La Cescon, un debutto da applausi meritati

Fermi tutti. Dove si era nascosta, fino ad ora, Michela Cescon, in versione regista?

La Cescon, un debutto da applausi meritati

Fermi tutti. Dove si era nascosta, fino ad ora, Michela Cescon, in versione regista? Perché che fosse un'ottima attrice, cinematografica e non solo, lo si sapeva da tempo, ma queste doti, notevoli, messe in mostra nella sua prima regia, rappresentano una bella sorpresa. La Cescon lo fa con grande sicurezza e con uno stile originale, che omaggia il francese polar (ovvero la fusione del genere poliziesco policier e del noir), reinterpretandolo, con maturità, all'italiana. Non è un film immediato, nel senso che, a tratti, sembra quasi astratto, senza perdere la sua matrice thriller, anche se, alla resa dei conti, non è quello che interessa alla Cescon. Che chiede, allo spettatore, di lasciar perdere una trama per certi versi inconsueta, dando privilegio a luoghi e sguardi, rispetto a personaggi e discorsi. La storia, ambientata in una Roma dove le buche sono magicamente scomparse, ha come protagonista un rapinatore che compie, da tempo, una serie di furti, mentre la polizia italiana, non ci fa una bella figura, brancolando inesorabilmente nel fatidico buio. Qualsiasi cosa voglia rubare, ci riesce, fuggendo poi con uno scooter, diverso a seconda della rapina commessa, dileguandosi nel traffico della Capitale. Il commissario Murena (Ivano De Matteo) è sempre un passo indietro. Decide così di chiedere aiuto a un ex collega parigino, Il Francese (Jean-Hugues Anglade), che bagna, quanto a intuito, le forze dell'ordine italiane. Tranne in un caso, quella della morte di sua figlia, il cui colpevole non è mai stato trovato, facendo naufragare anche il matrimonio con la moglie. In ogni caso, l'uomo capisce che il centauro è una donna, Valeria (una intensa e convincente Golino), che nasconde la sua vera identità dietro ad un lavoro da impiegata. Lei si lascia avvicinare dall'ex poliziotto francese, due solitudini che finiranno per aiutarsi a vicenda.

A parte le fughe, il movimento è al minimo sindacale, lavorando più a livello introspettivo e affidandosi a una meravigliosa fotografia. Un film da cinefili, più che da grande pubblico, da applaudire per coraggio e risultato. Brava Michela Cescon.

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