I conti sono presto fatti: quasi il 70 per cento delle canzoni in gara al prossimo Festival di Sanremo sono state scritte o in parte firmate da 11 autori. Gli unici concorrenti che si presenteranno sul palco dell'Ariston con un brano a una sola firma (la propria) sono Brunori Sas e i Modà di Kekko Silvestre.
La regina delle autrici è senza dubbio Federica Abbate, nome peraltro già molto presente nelle classifiche italiane degli ultimi anni, che stavolta firma, non da sola, ben sette canzoni (quelle di Clara, Rose Villain, Serena Brancale, Sarah Toscano, Fedez, Joan Thiele ed Emis Killa), seguita da Davide Simonetta «fermo» a quota cinque (c'è il suo apporto nei brani di Francesco Gabbani, Rocco Hunt, Achille Lauro, Elodie e Francesca Michielin). Quattro canzoni a testa per Jacopo Ettore (Clara, Rkomi, Serena Brancale, Sarah Toscano), Davide Petrella (The Kolors, Elodie, Tony Effe, Gaia) e Nicola Lazzarin detto Cipro (Rose Villain, Serena Brancale, Fedez ed Emis Killa). Con tre canzoni c'è Blanco, che peraltro ha vinto il Festival con Mahmood nel 2022 (Noemi, Giorgia e Irama), Luca Faraone (Rkomi, Tony Effe e Shablo), Michele «Michelangelo» Zocca (Noemi, Giorgia e Irama) e il produttore Zef Tognini (The Kolors, Rocco Hunt e Gaia). Fin qui il dato contabile. Il quadro è comunque più ampio, se non altro perché tra gli autori ci sono superbig come Tiziano Ferro, Madame (con il cognome originale Calearo), Mahmood, Nek e Calcutta. In sostanza c'è una inevitabile omogeneità che dipende da tanti fattori diversi, e che ha scatenato non soltanto Striscia la Notizia ma anche il Codacons che ha presentato un esposto all'Antitrust chiedendo di verificare se questa concentrazione danneggi la libera concorrenza tra gli autori e la qualità complessiva di un Festival pagato comunque anche da un canone pubblico. Difficile rispondere.
Se nel primo Festival di Sanremo del 1951 gli autori che avevano più brani in gara erano soltanto Giancarlo Testoni, Mario Panzeri e Pinchi, nel secondo Festival dei 20 brani in gara ben 5 erano firmati da Giancarlo Testoni e ai primi tre posti si classificò la stessa cantante, ossia Nilla Pizzi.
Dopotutto i primi Festival di Sanremo erano davvero festival della canzone, nel senso che gli autori delle canzoni arrivavano simbolicamente con la propria valigetta piena di brani da proporre a quello che ricopriva il ruolo oggi ricoperto da Carlo Conti. Tanto per rendere l'idea, nel 1958 il direttore artistico non riuscì ad assegnare Nel blu dipinto di blu a nessun cantante in gara e quindi chiamò Modugno, che era autore con Franco Migliacci, per dirgli sostanzialmente: caro Modugno, nessuno vuole cantare la sua canzone, i cantanti in gara sono sempre gli stessi e dicono che il brano non è adatto a loro. Risultato: la cantò lo stesso Modugno e sappiamo come è andata a finire. Senza quella decisione strategica e decisiva, oggi, dopo 67 anni, i social non sarebbero esplosi di commenti all'idea che Lucio Corsi duetti con Topo Gigio proprio sulle note di quel brano.
Roba di secoli fa, d'accordo.
Ma è tanto per rendere l'idea. Di certo oggi il panorama è molto più vasto e molto più eclettico, anche sotto il profilo degli autori musicali. C'è più varietà, più coraggio e, soprattutto, più attenzione. In ogni caso, la concentrazione di stessi autori in questa edizione festivaliera riflette comunque una situazione diffusa e riscontrabile anche nelle classifiche streaming degli ultimi anni, che sono piene di brani firmati dalle stesse penne.
Una tendenza che deriva anche dalla «transumanza» di tanti rapper verso il pop e quindi bisognosi di penne pop capaci di corroborare il loro stile di strada. Che cosa comporta questo? Senza dubbio una innegabile omogeneità nelle sonorità e forse anche nei temi trattati. Una omogeneità che si riscontra anche nel sostanziale raggruppamento di artisti sotto il marchio di tre major (Universal, Warner e Sony) con poche eccezioni indipendenti come Sugar.
È una deriva che discende dagli assestamenti di mercato e dalla concentrazione di tantissimi repertori sotto lo stesso marchio che ricorrono alle stesse agenzie. È il mercato, bellezza. Ma è anche una situazione anomala che prima o poi troverà nuovi sbocchi.
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