"Il medico killer del veleno uccise anche la suocera"

L'accusa anche per l'altro omicidio, commesso 22 giorni prima. "Voleva stare con l'amante"

"Il medico killer del veleno uccise anche la suocera"

Sarebbe stato «l'inconfessabile desiderio» di lasciare la moglie per la giovane amante, che faceva sempre più pressioni affinché si separasse, a spingerlo ad uccidere la donna facendo in modo che sembrasse una morte naturale o la conseguenza di un abuso di psicofarmaci. Un modo per uscire dall'impasse senza intaccare l'immagine di se' che voleva preservare. Un «desiderio irrefrenabile», più forte della paura di essere smascherato, dal momento che già due anni prima aveva provato ad avvelenare la moglie con delle benzodiazepine. Il movente sentimentale, dunque, insieme forse a quello economico, avrebbe spinto Giampaolo Amato, 64 anni, un medico conosciuto a Bologna per aver lavorato nella Virtus Pallacanestro, ad uccidere la moglie, Isabella Linsalata, 62 anni, ginecologa, trovata senza vita nel suo appartamento nel capoluogo emiliano il 31 ottobre del 2021. Dietro a quella che in un primo momento era sembrata una morte naturale c'è dunque un giallo ricco di colpi di scena, che ha portato all'arresto dell'uomo con l'accusa di aver somministrato di nascosto alla donna un anestetico ospedaliero, lo stesso che potrebbe essere stato usato anche per eliminare la suocera, Giulia Tateo, morta 22 giorni prima della figlia. Un'ipotesi investigativa per la quale Amato risulta indagato, ma che necessita di ulteriori approfondimenti.

La moglie sapeva della relazione del marito, ma non voleva che si lasciassero e aveva acconsentito a continuare a vivere insieme, nello stesso palazzo, sebbene in due piani differenti. Una volta aveva costretto il consorte a chiamare l'amante davanti ai parenti per dirle che tra loro era finita. In un'altra occasione era stata l'altra donna a presentarsi sotto casa della coppia, litigando poi con la figlia trentenne alla quale aveva mandato le conversazioni tra lei e il padre per dimostrare l'amore che provava per lei. Il medico non sapeva come uscire da questa situazione, si sentita schiacciato, e già nel 2019 aveva cercato di eliminare la moglie. Isabella sospettava che il marito le avesse somministrato a sua insaputa sostanze tossiche e lo aveva confidato alla sorella. Quest'ultima nel maggio del 2019, dopo aver trovato Isabella in condizioni particolari, «come se fosse ubriaca e rimbambita», aveva recuperato nei bidoni del vetro la bottiglia dalla quale aveva bevuto del vino amarissimo, come le tisane che il marito le aveva preparato i giorni precedenti. Voleva farla analizzare, ma non c'era riuscita. Tre anni dopo però la bottiglia è stata consegnata agli inquirenti, che hanno riscontrato tracce di Midazolam, la stessa sostanza poi rilevata dal medico legale nell'autopsia. I sospetti di Isabella erano stati anche confermati dai risultati dalle analisi che aveva deciso di fare per accertare la natura dei suoi malesseri sempre più frequenti: nelle urine aveva un valore altissimo di benzodiazepine. La donna però, si legge nell'ordinanza di custodia cautelare, «pur comprendendo la gravità dell'accaduto, aveva imposto alle sue amiche e a sua sorella di tenere segreto il risultato delle analisi perché non voleva rovinare la carriera del marito, ma soprattutto per il bene dei figli, così da preservarne il rapporto con loro padre».

Dopo la morte di Isabella la relazione tra Amato e l'altra donna, già con alti e bassi, entrò definitivamente in crisi, soprattutto quando la giovane venne a conoscenza dell'indagine in corso.

«Ma secondo te, ci dobbiamo veramente iniziare a pensare, questo qua fuori di testa può aver fatto qualcosa quella sera?», commentava l'amante al telefono con un'amica sospettando che davvero Amato potesse aver ucciso la moglie.

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