si è laureato ed è a Chicago, adesso per gli States partirà anche Anna. Sara Viola fa psicologia ed è a Londra. Aqua si è laureata in psicologia ed è a Londra per un master anche lei. Agnese fa la prima liceo e poi c'è il piccolo Davide, che è in seconda media: gioca nell'Olimpia Basket».

Ha un progetto?

«Mi piacerebbe tornare a dipingere, da autodidatta fino a qualche anno fa ho fatto qualche quadro. Amo dipingere a olio, mi piace il figurativo, non disdegno la natura morta. Non subito, adesso sono circondata dall'affetto dei nipoti, di tante persone care, delle amicizie di una vita... e poi ci sono le case che mi impegnano molto...».

A proposito di casa: quale considera davvero la casa?

«Ho sempre considerato casa ogni nostra dimora, ma adesso che Ennio è a Tombolo la mia casa è lì. Come prima...».

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