Le giovanili del Toro, lo scudetto dei record con l'Inter, le tante panchine da allenatore. Andrea Mandorlini si racconta

"Passò un furgoncino mentre ero in strada e mi dissero: 'Vuoi giocare?' Iniziai così con una squadretta della mia città, Ravenna. Poi le giovanili nel Torino". Andrea Mandorlini racconta al Giornale.it la sua vita da calciatore e poi allenatore

Le giovanili del Toro, lo scudetto dei record con l'Inter, le tante panchine da allenatore. Andrea Mandorlini si racconta


Cresciuto calcisticamente nella squadra della sua città natale, Ravenna, Andrea Mandorlini (classe 1960) esordisce in Serie A con il Torino nella stagione 1978-1979. Dieci anni dopo, con la maglia dell'Inter, vince lo scudetto dei record con Giovanni Trapattoni in panchina. Divenuto allenatore, ha guidato diverse squadre tra B e C, conquistando una promozione in A con l'Atalanta (2003-04), poi Bologna, Padova, Siena, Sassuolo e da ultima l'esperienza in Romania al CFR Cluj. Ha svolto anche il ruolo di commentatore per Sportitalia. Ha due figli, Davide e Matteo, entrambi calciatori. In questa intervista ci parla della sua lunga esperienza col pallone tra i piedi e in panchina.

Si ricorda la prima volta che ha iniziato a tirare calci ad un pallone?
"Lo ricordo benissimo perché ero sempre in conflitto con mio papà perché facevo nuoto, che a lui piaceva, ed ero andato anche a Roma a disputare delle finali. Ero bravo però a me piaceva troppo giocare a pallone ed alla fine ho deciso di praticare quest'ultima attività. Un giorno, parlo del 1968, ero sulla strada che giocavo, passò un furgoncino con dei signori che mi chiesero se mi sarebbe piaciuto giocare, ed io dissi di sì ed andai in una piccola società di Ravenna, che è la mia città, e così ho iniziato".

La sua carriera da calciatore professionista da dove ha preso inizio?
"A 16 anni sono andato a Torino, nel settore giovanile granata, dove feci dei provini, facendo poi tutta la trafila delle giovanili: Allievi, Beretti, poi in Primavera. L'esordio in prima squadra con giocatori come Pecci, Pulici, Graziani... quindi ho avuto la fortuna di andare nel settore giovanile più importante di quel periodo, ed è stato bellissimo".

Dal suo curriculum calcistico si vede che ha giocato in piazze importanti. Ce n'è qualcuna che ricorda in modo particolare?
"Le ricordo tutte con piacere, anche se è chiaro che Torino è stato qualcosa di importante, poi Bergamo e da lì andai ad Ascoli con Mazzone allenatore. È stato un periodo fondamentale della mia vita calcistica. Da lì il grande salto all'Inter dove sono stato per 7 anni ed ho conosciuto un calcio diverso, con la vittoria dello scudetto, Coppa Uefa, Supercoppa, più di 70 partite disputate, oltre le coppe europee. Poi gli ultimi 3 anni all'Udinese, dove ho concluso la carriera. Tutto sommato mi è andata bene, direi".

Facciamo un gioco: lei torna per un attimo nel passato, quale giorno vorrebbe incorniciare nella sua carriera da giocatore?
"Quando l'Ascoli mi vendette all'Inter nel 1984. Io da bambino ero interista, stentavo quasi a crederci, mi pareva un sogno".

Ci sono altre piazze in cui ha giocato che le piace ricordare?
"Con affetto le ricordo davvero tutte, da giocatore ho avuto tanto da ognuna di esse. Sono stato anche all'Atalanta ed è stato un anno incredibile. Ci sono ritornato poi da allenatore, ho vinto il campionato, siamo ritornati in A. Io di tutte le piazze, soprattutto dove sono stato da giocatore, ho ricordi bellissimi e posso solo dire cose positive".

Quali sono compagni di squadra di quel tempo che sente anche adesso?
" Mi sento sempre con lo 'Zio' Bergomi, con Ferri, con Matteoli, Walter Zenga, purtroppo è venuto a mancare Andy Brehme, pochi mesi fa".

Lei giocava come difensore, quali sono gli attaccanti che le hanno creato più difficoltà?
"Era un periodo in cui gli attaccanti più bravi erano tutti in Italia: Van Basten, Gullit, Careca, Maradona, Zico, oppure compagni di squadra come Altobelli o Paolo Rossi. Io sono andato in difficoltà con Rudi Voeller in una gara con la Roma, era un grandissimo attaccante, con lui ho sofferto le pene dell'inferno, anche se, alla fine, sono riuscito a cavarmela".

Una volta appese le scarpette al chiodo ha intrapreso la carriera di tecnico, se deve fare un bilancio generale è stata soddisfacente?
"Credo che potevo e posso dare di più, ho fatto tanti anni buoni, qualcuno potevo farlo meglio, anche se è difficile darmi un giudizio da solo. Ho avuto comunque anche delle soddisfazioni".

Ci sono momenti piacevoli o meno belli da ricordare nella sua carriera di allenatore?
" Assolutamente sì, momenti positivi e negativi che fanno parte del gioco e dell'esperienza".

Ha anche due figli che hanno intrapreso la carriera calcistica, Davide e Matteo, che cosa mi può dire di loro?
"Al di là della carriera sono due ragazzi fantastici, sono stato veramente fortunato ad avere due figli come loro. Ognuno ha fatto il suo percorso. Matteo ho avuto la fortuna di allenarlo per un anno e mezzo a Padova. Sono molto contento, entrambi sono nel mondo del calcio e vi rimarranno. Davide sta diventando direttore sportivo nel Ravenna. Matteo non so se vorrà giocare ancora oppure fare il procuratore aiutando Davide in questa avventura con questa nuova proprietà che ha preso il Ravenna Calcio. Ma a proposito, visto che lei è di Pisa, vorrei esprimerle un desiderio che avrei nel cuore... ".

Dica pure, mister...
" A Pisa le confesso che verrei volentieri, anzi lo scriva pure, ci tengo che si sappia. Lì ho tanti giocatori, Marco D'Alessandro, Mattia Valoti ed Ernesto Torregrossa, che ho lanciato a Verona. Sempre nei gialloblu ho avuto Eros Pisano, ora al Lumezzane, poi Miguel Veloso al Genoa. A Pisa verrei anche a piedi".

Che differenze vede fra il calcio di oggi e quello dei suoi tempi?
"Il calcio è fatto dai giocatori, io ho avuto la fortuna di giocare in un periodo dove i più grandi giocatori del mondo erano in Italia. Il calcio è cambiato, comunque sono contento che il calcio italiano sia ritornato a certi livelli, molto più fisico, molto più veloce rispetto a prima, anche se una volta c'era più qualità".

Uno sguardo ai campionati di serie A e B, qual è il suo giudizio?
"Riguardo alla serie A diciamo che ha vinto la squadra più forte, l'Inter, poi non c'è stata competizione, sono venute a 'mancare' le altre squadre, il Napoli ha fatto un flop incredibile, poi il Milan, la Juve. In B invece le squadre che hanno investito hanno avuto successo, vedi Parma, Como, Cremonese, guidate, tra l'altro, da proprieta' importanti".

Qual è stato il segreto di Inzaghi nel successo dell'Inter di quest'anno?
" Credo che la sua squadra abbia avuto una certa continuità, che poi è anche dovuta dal fatto di aver avuto pochi avversari, un campionato con pochi ostacoli, facendo anche tesoro di errori commessi in passato. Una squadra che ha meritato assolutamente la vittoria finale".

Come vede l'Italia nella sfida degli Europei e chi mette fra la squadre favorite?
"Le favorite sono sempre le stesse, e fra queste metto naturalmente anche l'Italia, che mi auguro che arrivi a giocare per il titolo. Le altre squadre sono l'Inghilterra e la Spagna. Difficile trovare una outsider anche se nel calcio mai dire mai".

Che consiglio si sentirebbe di dare ai giovani che intraprendono la carriera di calciatore?
"Fare il calciatore, una volta, era passione, voglia di giocare, adesso il giovane che esce dalle primavere ha già guadagni importanti.

Prima si guadagnava per quello che dimostravi, adesso hai già dei contratti. Credo che invece devi sempre essere animato da una forte passione e da tanto sacrificio per arrivare. La passione deve animare il tutto".

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