La criminologa Bruzzone: "L'identikit di un violento: quei piccoli segnali a cui fare caso"

Nella Giornata contro la violenza sulle donne, l'esperta spiega perché alcune donne scambiano la violenza per segnale di interesse

La criminologa Bruzzone: "L'identikit di un violento: quei piccoli segnali a cui fare caso"

Sono 87 le donne uccise nell’ambito familiare e affettivo dall’inizio dell’anno in Italia: oltre la metà sono morte per mano del partner o ex. Tra gli omicidi all'interno delle coppie negli ultimi vent'anni, 88 volte su 100 è stato lui a uccidere lei. Il fenomeno non risparmia nessuna regione, cambiano le circostanze, l’estrazione sociale e l’età: la vittima più giovane aveva 13 anni mentre la più anziana 95. Tutte hanno un aspetto tragico in comune: sono state uccise da chi le avrebbe dovute amare ma invece ha messo fine alla loro vita. La violenza può assumere tante forme, alcuni casi emergono solo quando sfociano in femminicidio. Molti rimangono sommersi e a volte i segnali non vengono neanche riconosciuti. Le leggi ci sono, l’ultimo DDL è stato appena approvato con un focus sulla prevenzione, ma per cambiare la cultura c’è ancora tanta strada da fare, basta guardare al passato per capire. In Italia il delitto d’onore è stato abolito nel 1981, insieme al matrimonio riparatore (sebbene fosse stato superato da varie sentenze).

Dalla notte dei tempi, la cultura patriarcale attribuiva un ruolo minoritario alla donna che a sua volta lo interiorizzava, spesso inconsapevolmente. Su questo terreno, non così lontano, attecchisce più facilmente la violenza, la prevaricazione e il possesso. In Italia il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subìto, nel corso della propria vita, una forma di violenza fisica o sessuale. In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne che si celebra oggi, 25 novembre, la criminologa, Roberta Bruzzone, descrive i tratti della violenza. La gelosia, il controllo e l’isolamento, sono tanti i segnali che indicano una relazione non paritaria che limita la libertà e i diritti. Le donne vittima di violenza economica (essere disoccupata è un fattore di rischio), psicologica, fisica o digitale, non sempre però la riconoscono subito come tale. Infine c’è un aspetto che complica il riconoscimento degli uomini violenti: non si presentano come "mostri" ma più spesso sono normali. Da psicologa clinica e forense, di casi ne ha visti tanti, dentro e fuori le aule dei tribunali, ciò che può fare la differenza è la tempestività nel riconoscere i segnali e soprattutto non aspettare.

Ci sono dei tratti che accomunano gli uomini violenti?

“La maggior parte di questi soggetti è invisibile socialmente, cioè non ha una storia psichiatrica conclamata alle spalle o precedenti penali specifici. Questo complica le cose, perché la parte aggressiva, violenta e maltrattante emerge soltanto all’interno della relazione. Ed emerge in un momento della relazione in cui la vittima è stata ormai agganciata a livello affettivo, spesso e volentieri anche manipolata. Per questo è fondamentale imparare a riconoscere precocemente degli aspetti legati a relazioni disfunzionali, quindi incentrati sul controllo, su una gelosia eccessiva e su un’istanza progressiva che limita la vita della vittima o futura vittima”.

Dal punto di vista socio-culturale ci sono differenze?

“Dal punto di vista sociale gli indicatori sono abbastanza variegati. La violenza è presente in qualunque fascia d'età, tra i giovanissimi e quelli meno giovani, in qualunque fascia lavorativa, anagrafica e in qualunque regione. Dal punto di vista socio-culturale, quindi, non ci sono elementi chiaramente identificabili sotto questo aspetto. Inoltre, l'alto livello socio-culturale non è un fattore di protezione, purtroppo, perché anche in quel tipo di contenitore, la violenza è presente”.

Quindi all’esterno potrebbero essere ritenute delle persone stimabili?

“Proprio così, fuori dal perimetro domestico spesso e volentieri si comportano in maniera ineccepibile. Sono considerati anche degli abili manipolatori. Non è casuale che nella maggior parte dei casi, le persone che conoscono questi soggetti sono quelle maggiormente sorprese del tipo di evoluzione. Infatti, fuori da quel perimetro si manifestano in maniera assolutamente normale, proprio perché sono abili a manipolare. La parte peggiore di sé, la componente più perversa, quella più distruttiva, la mostrano solo all'interno delle relazioni. Fuori da quell'ambito è difficile che abbiano manifestamente dei comportamenti aggressivi anche perché sanno che non sarebbero tollerati”.

Nella tua lunga esperienza, hai seguito tantissimi casi. Negli ultimi anni, hai visto delle tendenze, per esempio tra i più giovani?

“Quello che è emerso in maniera abbastanza chiara è che in questi anni c'è stata una ulteriore riduzione dell'autostima delle ragazze. La generazione Z, quindi i ragazzi che oggi hanno dai 15 ai 26 anni circa, registrano la più bassa autostima degli ultimi 60 anni come valutazioni, quindi evidentemente stiamo peggiorando nella condizione femminile”.

Cosa sta succedendo?

“La maggior parte di queste ragazze è stata educata a pensare solo nella misura in cui è ritenuta accettabile o desiderabile dall'uomo. Quindi sono completamente sbilanciate sotto questo profilo”.

Abbiamo fatto un passo indietro culturalmente?

“Assolutamente sì. Le battaglie degli anni Settanta sembrano essere ormai gravitanti nel vuoto. La generazione Z è messa malissimo come figure femminili. È anche vero che purtroppo a livello di modelli genitoriali e di modelli educativi, ancora oggi si tende a discriminare moltissimo le figlie femmine rispetto ai maschi. Tutti quelli che sono i principali stereotipi di genere sono ancora assolutamente praticati oggi in maniera diffusissima”.

E i social che ruolo hanno?

“Di amplificatore delle problematiche. Anziché aiutare le donne a emanciparsi, le stanno costringendo sempre di più all'interno di quel modello secondo cui se non sei sessualmente appetibile, non esisti”.

E la famiglia?

“La verità è che la violenza in famiglia e in generale la violenza sulle donne è un fenomeno largamente tollerato nel nostro Paese. È tollerato sia dal punto di vista educativo, sia dal punto di vista valoriale, in quanto il presupposto patriarcale principale è che gli uomini siano superiori alle donne, quindi una donna non può osare sfidare l'autorità di un uomo, sia esso suo padre, suo compagno, suo marito, suo fratello o quant'altro. Ancora oggi, in questo Paese, che ama definirsi civile ma evidentemente non lo è ancora granché, questa cultura è presente e rappresenta una problematica enorme. L'aggressività verbale nei confronti di donne che hanno sfidato questi stereotipi è enorme, vengono svalutate, per lo più dal punto di vista sessuale”.

Quali sono i comportamenti più diffusi che spesso vengono confusi per normalità?

“Per esempio la maggior parte delle donne confonde pericolosamente, anzi spaccia pericolosamente la gelosia possessiva, quella controllante, quella asfittica, per un segno di interesse. Facendo molta attività nelle scuole per prevenire, mi è capitato di vedere ragazze, molto giovani, essere convinte che se il ragazzo in qualche modo le picchia, lo fa perché è particolarmente interessato a loro. In altre parole, l'amore esasperato per loro, lo porterebbe a usare la violenza. Moltissime ragazze sono disponibili ad accettare delle limitazioni nella loro sfera della libertà personale e nell'ambito delle sfere di frequentazione se questo serve a mantenere il rapporto con il fidanzato”.

Anche il controllo del telefono non è sano ma spesso viene ritenuto innocuo

“Moltissime ragazze sono disponibili a cedere le password dei loro cellulari, dei loro profili social, se questo serve a mantenere il rapporto in essere. Questo non solo non è una cosa sana ma è uno dei primi indicatori che davanti hai una persona squilibrata. Infatti, una persona sana non ha bisogno di controllare in maniera serrata chi ha di fianco. Si tratta, quindi, già di un segnale chiarissimo che c'è qualcosa che non va in quella persona. Molte ragazze spacciano quelle richieste, atteggiamenti e condotte come segnale di interesse. Significa che evidentemente in casa ancora adesso ricevono quel tipo di messaggio, cioè che se un uomo tiene a te, ti controlla, anziché il contrario”.

Gli uomini violenti fanno leva più facilmente su situazioni di fragilità?

“Tutti noi nella vita possiamo attraversare un momento di fragilità. Anche chi ha l'armatura più solida può ammaccarsela per tanti accadimenti, quindi non siamo sempre forti nello stesso modo, nella stessa misura. Ci può essere qualcosa che ci mette in discussione e in quel momento bisogna fare molta attenzione, perché questa tipologia di soggetti fiuta l’emorragia emotiva, la sofferenza”.

Che messaggio vuoi mandare alle donne?

“Carissime donne,

questo tipo di uomini non potete curarli e non potete salvarli, voi potete solo salvare voi stesse. E quando qualcuno mostra esattamente di che pasta è fatto, è bene credergli e allontanarsi subito”.

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