Il suo ultimo gesto è stato sposare la compagna Giulia. Un suggello d'amore e un ringraziamento per gli otto anni passati insieme, di cui gli ultimi difficilissimi per la malattia. Ieri si è spento Franco Di Mare, giornalista, inviato, conduttore e direttore Rai, che solo qualche giorno fa aveva rivelato pubblicamente di avere un tumore: un implacabile mesotelioma provocato dall'esposizione all'amianto probabilmente durante la guerra in Bosnia che aveva raccontato dal fronte. Lui, da vero cronista, aveva parlato di se stesso malato nel libro Le parole per dirlo uscito due settimane fa e nello stesso giorno era apparso in collegamento a Che tempo che fa con i tubicini per respirare attaccati al naso. A Fabio Fazio aveva spiegato del cancro ma anche del fatto - per cui si era detto indignato - che la Tv di Stato non gli voleva fornire i documenti che attestavano il suo stato di servizio ai fini della richiesta di risarcimenti, documenti che l'ad Roberto Sergio, ignaro della questione, gli aveva fatto poi avere in pochi giorni.
Adesso quei fogli non servono più, però il suo esempio e lo scalpore che ha suscitato la sua malattia forse saranno di aiuto ad altri. L'amianto, senza andare in guerra, uccide ancora ogni anno migliaia di persone (7mila in Italia nel 2023). Anche la sede Rai di viale Mazzini (che presto sarà bonificata) ne è ancora piena, ovviamente in una situazione molto diversa che sotto le bombe. Solo qualche giorno fa è morto un ex dipendente, Mariusz Marian Sodkiewicz, affetto da mesotelioma, il quale nelle scorse settimane aveva denunciato l'esposizione all'amianto sul posto di lavoro e per cui è in corso un'indagine.
Franco Di Mare avrebbe compiuto 69 anni il prossimo 28 luglio. «Ma non so se ci arrivo - aveva raccontato in una recente intervista al Corriere della Sera -. Sono sereno, non ho paura. Mi spaventa l'idea della sofferenza... Ma mi ritengo un uomo fortunato, ho avuto la fortuna di fare il lavoro che sognavo, di vivere cento vite».
Nato e cresciuto a Napoli, aveva cominciato a lavorare come giornalista all'Unità. Poi il passaggio alla redazione romana del quotidiano e l'approdo in Rai nel 1991 prima come inviato, poi come conduttore (il grande pubblico se lo ricorda alla guida di Unomattina), vice direttore di Raiuno e infine direttore di Raitre. Per la Tv di Stato seguì gran parte dei conflitti degli ultimi trent'anni: dalla Bosnia alla Somalia, al Ruanda e alle guerre nel Golfo. Durante uno di questi maledetti conflitti si ammalò a casa dell'esposizione all'amianto. «Sono stato - aveva spiegato - a lungo nei Balcani, tra i proiettili all'uranio impoverito. Ogni esplosione liberava nell'aria infinite particelle di amianto. Ne bastava una... Il periodo di incubazione può durare anche 30 anni».
Il suo grido di dolore, oltre che per se stesso, era per l'orrore e la distruzione che ha raccontato per tanti anni: «Scrivo questo libro - aveva detto all'uscita del volume - per parlare di due malattie: quella della guerra fuori di noi e quella delle guerre che in tanti combattono dentro loro stessi e che colpiscono anche lontano dalle barricate. È rivolto a chi sta male perché non perda il coraggio, a chi odia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie e a chi crede nella forza salvifica della ricerca e dell'amore».
Di Mare confidava nella ricerca, lo aveva detto anche nell'intervista con Fazio: «Ho un tumore che non lascia scampo. Mi resta poco da vivere, quanto non lo so. Però non mollo». E questo poco tempo che gli restava cercava di goderselo appieno: «Sono circondato dall'amore delle persone che amo». Le sorelle, gli amici e Giulia, conosciuta in Rai. Lei, 33 anni, era responsabile del catering del bar interno della sede di Saxa Rubra. «La donna che ha avuto la forza di sopportarmi, perfino quando non mi sopportavo più neppure io».
Aveva persino la forza di scherzare sulla loro differenza d'età: «Tra noi ci sono più di 30 anni di differenza, ma prima si notava meno...». Insieme da otto anni e uniti in matrimonio, appunto, tre giorni fa, poche ore prima di andarsene.
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