Brignano pesca nel baule della memoria

Da irrefrenabile protagonista da camera, anzi da cameretta («da piccolo a casa mia cercavo sempre di recitare per mamma e papà, ma loro erano perennemente occupati: io avevo mille cose da dire e nemmeno uno spettatore»), a mattatore della scena nazionale. Di più: un comico di razza ormai lanciato al galoppo che lo scorso inverno è riuscito a conquistare anche l’esigente platea milanese, cantando gli stornelli romani e disquisendo sui vari generi teatrali: dalla tragedia greca alla commedia scespiriana, passando per il teatro borghese. Enrico Brignano dopodomani, sabato, alle 21,15 sarà protagonista all’Arena del Mare di Sabaudia di una serata da sbellicarsi dalle risate. Il comico nato e cresciuto a Dragona proporrà la versione estiva del suo ultimo spettacolo, «Le parole che non vi ho detto». Uno show esilarante ma privo di turpiloquio, ricco di sentimenti e di pensieri inediti in cui Brignano getta un ponte sul passato. Una sorta di baule della memoria in cui l’artista dalla battuta schietta ha custodito un bagaglio in cui in molti possono ancora riconoscersi. Una storia lunga decenni e condensata in poco più di due ore, che parla d’amore e matrimonio, costume e società, teatro e lingua italiana. Il tutto distillato, anzi shekerato, in un elisir musicale di struggente bellezza. «Quando uno si tiene le cose dentro troppo a lungo a un certo punto deve farle uscire perché più passa il tempo e peggio è - filosofeggia - perché col tempo quello che hai dentro sedimenta e si trasforma nel bagaglio delle tue in-esperienze». Una sorta di valigione ingombrante, zeppo di voglie inespresse, ansie, paure, e desideri inconfessabili. «Io più che una valigia ho un baule - gigioneggia il comico, allievo di Gigi Proietti ai tempi del famoso laboratorio teatrale - ma siccome io le cose non riesco a tenermele dentro più di tanto, mi sono tolto la soddisfazione di farci su uno spettacolo». Scoperchiando il grande baule di memorie e sincerità, Brignano sabato sera darà aria ai pensieri buffi e alle riflessioni semiserie, alle cose non fatte e mai dette in questi anni. E contemporaneamente farà spazio ai nuovi «abiti», le cose del futuro ancora tutte da vivere e da scrivere. «La gente oggi ha voglia di ridere e due ore a teatro sono un toccasana. Personalmente, a ogni applauso o boato proveniente della platea mi si riempie così tanto il cuore che rimborserei il pubblico», chiosa l’attore, allevato all’arte del cabaret di qualità grazie all’esempio di maestri come Walter Chiari, Alberto Sordi , Aldo Fabrizi e Gigi Proietti che al palcoscenico hanno dato tanto.

Tutto. «Decisi di diventare attore tanti anni fa, quando da ragazzino i miei mi portarono al Sistina a vedere Rugantino. Rimasi folgorato. Per me il teatro è l’unica forma d’arte, altro che industria moribonda. È vivissima».

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