Sanremo - Basta uno scalpitar di tamburi, un galoppo di calypso - perché la paranza non è solo un natante, è anche una danza - e la barca di Daniele Silvestri è già in mare aperto, tra vampe di sole latino e miraggi di libertà. Dunque comincia in gloria, o almeno in letizia la terza serata festivaliera, col cantautore romano che ospita a bordo i tamburi, appunto, dei Capone Bungt Bangt, vispi e festosi ma «con prudenza ed eleganza», come il testo del brano prescrive. Era infatti, quella di ieri, la serata riservata ai duetti: ogni canzone in gara riproposta dall'interprete originario in coppia con un co-interprete occasionale, niente matrimoni, solo incontri provvisori e dunque poco male, se alcune accoppiate funzionano e altre un po' meno. Per esempio la voce «casuale» di Enrico Ruggeri disperde un po' l'atmosfera magica creata dalla voce di Milva - elegantissima in nero - in The show must go one, la bellissima pagina di Giorgio Faletti. Per contro i ballerini Kledi Kadiu e Sabrina Amato aggiungono plastico rilievo al bel tango-habanera di Leda Battisti, e momenti di commozione ci arrivano da Sergio Cammariere, quando il suo pianoforte regala al piccolo capolavoro di Simone Cristicchi un quarto ulteriore di nobiltà.
E che dire di Laura Valente, ex Matia Bazar, straordinaria come il marito, Mango, nei temerari vocalizzi di Chissà se nevica? E di Amii Stewart, che tramuta in aria da musical la romanza del bravo Mazzocchetti? Certo, Michele Zarrillo nulla aggiunge al bellissimo brano di Concato - sopperisce, d'altronde, l'inventiva batteria di Tullio De Piscopo - e neppure la voce incantevole di Teresa Salgueiro, la cantante dei Madredeus, riesce a far lievitare la canzoncina degli Stadio. Ma non era compito dei duetti modificare il giudizio su un festival in cui l'inconsueto spessore di molti brani, l'attualità scottante di certi temi, il coraggio dell'innovazione vanno bene al di là dei «ritornelli orecchiabili», che una sussiegosa opinionista indicava, giorni addietro, come merito massimo di questa edizione. Loro compito era, semmai, d'assicurare una tappa in più a una kermesse troppo lunga, che diluisce in cinque serate il materiale artistico bastevole per riempirne tre.
E dunque contentiamoci, se il livello canoro procede un poco a zig zag. Se Nelly Furtado non offre seduzioni supplementari alla canzoncina degli Zero Assoluto. Semmai ci consolino i cori - il Sant'Ilario e il Valle Laghi - cooptati da Antonella Ruggiero nella sua Canzone fra le guerre: che così, da grande pagina intimista, acquista un respiro epico che l'arricchisce. E che offre uno dei suoi momenti più insoliti a questa terza serata di non poche sorprese, aperta da Michelle Hunziker con al guinzaglio un bellissimo cane, non particolarmente arricchita dall'intervento canoro dello spagnolo Miguel Angel Munoz - «il nuovo Ricky Martin», gorgheggiano felici gli esperti del genere - e paga peraltro del molto di buono che la gara quest'anno concede.
Dunque: ecco ancora i Velvet con Francesco delle Vibrazioni, Tosca - momento magico - affiancata da Massimo Venturiello, Nada con un'encomiabile Cristina Donà, Meneguzzi con Nate James, Al Bano col coro dei Cosmos, Paolo Rossi con i bravissimi Têtes des Bois.
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