Fin da stamattina i tg avranno un solo numero di cui parlare: quello sull'affluenza alle urne. Generalmente le si ascoltano distrattamente in attesa del clou delle 23.01, quando i seggi saranno chiusi e partirà la gara a dare i primi dati. Eppure, quest'anno, il dato sull'affluenza sarà particolarmente importante perché per la prima volta nella storia della Repubblica gli italiani al voto potrebbero scendere sotto la percentuale del 70%. Un dato «psicologico», ma anche politico, perché certificherà l'allargamento della frattura tra gli italiani e la politica e sarà un giudizio inappellabile sulla qualità della campagna elettorale appena conclusa.
I grafici in queste pagine, elaborate dal sito di data journalism Truenumbers.it e riferiti al solo voto per la Camera dei Deputati, mostrano che la tendenza al calo dell'affluenza è iniziata nel 1976. Quell'anno gli italiani che hanno votato sono stati il 93,89% degli aventi diritto. Da allora è stato un lento calo con l'unica eccezione del 1987 quando hanno votato l'88,83% rispetto all'88,01% delle precedenti consultazioni, del 1983. Le ultime elezioni Politiche, quelle del 2013, hanno visto un calo dell'affluenza di quasi 5 punti percentuali rispetto alla precedenti: si è passati dal 78,1 al 72,25%, che è molto (ma molto) al di sotto della percentuale che si è registrata nelle elezioni del 1946, le prime dopo il fascismo, quando si recò alle urne solo l'89,08% degli aventi diritto. Per questo, vista la tendenza, la notizia sarebbe se l'affluenza restasse sopra il 70%. Sembra difficile anche perché il numero degli aventi diritto è solo leggerissimamente calato rispetto al 2013: sono 50.782.650, compresi gli italiani all'estero e i diciottenni. Il dato è del ministero dell'Interno che ogni anno aggiorna le liste elettorali. Questo numero è il più aggiornato. L'incognita riguarda i giovani, quelli che con più fatica si recano alle urne; è possibile che sarà proprio la loro «diserzione» a provocare il calo dell'affluenza. Ma quanti sono i giovani che votano (o che hanno diritto a farlo) per la prima volta? Sempre considerando gli elenchi del ministero sono circa 1 milione e 428mila: 735mila circa i maschi e 693mila le femmine. Valgono il 2,8% del corpo elettorale. Come avranno votato (e se avranno votato) lo sapremo dopo che gli istituti specializzati avranno esaminato i flussi elettorali, ma è possibile che siano proprio loro ad alimentare i partiti più estremi, compresi quelli che raccolgono poche centinaia di voti. Il grafico in queste pagine mostra i risultati di tutti i partiti alle elezioni del 2013. Se ne presentarono 47, alcuni effettivamente stravaganti come «Democrazia Atea» (598 voti) e «Staminali d'Italia» (586) o come «Veneto Stato», di «Freiheitlichen» (partito radicato solo nella provincia di Bolzano) e «Tutti insieme per l'Italia» (fondato da Antonio Corsi, ex sindaco di Sgurgola, Frosinone).
Ma ancora più stupefacenti sono i risultati del 2x1000: i soldi andati ai partiti politici grazie alle scelte degli italiani sulla dichiarazione dei redditi. Si trova di tutto dal «Movimento Puglia Più» che ha incassato 61.738 euro al disciolto «Fare!», 46.193 euro, fino alla «Unione Sudamericana Emigrati» che ha ottenuto 105.402 euro. Ovviamente nessun loro rappresentante è entrato in Parlamento mentre è interessante verificare il titolo di studio di quelli che ce l'hanno fatta. I laureati erano la stragrande maggioranza: 412 alla Camera e 214 al Senato. Il secondo gruppo più rappresentato era quello dei diplomati: 178 alla Camera e 90 al Senato. Sette deputati avevano il diploma di laurea mentre 12 si sono fermati alla scuola media e solo un senatore aveva la licenza elementare.
L'altro dato interessante riguarda i voti presi dai partiti di estrema destra alle ultime consultazioni.
Forza Nuova è stata votata da 90.047 italiani e CasaPound da 47.911 per un totale di 137.958 consensi. Poca roba. Le polemiche sul rischio del «ritorno del fascismo» riusciranno nel miracolo di farne entrare uno in Parlamento?
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