Roma - Non contempla la sconfitta, ci mancherebbe. D’altronde, non è «abituato a fare pronostici» su ipotesi «che non sono possibili». In ogni caso, un’eventuale débâcle alle Regionali «non cambierebbe nulla», nessuna incognita a livello nazionale, «perché abbiamo avuto un mandato per una legislatura e governeremo per tutti i 5 anni». La premessa di Silvio Berlusconi, utile per rassicurare e motivare il popolo del centrodestra, arriva dopo pranzo, su Sky Tg 24, nel mezzo della maratona finale su radio e tv per scacciare magari quello spettro astensionismo che «ha sempre premiato la sinistra». Pur se assicura di non temerlo, avendo «fiducia nel buonsenso degli italiani». Detto questo, ci tiene ad avvertire: «Il diritto di votare è sacrosanto, ma votare è anche un dovere. Chi sceglie però di non recarsi si seggi, non può poi lamentarsi di quello che succede».
Il Cavaliere mostra comunque ottimismo. E a ridosso del silenzio mediatico pre-elettorale, rilancia l’obiettivo: «Ogni regione conquistata in più rispetto a quelle amministrate oggi», ovvero due su tredici, «sarebbe un successo». Anche se «la vera vittoria sarebbe quella di avere la maggioranza dei cittadini amministrata da noi». Nell’attesa, torna a denunciare la «grande ingiustizia» che ha portato all’esclusione della lista del Pdl a Roma e provincia. «Nessun caos liste», dunque, ed è «allucinante che la sinistra abbia dimostrato la sua antidemocraticità, battendosi affinché noi restassimo fuori». Uno stop che «fa venire il mal di stomaco, il mal di cuore».
Così, ecco l’appello: «Queste elezioni hanno una valenza politica nazionale e, se volete davvero essere liberi, non potete che scegliere il Pdl. Dovete andare a votare e votare bene». Nello specifico capitolino, «dovete mettere una croce sul nome di Renata Polverini». Concetto che ripete in serata, durante il comizio di chiusura della candidata pidiellina, in zona Eur, al Salone delle Tre Fontane. Dove denuncia: «Hanno provato a farmi fuori con la giustizia, con il character assassination, accusandomi di avere rapporti con le minorenni, e infine hanno provato a farmi fuori con gli attacchi patrimoniali». Nessuno di questi tentativi è riuscito, quindi, aggiunge Berlusconi, ora «mi devono far fuori con le statuette o la polverina». Il riferimento è alla busta con polvere bianca recapitata a Villa San Martino, ad Arcore, su cui prova pure ad ironizzare: «Dopo una giornata di lavoro capita anche che mi dicano di non andare a casa perché hanno mandato una polvere, forse antrace. Avete capito? Quelli che sono a casa mia sono tutti in ospedale per i controlli. C’è mio figlio chiuso in una stanza sigillata. Bella consolazione per un dittatore...». E sempre col sorriso sulle labbra, rivolgendosi all’ex leader Ugl, chiede: «Sai che ho lo ius primae noctis sulle nostre candidate? È scritto nello statuto del Pdl ed è stato deciso da una votazione all’unanimità».
Si torna seri. E sempre sul versante urne, prima di affrontare i capitoli pensioni («abbiamo il sistema più avanzato d’Europa»), tasse e giustizia, il premier pone un paletto al Carroccio. Umberto Bossi «è un alleato leale e coerente» e «non c’è alcuna preoccupazione se la Lega si irrobustirà». Detto questo, «non ci sarà alcun sorpasso» ai danni del Pdl. E sul fronte centro? «Casini ha avuto un comportamento schizofrenico e si è alleato ora con la destra e ora con la sinistra a seconda delle convenienze locali». E laddove lo ha fatto con il Pdl, «è avvenuto contro il mio parere».
Berlusconi, lesto a riferire il suo «62%» di gradimento degli italiani, si sofferma poi sulla delicata questione della successione. Chi verrà dopo di lui? Si deciderà con le primarie o altri strumenti democratici. Di certo, «non sono io a indicare chi mi succederà», visto che «questo solo i monarchi lo fanno». Per capirci, «non ho la possibilità di indicare nessuno, potrò poi a posteriori dire che forse avrei preferito qualcun altro, ma certamente sarà il partito, attraverso credo un grande congresso, a portare avanti dei nomi su cui si farà una scelta». Ma su un punto si mostra sicuro: il Pdl «sarà protagonista della politica italiana per i prossimi decenni». Ragion per cui «non credo proprio» che ci sarà bisogno di un nuovo «predellino». Lancia però una proposta: «Fissiamo un giorno ad inizio primavera e ogni anno facciamo una manifestazione organizzata, per ritrovarci tutti in Piazza San Giovanni». E a proposito dei distinguo con Gianfranco Fini, il leader Pdl ribadisce: «In un partito del 40%, che punta al 50-51%, le differenti sensibilità sono una ricchezza. Se non si trova l’unanimità si discute e la minoranza deve attenersi al voto della maggioranza».
Si passa al capitolo tasse. «La nostra prospettiva inevitabile», rimarca, «è quella di attuare, entro la fine della legislatura, la “rivoluzione liberale”» che ha nel suo Dna l’abbassamento della pressione fiscale. In particolare: «La diminuzione dell’Irap, la più ingiusta delle imposte sul lavoro» e «venire incontro alle famiglie numerose», introducendo il quoziente. A ogni modo, «non è mai moralmente accettabile l’evasione fiscale e non l’ho mai approvata, perché si commetterebbe un’ingiustizia nei confronti di tutti i cittadini». In merito all’azione del governo, il Cavaliere rivendica: «Rispetto alla pressione ereditata del 43,1%, oggi siamo al 42,7%. Quindi, un minimo di riduzione delle tasse c’è stato, compatibilmente con la crisi».
Inevitabile parlare di riforme. Priorità a quella sulla giustizia, per via di una magistratura su cui «mi sono indignato e mi indigno». Sul presidenzialismo «sarà l’Italia a decidere», attraverso «mille forme» di consultazione, oltre ai gazebo. Un punto su cui batte molto, tanto da confidare: «Non sono disposto a galleggiare e per uscire dalle sabbie mobili, in questo Paese occorre assolutamente il presidenzialismo».
In linea di principio, ripete, «il governo e la maggioranza hanno i numeri per fare le riforme», anche se «è auspicabile che si crei un nuovo clima politico» per renderle «condivise». Si vedrà. Per ora, l’imperativo categorico è vincere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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