Patto nel piccolo villaggio. Uniti per proteggere le tartarughe del Gange

Nel lago di Kajalheri 400 esemplari del rettile a rischio estinzione. E che fa gola ai bracconieri

Patto nel piccolo villaggio. Uniti per proteggere le tartarughe del Gange

Case costruite con il fango, strade polverose, alberi banyan ovunque, una natura selvaggia e lussureggiante che fa da sfondo a ritmi lenti e rilassati. Proprio al centro di Kajalheri, piccolo villaggio a circa 200 chilometri dalla capitale dell'India Nuova Delhi, c'è un laghetto di circa 20mila metri quadrati. Chiunque passi da quelle parti potrebbe incontrare capanelli di abitanti intenti a osservarlo con molta attenzione. Perché al suo interno, da oltre un secolo, vivono 400 rarissimi esemplari di tartaruga dal guscio molle del Gange. In tutta l'Asia meridionale il rettile è ormai sparito, gli ultimi animali si sono rifiugiati in questo specchio d'acqua. Che ormai viene controllato a vista dai residenti, 24 ore su 24, sette giorni su sette.

Un «lavoro» che coinvolge tutti a Kajalheri, studenti compresi. Ogni abitante ha infatti il «dovere sacro» di dedicare qualche ora della propria giornata al controllo e tutela di queste tartarughe. Per riuscirci la popolazione si è organizzata per turni, in modo da coprire l'intero arco della giornata notte compresa - e tutti i giorni dell'anno. Proprio grazie a questo sforzo i rettili vivono sereni e indistrurbati, incuranti del fatto di essere considerati a rischio di estinzione. Non è un caso che la specie sia stata inserita nella «lista rossa», che comprende quelle più vulnerabili, dall'Unione internazionale per la conservazione della natura.

L'aspetto di questi animali non passa certo inosservato: le tartarughe sono considerate uniche grazie al loro muso sporgente, che ricorda la forma di un tubo, e al carapace piatto. Vivono solo nell'acqua dolce, hanno un carattere molto docile e sono amatissime dagli abitanti del villaggio indiano. Nonostante questo sono in costante pericolo, perché in Asia sono considerate una pietanza prelibata. Quando i bracconieri le riescono a catturare, la loro carne finisce sui principali mercati del Sud-Est asiatico, il guscio viene trasformato in maschere inquietanti da vendere ai turisti, mentre gli esemplari lasciati vivi vengono utilizzati come animali domestici, lontanissimi dal loro habitat naturale. Ma i pericoli non finiscono qui, perché a volte i rettili restano intrappolati nelle reti dei pescatori e non riescono a sopravvivere.

Proprio per questo gli sforzi per proteggerli si sono moltiplicati di anno in anno. Fino alla decisione di creare questa particolarissima task-force di guardie del corpo, il cui unico obiettivo è permettere a questi animali di continuare a vivere e prosperare. Dietro gli sforzi di questa comunità non c'è solo il desiderio di preservare la biodiversità. Ma anche la convinzione che la presenza delle tartarughe a Kajalheri porti fortuna. E così, giorno dopo giorno, l'affezione per questi animali è cresciuta. Al punto che i loro guardiani hanno cominciato ad amarle, arrivando qualche volta perfino a parlare con loro.

Le giornate nel villaggio sono scandite dai turni. Cinque ore, che impegnano dieci persone per volta. I bodyguard delle tartarughe controllano le uova, per evitare che siano mangiate dagli animali selvatici, e vietano qualunque attività di pesca. Sono loro a distribuire il cibo: ormai i rettili lo sanno e quando sentono i loro amici umani battere le mani si avvicinano per mangiare. Poi, quando arriva la notte, i guardiani spengono tutte le luci intorno al lago, evitando così che gli animali si disorientino.

Per questo popolo controllare lo stagno è una vera e propria missione. Al punto che gli abitanti più anziani non si sono mai allontanati da Kajalheri. Il motivo? Non avrebbero potuto sopportare l'idea di lasciare sole le loro tartarughe.

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