Il Papa insieme al popolo. L'ultimo dono ai detenuti

Processione in Basilica. Sabato i funerali e la tumulazione a Santa Maria Maggiore. La donazione di 200mila euro ai carcerati

Il Papa insieme al popolo. L'ultimo dono ai detenuti
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Dalla Cappella di Casa Santa Marta alla Basilica di San Pietro. Ieri mattina alle 9, come stabilito dalla prima Congregazione generale dei cardinali, il rito liturgico della traslazione della salma di Jorge Mario Bergoglio, seguendo le indicazioni dello stesso Pontefice: il quale ha ridimensionato non poco le attenzioni «estetiche» (e non solo quelle) solitamente riservate a un Papa defunto. Prima un breve momento di preghiera in quella che per 12 anni è stata la sua residenza, poi l'inizio della processione, nel giorno del suo onomastico: San Giorgio. Salmi e inni intonati nel percorso, il canto delle Litanie dei Santi entrando in Basilica, la bara posta davanti all'Altare della Confessione su una piccola pedana appena inclinata; adagiata su un tappeto rivolta verso il popolo, con accanto il cero pasquale. Niente catafalco, per scelta esplicita di Francesco. Il feretro asperso infine con acqua benedetta e incensato dal cardinale Camerlengo Kevin Farrell, lo stesso che nel Lunedì dell'Angelo aveva dato l'annuncio della morte.

Prima che la processione si concludesse in San Pietro, c'erano state le parole di Farrell, in latino, ai pochi presenti nella Cappella di Santa Marta: «Con grande commozione accompagniamo le spoglie mortali del nostro Papa Francesco nella Basilica Vaticana, dove ha esercitato spesso il suo ministero di Vescovo della Chiesa che è in Roma e di Pastore della Chiesa universale, mentre lasciamo questa casa, ringraziamo il Signore per gli innumerevoli doni che, tramite il suo servo, il Papa Francesco, ha elargito al popolo cristiano, e supplichiamolo perché, misericordioso e benigno, conceda a lui l'eterna dimora nel regno dei cieli e doni il conforto (...) a tutti i fedeli sparsi nel mondo». Una volta in Basilica, proclamato il Vangelo, dopo la cerimonia nel rispetto delle modalità di esposizione del defunto indicate da Francesco, l'apertura al pubblico; già in fila dal primo mattino nei corridoi allestiti a San Pietro. Dietro alla bara, in legno come da volontà di Bergoglio che non ne ha volute tre per i riti del suo funerale ma una soltanto per tutte le tre stazioni che si concluderanno con la sepoltura in Santa Maria Maggiore, i segretari don Fabio Salerno, poi don Daniel Pellizzon e don Juan Cruz Villalón, argentini, gli aiutanti di camera Piergiorgio Zanetti e Daniele Cherubini. Ed anche l'assistente sanitario personale Massimiliano Strappetti che aveva raccolto il suo ultimo ringraziamento da Pontefice; un «grazie» per averlo incoraggiato a fare l'ultimo giro tra i fedeli in papamobile domenica. A pregare per lui, un'ottantina tra cardinali e patriarchi in prima fila, vescovi e arcivescovi, sacerdoti e suore. Laici più indietro.

Un unico accesso dalla Porta Santa. Nessun divieto per i cellulari. Così, come figlio del suo tempo, Bergoglio si è prestato anche un ultimo saluto «instagrammabile» per i fedeli. Si sta studiando l'itinerario che porterà il feretro da San Pietro alla Basilica: circa 6 km di percorso, monitorato da strettissime misure di sicurezza. Basilica aperta al pubblico fino a domani sera. Il corpo di Francesco è vestito con i paramenti rossi, la mitra sul capo, la coroncina in perle scure che teneva quasi sempre con sé e un'immagine di Teresina di Lisieux, oltre a un santino del cardinale Jean-Louis Tauran, che nel 2013 annunciò l'elezione di un Papa argentino sul Soglio di Pietro. Venerdì alle 20 la chiusura della bara. Sabato la sepoltura. «Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l'unica iscrizione: Franciscus», il testamento di Bergoglio. Tra le sue ultime volontà, quella affidata a «Don Ben», che Francesco volle accanto a sé per l'apertura della Porta Santa della chiesa di Rebibbia Nuovo Complesso. Proprio monsignor Benoni Ambarus, responsabile della pastorale carceraria a Roma, ha infatti svelato che gli ultimi 200mila euro sul «conto» Bergoglio li ha donati per il pastificio del carcere minorile di Casal del Marmo.

In lacrime, davanti al feretro, ieri anche Suor Geneviève Jeanningros, la combattiva 81enne che il mercoledì portava rom, persone omosessuali, transgender, prostitute e circensi alle udienze generali. Il Pontefice la chiamava «eNfant terrible». Unica a fermarsi a lungo, zaino in spalla, infrangendo quasi il protocollo.

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