Ilva verso il fallimento, poi la ripartenza

Atteso per il 27 febbraio il verdetto del tribunale: solo dopo il prestito ponte da 320 milioni di euro. Resta il nodo della manutenzione

Ilva verso il fallimento, poi la ripartenza
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Una settimana per poter iniettare liquidità all’ex Ilva. Tanto dovrà ancora resistere l’azienda siderurgica allo stremo delle forze che, per la prima volta nella sua storia, sta vivendo 24 ore senza attività. L’unico altoforno rimasto (Afo 4) è stato bloccato oggi, 21 febbraio, per manutenzione e anche se si tratta di una fermata programmata definisce lo stato degli impianti e della produzione.
Secondo quanto risulta al Il Giornale la svolta necessita ancora di tempo: il 27 febbraio il tribunale di Milano dovrebbe certificare lo stato di insolvenza dell’azienda e permettere così l’avvio fattuale dell’amministrazione straordinaria e, quindi, il versamento del prestito ponte da 320 milioni. «Capitali attesissimi perché in azienda non ci sono più materie prime, né componenti», spiega una fonte che denuncia «non abbiamo neanche più le viti per la minima manutenzione».
Intanto, il neo commissario Giancarlo Quaranta prepara il terreno d’azione e ieri, insieme ad Alessandro Danovi, commissario straordinario di Ilva Spa, è stato al ministero delle Imprese per una serie di incontri con lo staff del ministero e con il ministro Adolfo Urso. Nel vertice Quaranta avrebbe richiesto a Urso l’estensione dell’amministrazione straordinaria a tutte le società operative del gruppo: quindi ad Adi Energia e ad Adi Servizi Marittimi. Urso, da parte sua, ha invitato il commissario a convocare rapidamente i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e delle associazioni dell’indotto dell’ex Ilva «per ricucire i rapporti sociali che finora sono mancati, fondamentali per l’immediato rilancio produttivo della società». Urso avrebbe inoltre posto l’accento sulla valorizzazione dei rapporti con le imprese infragruppo, con particolare evidenza su Sanac, «azienda in salute che oggi versa in una condizione di crisi determinata unicamente dalla cesura delle relazioni con Acciaierie d’Italia». In generale le parti sembrano fare quadrato intorno al commissario e ieri l’Ugl Metalmeccanici si è detta «pronta a collaborare». Mentre l’indotto di Taranto sottolinea che «la ripresa produttiva dello stabilimento siderurgico di Taranto potrà avvenire solo quando sarà risolta la vertenza che riguarda le imprese dell’appalto che non intendono assistere impassibili al loro fallimento che sarà decretato non solo dai cavilli burocratici che si stanno frapponendo alla risoluzione della controversia», sottolinea l’associazione delle imprese dell’indotto (Aigi), affermando che «in queste ore altre aziende sarebbero state contattate per eseguire ordini in capo all’appalto storico».
Al termine di un’assemblea, Aigi ha chiesto che «il governo convochi al più presto un incontro con Sace, istituti bancari e di factoring al fine di comprendere le modalità con le quali le imprese potranno cedere i propri crediti ottenendo subito liquidità».
Acciaierie d’Italia (Ex Ilva), stando alle dichiarazioni del management, è schiacciata da circa 700 milioni di debiti, che da tempo rendono difficile mandare avanti l’attività degli altoforni e pagare i fornitori dell’indotto. Un due diligence che avverrà nelle prossime settimane potrebbe poi svelare ulteriori esposizioni.


Prosegue infine il braccio di ferro con il socio privato e con l’ex ad Lucia Morselli che ieri, in una lettera al commissario, ha ventilato «l’esproprio» parlando di «spossessamento» aziendale in seguito all'avvio della amministrazione straordinaria dell’azienda di cui il Arcelor Mittal aveva il 62 percento.

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