Delirio femminista anti occidentale: "Mettere in discussione la riproduzione della bianchezza"

A Milano le transfemministe tornano in piazza a sostegno della Palestina e accusano l'Occidente: "Il sistema in cui viviamo si regge su guerra, colonialismo e supremazia bianca"

Delirio femminista anti occidentale: "Mettere in discussione la riproduzione della bianchezza"
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In nome dell'ideologia, le transfemministe dimenticano tutto. Anche il fatto che in Palestina i diritti Lgbt siano letteralmente calpestati. Ma chi se ne frega: domani le suddette attiviste torneranno a sfilare proprio per solidarizzare con Gaza, convinte che quel loro gesto abbia a che fare con la lotta al patriarcato e con l'emancipazione. "Essere in piazza con le palestinesi e per la Palestina libera è parte di un percorso che faccia in modo che termini come decolonizzazione e intersezionalità non siano parole vuote, ma pratiche politiche attraverso cui mettere in discussione la riproduzione della bianchezza", si legge nel comunicato del movimento Non una di meno con cui viene annunciata la mobilitazione di domani a Milano.

Il fatto che a manifestare saranno in maggioranza persone dalla pelle bianca, nate in Occidente e quindi libere di poter esprimere la loro identità, è solo un dettaglio. Uno dei tanti paradossi del progressismo militante. Per l'ultra-sinistra in preda agli eterni sensi di colpa, infatti, quelli in difetto siamo sempre noi. "La nostra presa di posizione femminista e transfemminista è contro il genocidio compiuto dallo Stato di Israele, perché vediamo una continuità tra genocidio e femminicidi, lesbicidi e transicidi", hanno già attaccato le attiviste di Non una di meno, secondo le quali "Israele è un progetto coloniale e genocida".

"Il sistema in cui viviamo si regge su guerra, colonialismo e supremazia bianca", prosegue il delirante comunicato di lancio della manifestazione milanese. Poi il capolavoro di ideologia e di ipocrisia: "La guerra colpisce con forza le donne e le persone Lgbtiaq+, esposte non solo alla violenza delle armi, ma anche a quella patriarcale che trova nella guerra una legittimazione ancora più forte". Nessun cenno però all'estremismo di Hamas e al fatto che in Palestina la comunità omosessuale sia colpita da gravi pregiudizi e da una persecuzione che ha spinto molti palestinesi gay bisessuali e transgender a rifuguarsi in Israele, dove invece i diritti arcobaleno sono riconosciuti e rispettati.

"La solidarietà ai palestinesi passa, anche, dall'opposizione alle politiche occidentali che rendono possibile e legittimano il genocidio e l'apartheid, e dalla denuncia della strumentalizzazione dei corpi e delle vite di donne e persone queer", sostengono le transfemministe. E ancora: "Colonialismo, capitalismo, razzismo e patriarcato sono sistemi intrecciati che si nutrono a vicenda e che riproducono confini e gerarchie che rendono solo alcune vite degne di essere vissute".

Solo nella parte finale del comunicato, le attiviste esprimono vicinanza alle "femministe iraniane e curde che sostengono la lotta delle palestinesi e si oppongono alla strumentalizzazione di questa lotta da parte dei regimi patriarcali che le opprimono".

Intanto, però, domani sfileranno con lo striscione "Queer for Palestine". E non con quello per chiedere la liberazione della Palestina da Hamas.

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