La lettera perduta di Cristoforo Colombo

Importante obiettivo raggiunto dai "Carabinieri dell’Arte". Restituito all’Italia il prezioso incunabolo del 1493 in cui Cristoforo Colombo annuncia ai Reali di Spagna la scoperta del Nuovo Mondo

La lettera perduta di Cristoforo Colombo

È stato un grande lavoro di squadra e di cooperazione internazionale quello portato segno dai Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio che hanno consegnato nelle mani del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano l'incunabolo che contiene la preziosa lettera in cui Cristoforo Colombo racconta alla corte di Spagna e ai finanziatori dell'impresa l’arrivo sulle coste americane.

Per comprendere la preziosità del documento è necessario fare alcune dovute precisazioni. Innanzitutto incunabolo è il nome dato al prototipo del libro moderno realizzato a stampa per la prima volta alla metà del 1400 usando punzoni in acciaio e caratteri in lega di piombo, stagno e antimonio. Il procedimento a stampa sostituirà velocemente l'uso del manoscritto: si stima, infatti, che le 500 tipografie attive dalla seconda metà del XV secolo abbiano prodotto 35 mila edizioni (titoli) per un totale di 10mila copie di cui oggi ne restano solo 450 mila (alcuni titoli in numerose versioni, altri in pochissime o nessuna). In Italia fu stampato un terzo di tutti gli incunaboli dell'epoca e oggi il nostro paese ne conserva oltre 110mila copie. Su questa nuova "via del libro" che sostituì gli investimenti della disastrata via della seta, bloccata ai traffici dall’avanzata dell’impero ottomano e da Tamerlano, confluì un’alta densità di capitali commerciali di borghesi e aristocratici medioevali tanto che, come scrisse Erasmo da Rotterdam, era più facile diventare tipografo che fornaio se non fosse stato per la spietata concorrenza. Si può ben comprendere come il documento riportato in Italia abbia un profondo valore intrinseco, storico, archivistico nonchè economico se si pensa che un incunabolo può arrivare a un valore d'asta di un milione di euro.

La storia della lettera potrebbe essere il soggetto di un film che iniziando dalla penna di Cristoforo Colombo di ritorno dalla scoperta del Nuovo Mondo si dipani nel tempo per finire sul mercato nero dell’arte e arrivare a quell’ignaro e ricchissimo collezionista texano dove è stata ritrovato il documento sottratto.

Il primo ciak parte necessariamente da Cristoforo Colombo erede della grande tradizione navale e commerciale delle Repubbliche marinare italiane che come tutti sappiamo si trasferisce in Portogallo. Qui, facendo il cartografo e sposando la figlia di un esperto navigatore, entra in contatto con la borghesia mercantile da cui ottiene importanti informazioni cartografiche, sulle correnti e sui venti atlantici. Tra le conoscenze e le leggende che circolavano all’epoca sull’oceano si forma l’idea che la rotta verso ovest permettesse di raggiungere i ricchi mercati delle Indie con un percorso più breve di quello intrapreso con successo nel 1488 da Vasco de Gama attraverso il Capo di Buona Speranza.

La consapevolezza che la terra fosse sferica nel medioevo era acclarata e Colombo basò i suoi calcoli sulla cartografia tolemaica definendo una distanza tra le Canarie e le Indie di 4400 km. Compì due errori fondamentali: sottostimare l’estensione della circonferenza terrestre di un quinto e sopravvalutare l’estensione est-ovest del continente euroasiatico. Fatto sta che il 14 ottobre del 1492 sbarcò sulle coste americane credendo di essere più o meno a un passo dalla foce del Gange e inaugurò l'inizio dell’era moderna

Il 14 febbraio 1493, il navigatore sta rientrando a bordo della Nina. Si trova al largo delle Azzorre portoghesi (nella lettera scriverà di trovarsi alle Canarie per non svelare la rotta di ritorno) quando decide di scrivere una lettera ai reali di Spagna, indirizzandola al tesoriere reale Luis de Santangel finanziatore dell’impresa: voleva anticipare i dettagli del suo viaggio ma soprattutto rassicurare i suoi investitori del buon esito dell'impresa. Possiamo immaginare l’entusiasmo generale: la lettera scritta in spagnolo fu subito tradotta in latino (lingua che permetteva la diffusione in tutta Europa, come oggi l’inglese) e il 29 aprile del 1493 stampata dal tipografo tedesco Stephan Plannck attivo a Roma in trenta copie in incunabolo dal titolo De insulis in mari indico nuper inventis, cioè "Sulle isole appena scoperte nel mare dell’India" (leggi qui).

È un documento prezioso non solo per il personaggio e per l’evento storico ma per alcuni elementi che permettono di comprendere i grandi cambiamenti che daranno vita al mondo moderno, per di più descritti dalla diretta esperienza di uno dei principali protagonisti: vi sono tracciate le linee di indirizzo socio-economico che determineranno i successivi rapporti coloniali, accenni antropologici ed etnologici con descrizioni dettagliate delle tribù (un sottogruppo degli Arawak), della flora e della fauna delle due isole battezzate Hispaniola (l’attuale Santo Domingo e Cuba). La lettera è, nei fatti, la prima testimonianza della storia americana: non a caso da sempre le lettere di Cristoforo Colombo sono ambite dai bibliofili con quotazioni da capogiro. Dissolvenza...

A questo punto la storia si collega ai giorni nostri. Il mercato statunitense dei rarissimi incunaboli di Colombo è, da tempo, oggetto di monitoraggio degli investigatori americani e italiani sia per la presunta presenza di numerosi falsi sia per la documentata trafugazione dalle collezioni italiane. Ecco che si arriva al nostro documento: la lettera del 14 febbraio 1493, otto pagine di incommensurabile importanza storico-bibliografica.

Nel 2012 comincia la caccia internazionale quando il Dipartimento di Giustizia americano riceve l’informazione che l’incunabolo conservato alla Biblioteca Riccardiana di Firenze è un falso e che l’originale si trova alla Biblioteca del Congresso di Washington con il timbro originale appositamente sbiancato. Gli americani informano i carabinieri italiani che risalgono anche alla sostituzione dell’incunabolo della Biblioteca Marciana scomparso nel nulla. Per la lettera di Firenze si pensa che lo scambio possa essere avvenuto nel 1950 ma le tracce riappaiono agli inquirenti nel 1988, poi nel 1990 con la vendita a un collezionista svizzero, nel 1992 va in asta a Christies con direzione New York dove è ceduto nel 2004 alla Biblioteca del Congresso. Nel 2016 il primo documento ritorna a Firenze con la speranza di recuperare anche quello trafugato a Venezia.

Prima che passino i titoli di coda di questa incredibile storia con i ringraziamenti dovuti a quanti hanno lavorato per anni sulle tracce del documento, l'ultima immagine va alla cerimonia di riconsegna al

Ministero della Cultura che ha definitivamente chiuso il cerchio sugli incunaboli scomparsi. Con una certezza dichiarata dal ministro Sangiuliano: il lavoro di recupero del nostro patrimonio storico artistico non si ferma qui.

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