La telefonata Ursula-Giorgia. "Ha aperto una nuova fase"

Soddisfazione di von der Leyen Meloni non ha rotto il fronte a 27

La telefonata Ursula-Giorgia. "Ha aperto una nuova fase"
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Prima di pronunciarsi sulla visita della premier a Washington, a Bruxelles hanno atteso il comunicato (congiunto) Casa Bianca-Palazzo Chigi, in cui si legge che «Trump ha accettato l'invito del primo ministro Meloni a recarsi in visita ufficiale in Italia nel prossimo futuro. Si sta inoltre valutando la possibilità di organizzare, in tale occasione, un incontro tra Stati Uniti ed Europa». Nero su bianco, primo obiettivo raggiunto, secondo uno sherpa col dossier dazi sul tavolo; con buona pace di chi nel 2022 dipingeva la leader di Fratelli d'Italia come quinta colonna sovranista, pronta a corrodere l'Ue, giocando sporco. Invece? Italia «ponte politico diretto» Ue-Stati Uniti. Riconoscimenti privati per l'incontro giudicato «positivo» e visto come un «passo avanti» per la trattativa dall'inner circle di Von der Leyen, che (ne dà conto l'Ansa) annovera ormai Meloni nella categoria dei «facilitatori» anche per una distensione con gli States.

La presidente della Commissione europea, riferiscono fonti Ue citate da diverse agenzie di stampa, ha infatti accolto con favore l'iniziativa italiana di invitare Trump a Roma e favorire un incontro a livello europeo anche se - precisano le stesse fonti - l'organizzazione di un summit potrebbe riguardare il Consiglio europeo (e il presidente Costa) e non la Commissione. Poco male, visto che ieri von der Leyen ha avuto «una buona telefonata» con Meloni, la terza in pochi giorni, durante la quale la leader di FdI ha informato la presidente sul suo incontro con l'inquilino della Casa Bianca, fa sapere la vice portavoce capo dell'esecutivo Ue, Arianna Podestà. Nel frattempo, il vicepresidente americano Vance, da Roma, sui dazi ribadisce: «Abbiamo grandi negoziati anche con l'Ue, non solo con l'Italia». Altri, poi, i temi intavolati nel solco cucito due giorni fa a Washington, quando Meloni ha detto che «l'obiettivo per Europa e Stati Uniti è rendere di nuovo grande l'Occidente». Trattare sul commercio e collaborare anche nel Mediterraneo sul Piano Mattei, su cui Bruxelles vede già Roma come apripista per accordi con i Paesi africani. Nota un funzionario europeo che «non è passato inosservato il fatto che la premier, pur non vantando un mandato per parlare a nome dell'Ue, non ha rotto il fronte a 27 basando il faccia a faccia su trattamenti di favore per l'Italia sui dazi, poteva farlo, invece ha cercato di far maturare il dialogo comune», nonostante la freddezza di Parigi.

Tempistiche da definire, per l'incontro Trump-Ue, ma tessitura iniziata: a giugno in calendario un cruciale summit Nato all'Aia (24-25) e un Consiglio europeo (26-27) che dovrebbe formalizzare l'impegno di svariate cancellerie ad aumentare le spese per la difesa su input Usa. Nel rispetto dei ruoli, Meloni olia altri dossier Ue inceppati. Puntando a rimodellare anche quell'architrave ideologica costruita da socialisti ed ecologisti, il green deal, che ha ingenerato crisi in intere filiere favorendo la Cina. Linee pensate male anteponendo l'ideologia al pragmatismo, insistono da Fdi. L'urgenza odierna è però legata al superamento dei dazi «reciproci» congelati. La frase più pronunciata ieri a Bruxelles, da chi finora ha visto due missioni del commissario al Commercio Sefcovic andare a vuoto negli States, è stata: Meloni apre «una fase nuova». La leader che doveva essere una spina nel fianco, minaccia per Trattati e conti pubblici italiani, è diventata risorsa per affrontare la crisi commerciale e non solo; visto l'ottimo rapporto anche col premier inglese Starmer.

Sui dazi, colloqui tecnici tra esecutivo Ue e Trump II.

L'accordo arriverà «al 100%» assicura il tycoon. Su acciaio e alluminio e auto (passati al 10% dal 2,5%) per ora restano; con l'impegno, però, a creare entro luglio un commercio «reciprocamente vantaggioso». Quell'accordo «equo» promesso a Meloni.

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