Quando Verdone fece infuriare Dalla per "Borotalco"

Il cantautore venne chiamato per le musiche del film ma avvertì Carlo: "Se fa schifo ti faccio causa"

Quando Verdone fece infuriare Dalla per "Borotalco"
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Fluttua sereno costeggiando via del Muro Torto. Interiormente intona un motivetto, probabilmente destinato a diventare presto una nuova canzone. Fuori erompe una giornata assolata. Non c'è davvero motivo per evitare di sorridere. Poi però quella scritta gli entra nella coda dell'occhio. Anche perché è composta con caratteri cubitali. "Musiche di Lucio Dalla". Lui quasi trasale. Quattro parole gigantesche ed a salire "Un film di Carlo Verdone" scritto decisamente più piccolo. Poi il titolo, "Borotalco", in un font ancora minore. Lucio smarrisce l'aplomb felsineo. Non erano questi i patti. Decisamente no.

Quell'accordo cristallino: fare la colonna sonora del film

Quando scocca il 1982 Carlo Verdone si trova a fronteggiare una sfida intricata. Viene da "Un sacco bello" e "Bianco rosso e Verdone" e già replicare il successo delle due pellicole appare tutt'altro che scontato. Poi devi mettere in conto il fatto che adesso c'è bisogno di slegarsi dai classici personaggi, per non finire avviluppati in un ruolo ricorrente, anticamera della macchietta. "Borotalco" lo scrive con il naso rivolto all'insù. Deve essere leggero e vaporoso, come le nuvole che screziano quel blu, ma deve anche far riflettere. Se gli viene giù bene, come crede, può diventare l'istantanea lucida di quel primo assaggio di anni Ottanta. Le idee comunque sgorgano a manovella. C'è una trama convincente - Sergio Benvenuti e il suo alter ego Manuel Fantoni, da lui intepretati, reggono magnificamente lo schermo - e ci sono pure gli attori giusti. Angelo Infanti, Mario Brega, Eleonora Giorgi, Christian De Sica. Manca soltanto una colonna sonora all'altezza. Verdone telefona a Dalla, che all'inizio sembra far spallucce. Ci rimugina un pò. Poi però accetta: "Ti darò qualche canzone mia e faremo il resto con il mio gruppo, gli Stadio". Tutto parrebbe filare liscio. Prima di agganciare Lucio aggiunge: "Devi promettermi che sarà un bel film".

L'impuntata di Mario Cecchi Gori

Carlo comunque è convinto. Sa di aver fatto un buon lavoro, pensa che abbia un ritmo decisamente trottante e una trama credibile. L'accordo con Dalla però è chiaro. Prima di fare il suo nome, deve vedere il film in anteprima. Lo racconta lo stesso Verdone, nel corso di un evento pubblico, nel 2016: "Mi chiese di vederlo perché se avessi fatto una scemenza avrebbe tolto il suo nome" . Tutto liscio dunque? Nemmeno per idea. Perché Mario Cecchi Gori, produttore del film, freme. Vuole uscire con la notizia, ma alle sue condizioni. Quindi tappezza Roma - e non soltanto - di manifesti monumentali, conditi da quell'appariscente ammiccamento al cantautore. "Disse che sembrava più un film suo che mio e mi chiamò arrabbiatissimo", ricorda Verdone. Dalla è letteralmente furente. L'intemerata che lancia all'attore è tremenda: "Ti ho dato le musiche, ti ho dato tutto quanto, non si mette il nome così grande". Verdone prova a balbettare qualcosa. Gli dice che gli spiace un mucchio, ma l'ultima parola ce l'ha il produttore. Lucio però non sente ragioni e minaccia: "Io stasera vado a Bologna e mi guardo il film. Se fa c**are tolgo il nome e ti faccio causa".

Il responso e il lieto fine

Verdone si apposta in incognito alla prima romana del film. La proiettano al cinema Corso. Accanto a lui c'è lo sceneggiatore Enrico Oldoini. Se ne stanno appostati in un angolo, i due, desiderosi di catturare i giudizi del pubblico. Che prima affluisce al rilento, poi colma la sala. Sfilano le immagini della seducente Nadia, che è fan sfegatata proprio di Dalla. Si srotolano morbide e divertenti tutte le sequenze. E a fine spettacolo la gente è entusiasta. Molti dicono di essersi spanciati, di essersela goduta assai. Ma rilassarsi è impensabile. Incombe ancora il giudizio potenzialmente più dilaniante. Quello di Dalla. Carlo ha le palpitazioni. Se non gli piace viene giù un caos epocale. Fronte madida vicino alla cornetta. Che trilla, puntuale. Dall'altro lato del cavo una voce mutata, squillante. "Carletto mio, ma tu mi hai fatto un omaggio straordinario, è tutto un omaggio a me. L’ho visto per terra sdraiato, non c’era posto. Grande Carlo, scusame assai. Insomma il nome poteva essere un po’ più piccolo ma bene così, grande film, grande film".

Verdone può concedersi un sospiro di sollievo.

Il film è salvo, le musiche pure e non ci saranno viaggetti in tribunale. Borotalco diventerà un successo che fende le generazioni. Intatto anche oggi, a quarant'anni di distanza. Grazie alle intuizioni di Carlo, al talento di Lucio e anche a quella mezza lite evaporata sui titoli di coda.

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