La bioeconomia abbraccia un tesoro da 250 miliardi

I settori coinvolti valgono il 15% del Pil italiano e garantiscono un lavoro a 1,7 milioni di persone

Valter Pagliarulo

Anche la razionalità dei numeri non può ignorare le emozioni e le suggestioni dell'ambiente. Questo è il motivo per il quale la bioeconomia sta diventando materia viva del dibattito contemporaneo. Più che di una scienza si tratta di un complesso multidisciplinare che tenta di analizzare il sistema economico, integrando le scienze sociali e le scienze della vita. Secondo la teoria bioeconomica il sistema economico è parte integrante dell'ambiente, e come tale è sottoposto ai principi della biologia e della fisica e pertanto, è governato dalla legge dell'entropia. La tesi, basata sui principi della termodinamica, sostiene che i processi di produzione e di consumo deteriorano l'energia diminuendo la possibilità di «riutilizzare» beni e servizi.

Quella che può sembrare un'utopia ecologista è diventata un'unità di misura per valutare la sostenibilità ambientale di interi settori produttivi, sia di quelli tradizionali che di quelli maggiormente portatori di innovazione. L'Italia è il terzo Paese in Europa per dimensione della bioeconomia, inteso come insieme del prodotto di agricoltura, pesca, comparto alimentare, silvicoltura, industria della cellulosa e della carta, industria del tabacco, tessile, farmaceutica ed energie rinnovabili. Tutti questi settori produttivi valgono 250 miliardi di euro (circa il 15% del Pil) e garantiscono 1,7 milioni di posti di lavoro. La bioeconomia è al centro della Strategia italiana per lo sviluppo.

La Strategia per la Bioeconomia, approvata nel 2016, fa parte del processo attuativo della Strategia nazionale di specializzazione intelligente (S3 nazionale) principalmente nelle aree tematiche «Salute» e «Industria intelligente». A titolo di esempio, si stimato che i prodotti chimici realizzati con risorse rinnovabili abbiano raggiunto un valore di circa 2,9 miliardi di euro nel 2015, cioè il 5,9% del valore totale della produzione chimica. Il potenziale di sostituzione con materie prime rinnovabili all'interno del settore chimico convenzionale, secondo uno studio realizzato da Intesa Sanpaolo e Assobiotec, è pari a circa il 40% dei prodotti chimici italiani.

Non è un caso che il tema della sostenibilità ambientale sia stato inserito negli obiettivi fissati dalla Commissione europea per il 2020. Tra i vari target sono particolarmente rilevanti devono essere raggiunti i traguardi «20/20/20» in materia di clima/energia, cioè la riduzione del 20% del livello di emissione di gas a effetto serra, l'incremento fino al 20% della quota delle fonti di energia rinnovabile e il miglioramento dell'efficienza energica del 20% in più rispetto ai valori attuali. A questi si aggiungono le mete relative allo sviluppo sostenibile tra le quali spiccano un tasso di abbandono scolastico inferiore al 10% con almeno il 40% dei giovani titolare di un diploma di laurea e, soprattutto, sottrarre almeno 20 milioni di persone al rischio di povertà.

Questi obiettivi molto ambiziosi difficilmente saranno raggiunti anche per via degli effetti della crisi economica che ancora si trascinano nei bilanci dei singoli Stati componenti dell'Unione. Essi sono, tuttavia, la testimonianza di come il governo dell'economia non possa trascurare la cura dell'ecosistema che ci circonda. Una responsabilità della quale ormai l'arte si fa carico quotidianamente assumendosi la responsabilità di sensibilizzare il pubblico alla difesa dell'ambiente.

È il caso, ad esempio, della fotografa franco-americana Anne de Carbuccia che da anni porta in giro la personale One Planet One Future. In esposizione le fotografie delle particolari installazioni realizzate negli angoli più suggestivi del pianeta, dall'Everest alla Foresta Amazzonica.

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