Bombe esplodono tra la folla, strage a Istanbul

La trappola architettata per colpire più vittime possibili

da Istanbul

Una strage, alla vigilia del giorno più lungo della Turchia. Due bombe esplose a 10 minuti l'una dall'altra a Güngören, un quartiere popolare nella parte europea di Istanbul, hanno provocato 14 morti e centosettanta feriti, di cui 15 in gravi condizioni. Una carneficina, che arriva a poche ora dall'inizio del dibattito sulla chiusura del partito islamico-moderato per la Giustizia e lo Sviluppo Akp, guidato dal premier Recep Tayyip Erdogan, per cui il presidente della Repubblica Abdullah Gül e altri 69 dirigenti rischiano di essere allontanati dalla vita politica per 5 anni.
Gli ordigni sono esplosi a distanza di pochi minuti: il primo, meno potente, all’interno di una cabina telefonica poco dopo le 21.30, le 20.30 ora italiana. Il secondo, nascosto in un cassonetto, quando la folla si è radunata per vedere cosa era accaduto nella cabina. Una trappola per provocare una strage. La zona è stata subito isolata, lasciando il permesso di entrare ai soli mezzi di soccorso. Per i feriti più gravi la corsa verso gli ospedali più vicini si è rivelata inutile. Molti si sono appesi alla speranza che a provocare quell'orrore fosse stata una fuga di gas, che nei quartieri popolari come Güngören sono abbastanza frequenti. Ma meno di un'ora dopo gli scoppi, il capo della Sicurezza di Istanbul, Muammar Güler ha dovuto ammettere che si trattava di bombe, aggiungendo che le vittime potrebbero aumentare nelle prossime ore.
Güngören è un quartiere popolare di Istanbul, dove però nelle sere d'estate va in scena tutta la vitalità del popolo turco. La gente siede sulle panchine bevendo un tè o mangiando una fetta di anguria. La domenica sera le gente di Istanbul esce per strada. È chiaro che chi ha messo quelle bombe sull'Adnan Menderes Caddesi lo ha fatto per uccidere il più possibile.
Le forze dell'ordine per il momento pensano che l'autore della strage potrebbe essere il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, organizzazione separatista e terroristica, che da anni insanguina il Paese lottando per la creazione di uno Stato indipendente. Ad avvalorare questa ipotesi la modalità dell'attentato. In passato cestini della spazzatura e cabine telefoniche erano già state utilizzate per atti di terrore.
La Turchia ora è in preda alla confusione a causa della sua delicata situazione interna e questa ennesima tragedia rischia di destabilizzarla definitivamente. Proprio adesso che avrebbe bisogno del contrario.
A partire da oggi, la Corte Costituzionale potrebbe decidere di mettere fuori legge un partito che ha preso il 46,6% dei consensi. La Yargitay, la Procura generale di Ankara, ha accusato Erdogan e i suoi di essere la cellula turca di Al Qaida e di lavorare per instaurare nel Paese la legge coranica. Nei giorni scorsi il Tribunale di Istanbul ha aperto il processo contro 86 sospetti membri dell'organizzazione Ergenekon la «Gadio Turca», che secondo l'accusa sarebbe la principale responsabile dei principali fatti di sangue avvenuti nel Paese negli ultimi due anni. Il 9 luglio scorso 3 poliziotti e 3 terroristi sono morti in una sparatoria davanti al Consolato americano di Istanbul. Anche in quel caso all'inizio si parlò di curdi ma le accuse ricaddero in un secondo momento su Al Qaida. Il fatto che l'attacco non è sia stato rivendicato ha spinto alcuni quotidiani a pensare che la regia potesse essere di una cellula di Ergenekon rimasta in libertà.

E gli stessi sospetti ricadranno sulle bombe di ieri sera se il Pkk, come fa il più delle volte non rivendicherà la paternità dell'attentato.
Quel che è certo, per il momento, è che la situazione politica in Turchia è sempre più nevralgica e che per peggiorarla mancavano solo bombe in mezzo a innocenti, che si godevano il fresco di una sera estiva.

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