Hikikomori è una parola giapponese entrata a far parte del nostro linguaggio quotidiano. Sta ad indicare un fenomeno sociale che interessa ragazzi e giovani adulti (in particolar modo individui di età compresa fra i 15 e i 39 anni) i quali decidono volontariamente di prendere le distanze dalla vita sociale e di recludersi in casa. Non a caso il termine deriva dal verbo hiku, ovvero "tirare indietro" e komoru, ossia "ritirarsi".
Attualmente il problema non è stato ancora inquadrato ufficialmente dal Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), tuttavia i casi sono in costante aumento. In Giappone interessa almeno l'1,2% della popolazione. In Italia, invece, si stima che siano 54mila i soggetti che potenzialmente potrebbero soffrirne, complice anche la pandemia di coronavirus che ha turbato non poco la psiche di tante persone.
Hikikomori, un po' di storia
Il primo caso associabile al fenomeno hikikomori fu identificato in Giappone nel 1978 dallo studioso Yoshimi Kasahara nell'ambito di un'analisi riguardante le varie tipologie di isolamento giovanile. Kasahara lo definì una "neurosi da ritiro". Fu poi lo psichiatra Tamaki Saito che nel 1998 coniò per la prima volta il termine per descrivere le molte persone che vivevano in uno stato di claustrofobico isolamento.
Alla fine degli anni '90, infatti, nel Sol Levante i casi hikikomori erano assai numerosi, complice il periodo di tracollo economico che aveva mandato in fumo i sogni e le aspettative di molti ragazzi. Questi ultimi, a causa del cocente senso di vergogna, iniziarono ad isolarsi e a vivere da reclusi nelle proprie quattro mura.
Con il passare del tempo le ricerche sociologiche sulla problematica si sono intensificate e nel 2010 la parola è entrata a far parte dell'Oxford English Dictionary. Di pari passo è aumentata la consapevolezza circa il disturbo e la sua diffusione capillare in tutto il mondo.
Hikikomori, le cause
Le cause del fenomeno hikikomori non sono ancora note con esattezza, tuttavia diversi studi hanno evidenziato come esso spesso insorga in seguito ad esperienze traumatiche di sconfitta. Si pensi, ad esempio, al fallimento di un progetto lavorativo o al mancato superamento di un esame importante. L'intenso senso di vergogna induce chi lo sperimenta a prendere le distanze dalla vita reale e a rifugiarsi in un mondo virtuale fatto di giochi online e social.
Ma chi reagisce in questo modo ad insuccesso? Gli hikikomori sono quasi sempre persone con una scarsa autostima cresciute con genitori iperprotettivi o estremamente esigenti. Le pressioni dell'ambiente familiare generano aspettative e continua tensione. Secondo recenti ricerche la problematica potrebbe essere altresì legata a doppio filo con l'agoragobia, con l'ansia e con la depressione.
Identikit dell'hikikomori
Il fenomeno hikikomori, come già detto, esordisce durante l'adolescenza o la prima età adulta. A soffrirne sono soggetti molto intelligenti, sensibili e introversi. In un primo momento essi iniziano a rifiutare attività extra scolastiche o extra lavorative. Con il passare del tempo ad essere annullata è qualsiasi interazione sociale dal vivo. L'unica connessione con il mondo è quella che avviene attraverso la tecnologia.
Gli hikikomori interiorizzano una visione negativa della società che si manifesta con sensazioni di demotivazione e inadeguatezza. Tre sono i criteri che definiscono il disturbo:
- Isolamento sociale nella propria abitazione;
- Isolamento sociale che dura da almeno sei mesi;
- Disagio associato all'isolamento sociale.
Le conseguenze si ripercuotono negativamente sul ritmo sonno-veglia, sull'alimentazione e sull'attività fisica. Non è rara l'insorgenza di depressione e disturbi di ansia.
Hikikomori, la terapia
Prima di parlare di hikikomori si deve escludere che il paziente sia affetto da malattie psichiatriche come la fobia sociale e la schizofrenia. Fugato ogni sospetto, l'unico mezzo in grado di rompere l'isolamento sociale è la psicoterapia.
Il percorso psicoterapeutico deve essere intrapreso anche dai familiari che devono imparare a rapportarsi con chi vive il disturbo con un atteggiamento non
giudicante.Qualora al fenomeno si associ anche uno stato depressivo è indispensabile intervenire con un supporto farmacologico che, ricordiamo, deve essere prescritto da uno specialista, psichiatra o neurologo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.