
Negli ultimi anni, quando si parla di smaltimento dei rifiuti, la parola d'ordine è diventata "riciclo": tra vetro, metalli, carta e plastica sono tanti i materiali che è possibile recuperare per evitare sprechi, ma quando si parla di elettrodomestici arrivati a fine vita, o di dispositivi elettronici di vario genere, c'è da considerare il fatto che gettandoli via si sta buttando anche il piccolo tesoro contenuto in ognuno di essi.
Computer, laptop, tablet, smartphone e televisori, così come lavatrici o frigoriferi, solo per citare alcuni degli elettrodomestici più diffusi, hanno al loro interno delle componenti realizzate con metalli preziosi come argento, oro o platino, particolarmente adatti a favorire la conduzione elettrica. Se si recuperassero questi materiali da ogni singolo dispositivo elettronico destinato allo smaltimento sarebbe possibile mettere insieme cifre decisamente ragguardevoli.
Il problema principale è sempre stato rappresentato dalla tecnologia e dalle operazioni necessarie per provvedere al recupero, complesse e dispendiose: il progresso, tuttavia, ha portato gli scienziati a ideare un procedimento molto rapido ed efficace, che potrebbe segnare una svolta significativa in questo specifico ambito. Come detto, si tratta di un mondo vasto, dal momento che, stando a quanto riferito nel report "Global E-waste Monitor 2024" realizzato per conto dell'Onu, nel 2022 a livello globale sono stati prodotti ben 62 miliardi di chilogrammi di rifiuti elettronici, e neppure un quarto di questi (si parla appena del 22,3%) è stato riciclato.
Tutti gli apparecchi elettronici contengono tracce di metalli di valore, ma secondo un recente studio dell'ETH di Zurigo, ce n'è uno in particolar modo prezioso, dato che contiene tracce di oro purissimo a 22 carati: si tratta delle schede madri dei personal computer. Per comprendere quale può essere il peso economico di un riciclo mirato, ci viene incontro un report pubblicato su Advanced Materials: recuperando il metallo prezioso da sole 20 motherboards, infatti, è stata realizzata una pepita d'oro del peso di 400 mg, del valore di circa 33 dollari. Difficile pensare a quale valore si potrebbe raggiungere mettendo insieme il 100% dei materiali recuperati nei 62 miliardi di chilogrammi di rifiuti elettronici prodotti in un anno, ma sarebbe di certo una cifra strabiliante.
Come anticipato, l'ostacolo maggiore sono sempre stati i grandi costi dell'estrazione, ma al giorno d'oggi questo problema sembra superato. Il politecnico federale di Zurigo, ETH, ha ideato un sistema innovativo realizzando una sorta di spugna di nanofibre proteiche in grado di catalizzare gli ioni d'oro partendo da un semplice sottoprodotto dell'industria del latte, ovvero il siero. Il primo passo è quello della ionizzazione, che si realizza con la fusione delle parti metalliche dei dispositivi elettronici, poi arriva l'assorbimento grazie alla "spugna" che riesce e trattenere solo gli ioni d'oro e infine la fusione in piccoli lingotti del metallo prezioso raccolto.
Rispetto al passato, i passi in avanti sono evidenti: ad oggi, grazie a questo progresso, ogni dollaro investito nell'attività di recupero precedente lo smaltimento ne può far guadagnare addirittura 50, un ulteriore forte incentivo per procedere col riciclo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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