
Lo scossone arrivato sul Parlamento europeo nelle ultime ore dalla Procura di Bruxelles, che ha trasmesso la richiesta di revoca dell'immunità parlamentare per le due eurodeputate del Pd, Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini, agita le istituzioni. E fa tremare gli indagati finiti in un'inchiesta, il cosiddetto Qatargate, dai contorni che si sono rivelati nel tempo opachi, e con elementi a sostegno delle accuse apparentemente deboli. Inconsistenti, almeno stando a quanto si apprende finora, quelli a carico delle due eurodeputate dem, che si dichiarano estranee a tutto, e che si trovano ora a dover affrontare la revoca della protezione parlamentare. I loro nomi erano emersi in modo del tutto marginale nella prima fase dell'indagine. Moretti citata in una relazione della polizia belga per dei presunti interventi in Aula a favore del Qatar, Gualmini in alcune intercettazioni con uno degli indagati, nell'ambito di discussioni sulla linea politica a favore dell'Emirato. Entrambe mai associate a scambi di denaro. Denaro che sarebbe invece il cuore dell'impianto accusatorio costruito dagli inquirenti belgi, secondo cui il Qatar avrebbe distribuito mazzette per orientare le posizioni del Parlamento Ue. Sotto accusa eurodeputati, ed ex, del gruppo Socialisti e democratici, tra cui le due piddine, che ora rischiano di finire nel mirino di nuovi atti da parte dei magistrati, verosimilmente un interrogatorio. Comunque uno scenario preoccupante, vista la facilità con cui sono scattate le manette e le carcerazioni preventive in questi due anni. I pm belgi per ascoltare Gualmini e Moretti, devono attendere che decada l'immunità. La presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, annuncerà la richiesta durante la plenaria del 10 marzo a Strasburgo, e da lì ci vorranno diverse settimane per arrivare a votare la revoca. Dalle parti di Bruxelles non si esclude che la decisione dei magistrati sia finalizzata a chiudere il cerchio: o stralciando definitivamente le posizioni dei parlamentari coinvolti, o formulando capi di imputazione a loro carico.
Restano i tanti punti oscuri di un caso giudiziario nato da un'indagine dei servizi segreti belgi poi portata avanti da un sistema che in questi due anni e mezzo ha aperto parecchi interrogativi sulle garanzie per chi ci è rimasto imbrigliato. E soprattutto sulla consistenza dell'accusa di associazione a delinquere e corruzione. Il dominus della presunta rete sarebbe stato per i pm Antonio Panzeri, ex europarlamentare di Articolo Uno, diventato il grande pentito di questa storia attraverso un controverso accordo di collaborazione firmato con i magistrati belgi, che il suo stesso avvocato ha denunciato essere stato confezionato sotto indebite pressioni da parte degli inquirenti. Ma sotto accusa erano già finiti anche, oltre alla ex vice presidente del Parlamento Ue, la greca Eva Kaili, rimasta 4 mesi in carcere preventivo - così come il suo compagno Francesco Giorgi, ex assistente di Panzeri - anche l'ex europarlamentare del Pd Andrea Cozzolino, tenuto agli arresti domiciliari per 4 mesi.
Oggi sono cambiati gli inquirenti e i magistrati titolari del fascicolo, istruito inizialmente dal celebre Michel Clause, il giudice soprannominato «lo sceriffo», che si era poi ritirato per un presunto conflitto di interessi: il figlio era socio in affari con il figlio di una europarlamentare, Maria Arena, oggi indagata. Il magistrato si era poi candidato alle elezioni nazionali, senza successo. Si pensava che tutto fosse finito su un binario morto. Fino a 48 ore fa, con la mossa della nuova giudice Pascale Monteiro Barreto.
Salvini attacca: «Per anni certi giornali hanno infangato la Lega su scandali inesistenti, oggi si cerca di minimizzare e insabbiare la questione molto grave. Il classico metodo due pesi, due misure quando di mezzo c'è la sinistra».
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