Depressione, scoperto il ruolo di una cellula immunitaria intestinale

Gli scienziati non escludono la possibilità in futuro di mettere a punto nuovi approcci per prevenire e trattare i sintomi del male di vivere

Depressione, scoperto il ruolo di una cellula immunitaria intestinale

La depressione è una patologia psichiatrica caratterizzata dalla costante presenza di umore triste e vuoto. Ad esso si associa altresì una sintomatologia fisica e cognitiva anche marcata. Sono manifestazioni fisiche del disturbo i dolori muscolari e articolari, la tachicardia, le algie addominali, la nausea. Più complessi, invece, i sintomi cognitivi tra cui rientrano le problematiche di memoria, di concentrazione, la bassa autostima e la presenza di sensi di colpa immotivati.

Purtroppo il male di vivere colpisce sempre più persone. Secondo le statistiche in Italia interessa il 10-15% della popolazione, in particolar modo il sesso femminile. Il termine depressione è tuttavia molto generico. Da un punto di vista medico si distinguono diverse tipologie:

Convivere con questa malattia non è semplice. La ricerca scientifica si pone l'obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti. Di recente gli studiosi dell'Università di Oxford hanno scoperto che le statine, farmaci comunemente usati per abbassare il colesterolo, influenzano il cosiddetto pregiudizio emotivo, un marker per il rischio di depressione. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

Le cause della depressione

I fattori che incidono sull'insorgenza della depressione sono tre:

  • Fattori biologici - il disturbo spesso è la conseguenza di alterazioni a carico degli ormoni, del sistema immunitario e dei neurotrasmettitori. Negli ultimi anni si è focalizzata l'attenzione sul deficit di serotonina, il cosiddetto ormone del benessere;
  • Fattori genetici - i familiari di primo grado di soggetti affetti dalla patologia hanno una probabilità di soffrire della stessa da due a quattro volte maggiore rispetto agli altri individui;
  • Fattori sociali e psicologici - alcune situazioni possono spianare la strada alla malattia. Tra queste i lutti, le separazioni, i conflitti familiari, i cambiamenti di lavoro, di città e di amicizie.

Gli scienziati dell'Okinawa Institute of Science Technology hanno scoperto che il gene Tob è in grado di ridurre la depressione, l'ansia e la paura. Questo gene, descritto per la prima volta nel 1996 nell'ex laboratorio del professor Tadashi Yamamoto, ha avuto un ruolo anche nel cancro, nella regolazione del ciclo cellulare e nella risposta immunitaria dell'organismo. Ne abbiamo parlato in questo articolo.

La depressione e le cellule immunitarie intestinali

Gli scienziati della Johns Hopkins Medicine hanno scoperto una particolare cellula immunitaria intestinale che influisce sul microbiota intestinale. Quest'ultimo, a sua volta, può interagire con le funzioni cerebrali legate a disturbi indotti dallo stress come la depressione. Modificare tali cellule immunitarie intestinali mediante farmaci o altre terapie potrebbe portare alla nascita di nuove metodologie per la cura del male di vivere. Lo studio, guidato dal professore di psichiatria e scienze comportamentali Atsushi Kamiya, è stato pubblicato su Nature Immunology.

Precedentemente la capacità delle cellule T gamma delta intestinali di modificare le risposte psicologiche allo stress era stata sottovalutata. Allo stesso modo non si era riconosciuta l'importanza di un recettore proteico chiamato dectina-1 e individuato sulla superficie delle cellule immunitarie, come potenziale bersaglio terapeutico dei comportamenti scatenati dallo stress, tra cui la depressione. La dectina-1 si lega a determinati antigeni al fine di segnalare alle cellule immunitarie di attivarsi in modi specifici. I ricercatori ritengono che questo recettore possa essere coinvolto nell'alterazione del microbiota e nelle risposte immuno-infiammatorie nel colon dei topi.

Sulla base di precedenti indagini secondo cui le risposte infiammatorie immunitarie nell'intestino sono correlate alla depressione, Kamiya e il suo team hanno progettato esperimenti per comprendere meglio le conseguenze dello squilibrio del microbiota intestinale.

Lo studio

A tal proposito gli scienziati hanno esaminato gli effetti dello stress cronico da sconfitta sociale sul microbiota intestinale dei roditori, simulando potenziali ambienti che inducono sovraffaticamento. Dopo ogni esposizione gli animali sono stati classificati come resistenti allo stress o sensibili allo stesso. In seguito dall'analisi dei campioni fecali è emerso che il microbiota intestinale dei topi sensibili allo stress era meno diversificato, in particolare vi era una presenza nettamente ridotta del probiotico Lactobacillus johnsonii.

Gli studiosi hanno altresì scoperto che lo stress ha incrementato il numero di cellule T gamma delta, responsabili a loro volta del comportamento depressivo (per la precisione evitamento sociale) degli animali. Tuttavia, in seguito alla somministrazione di Lactobacillus johnsonii l'atteggiamento evitante si è ridimensionato così come la quantità di cellule T gamma delta.

Al fine di cercare potenziali approcci naturali per prevenire la depressione, il team ha valutato i cambiamenti della dectina-1 in seguito alla somministrazione di pachimano, un componente estratto dai funghi selvatici e utilizzato dalla medicina orientale come trattamento del male di vivere. Dall'indagine è emerso che la dectina-1 si lega al pachimano, inibendo l'attività delle cellule T gamma delta indotte dallo stress cronico da sconfitta sociale.

I risultati sull'uomo

Per capire se le alterazioni del microbiota intestinale hanno un impatto sul cervello umano, i ricercatori hanno studiato la composizione degli organismi intestinali nelle persone affette da disturbo depressivo maggiore. Da giugno 2017 a settembre 2020, 66 individui di età pari o superiore a 20 anni sono stati reclutati presso l'ospedale Showa University Karasuyama, presso il nosocomio universitario Keio e presso l'ospedale Komagino di Tokyo. Dei partecipanti, 32 soffrivano di disturbo depressivo maggiore (17 donne e 15 uomini). I restanti 34 erano sani (18 donne e 16 uomini).

L'analisi genetica dei campioni fecali non ha mostrato alcuna differenza nella diversità batterica tra i soggetti con disturbo depressivo maggiore e il gruppo di controllo.

Tuttavia si è giunti alla conclusione che una presenza più cospicua di Lactobacillus johnsonii è associata a un minor rischio di ansia e di depressione. Servono ora ulteriori approfondimenti. I ricercatori non escludono la possibilità di mettere a punto in futuro nuovi approcci per prevenire e trattare i sintomi del male di vivere.

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