Basta qualche rata in sospeso e l’azienda finisce in ginocchio

nostro inviato a Cavaria (Va)

La tensione si scioglie in quella manata gentile, al rallentatore, che sfiora appena la scrivania. E in una lacrima trattenuta a stento. «Abbiamo ancora due mesi e mezzo per salvarci!». Ha gli occhi grigio-azzurri gonfi di commozione, Battista Rossi, cinquantottenne imprenditore in giacca a vento lisa, senza Ferrari né motoscafo Riva, «ma soltanto una roulotte vecchia di dieci anni, che è la nostra villa di vacanza».
Sono le 10 del mattino, quando finisce l’incubo dei sigilli. La Leasint, società di leasing del gruppo Intesa, voleva metterli a quel bestione di macchinario made in Spain che dà vita - di più: il senso stesso della vita - a questo piccolo imprenditore varesino, alla sua famiglia e ai cinque dipendenti che lavorano con lui dalla mattina alla sera. Fatto sta che all’ora di scadenza gli avvocati “di città” non si vedono e l’ufficiale giudiziario, Angela Lamarca, verga il rinvio «al 27 aprile prossimo». Non lo fa vedere, ma in fondo sembra anche lei sollevata.
Diciamolo: sarebbe stata una follia. Diciamolo di più: un vero delitto. La società Eredi Rossi, gioiellino della meccanica di precisione per conto terzi in quel di Cavaria, paesone lombardo dove ogni uscio è un’impresa e ogni camino una ciminiera, era già da due anni una vittima incolpevole. Di una crisi prima locale, partita da vicino, da un cliente che l’aveva lasciata con un pesante credito insoluto; e poi di quella follia cartacea, originata dall’America e dai suoi bulimici vertici bancari, che ha finito per travolgere le economie di tutto il mondo. Le economie reali, quelle del lavoro ben fatto, quelle tenute su proprio da gente come il Rossi - «vogliono metterci tutti in ginocchio? Almeno ce lo vengano a dire chiaro», si sfoga - la cui colpa sarebbe quella di aver pagato “solo” il 75% delle rate di leasing. Per quel 25% in ritardo avrebbe dovuto chiudere, fallire, licenziare. Questo almeno in base a una logica a dir poco ottusa, da barzelletta, se la questione non fosse invece terribilmente seria. La stessa logica di quel tale che si tagliò gli attributi per far dispetto alla moglie. Perché senza più quel macchinario dal quale Battista e i figli Alberto e Ferdinando, 28 e 21 anni, sanno tirar fuori pezzi speciali e di ultra precisione che vanno dal mezzo chilo alle 10 tonnellate, chi avrebbe poi potuto pagare il 25% mancante? Apparentemente più accorti (sappiamo che l’umanità negli affari è un lusso) i vertici di Ing Lease, che pare abbiano scelto di liberare la Eredi Rossi dall’incubo dei sigilli all’immobile aziendale, per il quale l’impresa deve ancora saldare il 20% delle rate.
Si commuove ancora, l’imprenditore varesino, guardando orgoglioso quei due figli che gli stanno a fianco dando tutto, ma senza chiedere nulla. E si asciuga gli occhi mostrando la vecchia stalla (ora è un salottino della loro casa, data come tutto il resto in garanzia alle banche) dalla quale papà Egidio, nel ’54, aveva sloggiato le mucche per metterci dentro le prime macchine fresatrici. «Poi lui è morto che io avevo appena 23 anni. Ma erano altri tempi: i clienti mi seguirono sulla fiducia. E così la banca, dove ero andato insieme alla mamma, dopo i funerali. Fido rinnovato con un abbraccio e una stretta di mano, del resto ero o no il figlio dell’Egidio? Allora funzionava così».
Altro che adesso, sembra voler dire con lo sguardo rivolto al cielo, quando solo gliele nomini, «quelle lì», ovvero le banche. E ti racconta le cifre del declino: nel 2007 un fatturato di un milione di euro, sceso nel 2008 ad appena 400mila e nell’annus horribilis appena trascorso a soli 250mila. «Se non fosse per la fiducia di chi sa chi sono e chiude un occhio su un insoluto, dandomi ancora i materiali... Beh potrei dire di essermi ritrovato messo al bando. Come tanti altri, ho scoperto di avere una situazione bancaria disastrosa. Perché? Perché è così, perché negli anni buoni non ci pensi, perché non fai che lavorare a testa bassa e andare avanti. Purtroppo è soltanto quando hai l’acqua alla gola che ti svegli, che apri gli occhi e vai a guardare. Ma spesso è tardi», spiega agitando le mani forti, quasi tatuate da mille micro-cicatrici, ricordi indelebili lasciatigli dagli sfrisi metallici volanti sputati fuori dalle vecchie macchine quando faceva il garzone nell’officina di papà.
Calcolatrice alla mano capisci come anche un’aziendina così - e ce ne sono tante - possa accumulare senza accorgersene debiti da centinaia di migliaia di euro tra tassi di usura e anatocismo (interessi sugli interessi). È il conto della serva: a un tasso sui fidi del 10% (e ci sarebbe già da discutere) basta aggiungere le commissioni di massimo scoperto del 2%, però al trimestre, il che fa un altro 8% annuo; poi la commissione di utilizzo (tra 1 e 2%) e il 4% di extrafido. Fatta la somma? Sfiora il 25%, mandandoti in debito d’ossigeno.

Ma per il Rossi, per i tanti come lui e per i loro dipendenti, non si scomodano né telecamere di Santoro, né ministri, né presidenti del Senato. «Forse abbiamo una colpa - sorride amaro Battista -. Noi non saliamo mai sui tetti».

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