Di sicuro sono alquanto competitivi, ma in molti pensano che ci siano squadre più accreditate. Prendiamo l'Inter campione d'Italia di Helenio Herrera: era già una corazzata e ora ha messo dentro pure il portiere Sarti e il centravanti Milani. La Juve accarezza Sivori e Nenè. Il Milan si è dissanguato per comprare Amarildo, il grande rivale di Pelè nella nazionale carioca. Poi c'è la Roma intrisa di sudamerica e costruita dal munifico conte Marini Dettina.
Sopra questo ring - la stagione è quella del 1963/64 - sventola la mano anche il Bologna di Fulvio Bernardini. Che viene da due quarti posti, raggiunti da un gruppo solido, punteggiato di classe, armato dal carisma di alcuni singoli sopra la media. Il leader è il tuttocampista Giacomo Bulgarelli, ma in molto rendono oltre le loro possibilità. Perani e Pascutti - ala destra e sinistra - spingono come dei forsennati. Poi ci sono la dirompente confidenza con lo specchio del centravanti danese Harald Nielsen, gli acuti del fantasista tedesco Helmut Haller e il granitico blocco italiano in difesa, con Janich e Tumburus a schermare le vie centrali. Però la via per il titolo è comunque una sgobbata cosparsa di trappole.
Nelle prime dieci giornate i rossoblu faticano a trovare il ritmo giusto e vengono rallentati da cinque pareggi, più una sconfitta. Poi però le cose prendono gradualmente a girare, la squadra fabbrica gioco, Nielsen e gli incursori finalizzano. Ne esce fuori una lunga tenzone a tre, tra loro, l'Inter e il Milan. Che il 1° di marzo viene ribaltato e sconfitto, con tanto di allungo in classifica, ma una grana inattesa sta per abbattersi sui ragazzi di Bernardini. Cinque giocatori positivi al test dell'antidoping del 2 febbraio, dopo la vittoria sul Torino. L'ecosistema felsineo rischia di squagliarsi. Pavinato, Tumburus, Fogli, Perani e Pascutti salgono sul banco degli imputati, insieme al mister e al medico sociale. La stampa si lacera tra innocentisti e ghigliottine.
Ne sorge un'intricata vicenda che coinvolge la giustizia sportiva e quella ordinaria e che, inizialmente, si risolve con la sconfitta a tavolino contro il Toro, un punto di penalizzazione, la squalifica per 18 mesi di Bernardini e l'inibizione del medico, Igino Poggiali, dagli incarichi in ambito sportivo. Una mazzata che divelge improvvisamente le certezze del Bologna e lo spinge via dal sogno scudetto. Successivi accertamenti sulle provette oggetto di esame ribalteranno però tutto, riabilitando la squadra e i suoi protagonisti. Così, a tre giornate dalla fine, i rossoblu si ritrovano appaiati all'Inter in classifica. E, a fine campionato, i punti saranno 54 per entrambe.
Si apre quindi uno scenario inedito per la Serie A. Serve uno spareggio per decretare chi vincerà lo scudetto. Il luogo prescelto è lo stadio Olimpico di Roma, la data il 7 giugno del 1964. Soltanto quattro giorni prima della partita il presidente del Bologna, Dall'Ara, muore improvvisamente. Devastato dal lutto, il club chiede un rinvio, ma la federazione non lo accorda, intingendo la stagione di ulteriore dramma.
“Roma, Stadio Olimpico, teatro di un nuovo eccezionale avvenimento nella storia del Campionato Italiano a girone unico. Abbiamo infatti per la prima volta uno spareggio per la conquista dello Scudetto. Si fronteggiano Bologna e Internazionale”, esordisce Nicolò Carosio in telecronaca. I media lo definiscono "lo spareggio del miliardo", perché gli spettatori presenti, cinquantunomila, faranno incassare la somma monstre. Tutti allo stadio, anche perché - clamorosamente - non è prevista la diretta Rai.
Arbitra il signor Lo Bello di Siracusa. Il dottore Bernardini ha portato i suoi in ritiro a Fregene, per abituarsi alle temperature romane. Il mago Herrera, invece, ha privilegiato la frescura di Appiano. Partita tirata ed equilibrata, ma dopo il primo tempo si intuisce che il Bologna è più disinvolto, mentre l'Inter risulta spremuta. Solo questione di attendere, dunque. Anche se il primo gol felsineo arriva con modalità inattese: piazzato, Bulgarelli la tocca per Fogli, botta deviata da Facchetti e Sarti è infilato al 75esimo.
L'Inter sanguina e non riesce a rimarginarsi. Otto minuti dopo Fogli, l'uomo del match, imbuca per Nielsen che davanti al portiere esplode il 2-0.
"L'arbitrò fischiò la fine - racconterà Bulgarelli - e mi assalì una sensazione strana. Eravamo campioni d'Italia, ma stentavo a crederlo". Quel titolo così inatteso e sofferto sarà dedicato a Dall'Ara. E rimarrà scolpito nei ricordi, come quell'impensabile spareggio.
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