Si fa presto a dire «Cera una volta...». Poi, però, bisogna architettare un marchingegno che, bene o male, costituisca al contempo unattrattiva irresistibile o quantomeno una qualche curiosità. Solo così sarà possibile imbastire, tra personaggi, vicende e situazioni le più originali possibili, una storia che possa approdare a un qualche sorprendente disvelamento, se non proprio della verità, del verosimile.
Potrebbe essere, questa, una sorta di precettistica per scrittori con particolare inclinazione per le storie tra il truculento e il sensazionale che ben mischiata alla evocazione di casi-limite dislocati in ambienti eccentrici e degradati, possa consolidarsi in un tutto armonico destinato ad allettare tanto lettori di bocca buona quanto inguaribili aficionados di orripilanti favole.
Tutto ciò risulta pertinente a proposito di un libretto agile e abile dal titolo programmaticamente eloquente: Assassinio sul sentiero dorato di Stuart M. Kaminsky (Einaudi, pagg. 180, euro 10,50) ove la tecnica del pastiche è usata sfrontatamente per assemblare un ordito narrativo insieme convenzionale e complicatissimo. La traccia più esteriore è data, nel caso particolare, da un delittaccio perpetrato a Hollywood, nel 1940 (nel colmo della campagna presidenziale per lelezione di Franklin D. Roosevelt), nel sottomondo dei «generici» del cinema e, in ispecie, tra nani disonesti e viziosi.
Sarebbero sufficienti questi dettagli per prospettare una vicenda desolata, opprimente, ma Kaminsky - già sceneggiatore per Don Siegel del film Ispettore Callaghan, il caso Scorpio è tuo, oltreché autore dei «testi aggiunti» di Cera una volta in America di Leone - è scrittore troppo smagato per accontentarsi di ciò. Quindi, infoltendo e infarcendo di richiami e rimandi intrecciati - il fil rouge del racconto corre in subordine alla realizzazione del film di Fleming Il mago di Oz - la progressione narrativa si dilata inglobando via via le figure «reali» di Judy Garland, Clark Gable, William Hearst e tantaltri coevi personaggi dei fasti e dei nefasti hollywoodiani.
Deus ex machina del racconto mosso da una ben temperata suspense è, per loccasione, lo stropicciato detective privato Toby Peters - un ibrido tra lintuitivo Tenente Colombo e i classici chandleriani private eyes Sam Spade e Philiph Marlowe - che, tra passi falsi, pestaggi, finali illuminazioni, riesce a venire a capo dun maledetto imbroglio. Il bello è che Assassinio sul sentiero dorato è tirato via con uno sprezzo della scrittura, dogni stile, nellintento di contrabbandare unidea acuta per un banale giallo.
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