La figura di Orfeo da sempre affascina per la sua natura multiforme e per il suo mistero. È nato da un dio e da una Musa, ed è aedo, che segue con la sua lira gli Argonauti cantando la loro impresa, mago incantatore, che riesce con le sue parole ad addomesticare le fiere e a commuovere persino alberi e rocce, iniziatore di culti misterici, e infine viaggiatore nell'Ade per tentare di riportare tra i vivi la moglie Euridice.Pur essendo un trace, uno straniero, Orfeo è considerato il patrono mitico della poesia in Grecia, ed è anche alle origini di saperi iniziatici legati al culto di Dioniso. Dei testi attribuiti a lui, abbiamo solo tarde trascrizioni. Il filosofo neoplatonico del VI secolo Olimpiodoro, per esempio, riporta che secondo Orfeo quattro regni si sono susseguiti nell'universo: il regno di Urano, quello di Crono, quello di Zeus e, ultimo e breve, quello di Dioniso, designato come erede dal padre. I Titani, ingelositi dalla posizione assunta da Dioniso, lo uccidono, lo dilaniano e si cibano delle sue carni. Zeus, adirato con loro, li colpisce con le sue folgori e li incenerisce. Dalla fuliggine dei corpi dei Titani, colpevoli di questo mostruoso delitto, nasce la materia da cui si formano gli esseri umani. Originati dall'esito di un rituale corrotto, di un atto di cannibalismo, gli uomini sono parte di Dioniso, che è un dio vittima, figlio di Persefone regina dell'Ade, e che muore e poi rinasce avendo per nuova madre Semele. È a lui dunque che secondo la tradizione orfica gli uomini si devono rivolgere per scontare il male originario e ottenere le condizioni migliori nella vita ultraterrena.Tutto questo è contenuto nel prezioso volume di Fritz Graf e Sarah Iles Johnston, Orfeo e le lamine d'oro (Edizioni Mediterranee, pagg. 335, euro 25) ed è la premessa necessaria per leggere e capire i testi orfici che le lamine d'oro portano iscritti. La prima fu trovata nel 1834 durante uno scavo archeologico in una necropoli, a Petelia, l'attuale Strongoli, nella Magna Grecia. Risaliva al IV secolo avanti Cristo, ed è ora conservata al British Museum. Ne seguirono nel tempo altre, in diverse aree geografiche, Sicilia, Tessaglia, Creta, tutte con la stessa funzione, alcune messe sul petto, altre sulla bocca, altre sulla mano destra del defunto. Di forma rettangolare, o romboidale, o ellissoidale, come a riprodurre una piccola foglia. I testi iscritti sulle lamine sono una specie di supporto mnemonico, hanno un tono prescrittivo, didattico, sono istruzioni, oltre che preghiere. Ricordano dove e come si deve muovere il trapassato nel viaggio post mortem, e disegnano una enigmatica geografia ultramondana, che spesso fa rabbrividire il lettore di oggi.I portatori di lamine erano iniziati al culto dionisiaco. Di certi viene indicato il nome, Asterios, Caecilia Secundina, per altri, il cui nome non conosciamo, le parole della lamina seguono uno schema quasi fisso, in versi di una semplicità ieratica e simbolica di grande impatto, anche poetico. Il trapassato comincia appena il suo viaggio, e deve seguire un itinerario ben precisato. Non può deviare, sbagliare. Non può cedere alla sete che lo brucia. Arrivato alle «case ben costruite dell'Ade», troverà sulla destra una fonte, vicino alla quale si erge un cipresso bianco. Diverse sono le interpretazioni su questo simbolo, segreto e dalla forza iconica così marcata: fra tutte, sembra la migliore quella che vede nell'albero bianco e perciò splendente un faro che attira le anime dei buoni verso la fonte dell'Oblio, ma segnala alle anime degli iniziati il pericolo, e indica loro che devono proseguire. «A questa fonte non accostarti neppure!».Andando avanti in cerca di refrigerio per la propria sete, il trapassato arriverà al Lago della Memoria. Davanti a esso, vi sono dei guardiani pronti a interrogarlo «con astuta sapienza» su che cosa stia cercando fra le tenebre dell'Ade. La risposta giusta è: «Sono figlio della Terra e del Cielo stellato». I guardiani allora lo annunzieranno al re dell'Ade e gli daranno da bere la fredda acqua del Lago della Memoria. Da lì prenderà il volo per congiungersi agli altri iniziati sulla strada dove procedono gloriosi. Da mortale, il defunto diventa dio. Puro tra i puri, vola via «dal cerchio greve e penoso» della necessità e può vantarsi di appartenere alla razza beata degli immortali. «Capretto, cadesti nel latte» ricordano diverse lamine al proprio portatore: dove il latte indica uno stato perenne di abbondanza e felicità. La morte, per un iniziato, è un passaggio istantaneo verso una vita nuova.
Sulla lamina a forma di foglia di edera posta sul petto di una donna in un sarcofago in Tessaglia, nel IV secolo avanti Cristo, si legge: «Ora sei morta e ora sei nata, o tre volte felice, proprio in questo giorno hai il vino come tuo fortunato privilegio».Il vino. Come dire che Dioniso, altrimenti chiamato Bacco, e Orfeo, ti hanno indicato la strada giusta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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