Caro Gino,
non ho avuto modo di seguire lo spettacolo a cui tu ti riferisci, tuttavia mi pare di non essermi perso un granché di speciale, stando alla tua descrizione e alle tue osservazioni. Ti confesso che non mi ritengo un credente, sebbene con gli uomini di Chiesa abbia sempre coltivato e intrattenuto ottimi rapporti, a cominciare dal pretino, Monsignor Meli, che provvide alla mia educazione e alla mia formazione, facendomi quasi da padre oltre che da insegnante, arrivando anche ad introdurmi nell'ambito del giornalismo. E poi c'è don Mansueto, mio prezioso amico da circa sessant'anni. Se ci sta leggendo, gli mando un abbraccio. Pur non essendo munito di questo spirito cristiano, che pure invidio dal momento che anche io vorrei essere capace di confidare nell'esistenza di qualcuno o di qualcosa che non vedo e non tocco, anche io sono disgustato da tutto ciò che può offendere sia il sacro che i credenti. A determinate cose occorrerebbe approcciarsi almeno con rispetto. Le battute e le scenette che descrivi nulla hanno a che fare con la satira, che per me è elemento della democrazia. Essa non va censurata, non va soffocata, non va limitata. Ma, appunto, qui essa non c'entra un fico secco. Si può fare satira sui politici, sui personaggi del presente che hanno un qualche rilievo pubblico, però quale senso ha deridere, canzonare, beffeggiare, ironizzare, irridere Dio, Maria, Giuseppe, Gesù e tutti i Santi, senza trascurare lo Spirito Santo? Te lo dico io. Non ha alcun senso. E sai perché? Perché essi non possono difendersi, intervenire, ridere di loro stessi eventualmente. Si può compiere la parodia di chi è in vita. Compierla di chi è morto, per di più da millenni, è operazione di pessimo gusto. Naturale poi che i fedeli si sentano infastiditi da simili attività, che provino un senso quasi di disagio, di dolore, che siano indotti a cambiare canale facendosi il segno della croce. Mi sembra che pure Gesù Cristo sia stato abbastanza maltrattato negli ultimi tempi. Non possiamo fare il presepe con lui bimbetto in quanto gli immigrati di altre confessioni resterebbero turbati dalle nostre tradizioni e dalla nostra cultura cristiana. A questo punto che se ne andassero a casa loro se i nostri riti li infastidiscono. Non possiamo neppure chiamarlo Gesù, c'è chi lo chiama Cucù per non urtare i sensibili stranieri. E il crocifisso in aula è insultante.
Mancava soltanto coglionare Giuseppe e Maria nel periodo di Natale su Raidue per non farci mancare nulla.
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