Il paradosso dell'iPhone: può costare il doppio

Il prodotto tecnologico più glorioso degli Usa travolto dai dazi. Apple rischia di guadagnare meno

Il paradosso dell'iPhone: può costare il doppio
00:00 00:00

Per la prima pagina del numero del weekend il Wall Street Journal non ha risparmiato in malizia. Il titolo principale è drammatico: «Il massacro dei mercati continua». Nella foto appena sotto, il clima cambia: il presidente americano saluta con un mezzo sorriso dalla sua macchina mentre parla al telefonino. Titolo: «Trump va a giocare a golf in pieno caos dazi». Il contrasto non potrebbe essere più stridente.

Se l'avesse fatto il New York Times la cosa non sarebbe neppure da segnalare, ma il WSJ (1.200 giornalisti, quattro milioni di abbonati digitali) non è la lettura preferita dei liberal di Manhattan. Il giornale di Rupert Murdoch riflette da sempre l'umore di banchieri, investitori e money manager di Wall Street e dintorni. Le radici sono tradizionalmente e solidamente a destra. Eppure da qualche giorno il suo editorial board (il comitato che si occupa dei commenti) ha iniziato a sparare a zero sul presidente.

Nel giornale di sabato e domenica si parla del «regalo strategico fatto a Xi Jinping»: «Il presidente americano ha usato l'ascia per spezzare il cordone ombelicale che legava mezzo mondo in un blocco economico e strategico» opposto alla Cina autoritaria. «Pechino non avrebbe potuto aspettarsi una settimana migliore».

Venerdì invece il Journal se la prendeva con una frase pronunciata da Trump di fronte alla tempesta dei mercati: «È solo una piccola perturbazione». La verità, inizia il commento, «è che tutto dipende da cosa si intende per perturbazione», e poi via con le bastonate.

Per dare un'idea della disruption (è il termine più usato dalle cronache Usa di questi giorni, ed equivale a rottura o svolta traumatica) subita dai mercati e dall'economia, il giornale fa il caso di uno dei prodotti più «gloriosi» dell'hi tech d'Oltreoceano: l'iPhone. Prende l'ultimo modello, il 16 Pro, e grazie a una società specializzata, TechInsights, si mette a fare due conti. Nella versione con memoria a 256 giga il prodotto della Apple è in vendita negli Usa a 1.100 dollari con un costo dell'hardware pari a circa 550 (vedi la tabella in basso). Anche tenendo conto dei costi di assemblaggio, delle spese di ricerca e marketing, dice il WSJ, si tratta di un margine di guadagno non disprezzabile.

Il problema è che, come ormai quasi tutti i prodotti l'iPhone è un insieme di componenti comprati dove esistono società specializzate in grado di fornirli al prezzo migliore. Per i telefonini della Apple si va dalla Cina comunista al Giappone, da Taiwan alla Corea. Tutte le parti provenienti da questi Paesi sono ora sottoposti a dazi. Il risultato è un costo dell'hardware che è salito di quasi 300 dollari.

Trump dice che d'ora in avanti queste componenti potranno essere prodotte negli Usa. Ma è molto più facile dirlo che farlo, dice uno degli analisti interpellati dal giornale.

«Nella migliore delle ipotesi è un'impresa elefantiaca che richiederà anni»: servono materiali e competenze che in questo momento gli Usa non hanno. Alla Apple, e a tante altre aziende come lei, non resta che abbassare i margini o alzare i prezzi. E in entrambi i casi guadagnerà di meno. Per questo Wall Street e il suo Journal sono di cattivo umore.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica