C'è grande attesa nel mondo del calcio per l'esito delle controanalisi sulle urine di Paul Pogba acquisite al termine di Udinese-Juventus, match valevole per la prima giornata del campionato di Serie A in cui, peraltro, il francese non era neppure sceso in campo. Le verifiche effettuate sul campione attestarono una "non negatività" al testosterone.
L'esame si svolgerà nel centro romano dell'Acqua Acetosa, alla presenza dei periti e dei legali che tutelano gli interessi del calciatore bianconero. Trattandosi di controanalisi, sul campione B, che è stato conservato a una temperatura di -20°C nei laboratori della Federazione Medico Sportiva Italiana, verrà effettuata una ricerca mirata solo sull'eventuale presenza di testosterone. Ecco perché, in questo caso i risultati potrebbero arrivare molto più rapidamente.
Resta comunque da fare una doverosa premessa: quando si verificano situazioni del genere, la probabilità che le controanalisi ribaltino tutto sono davvero ridotte al lumicino. Parlando di testosterone, una delle sostanze più semplici da individuare grazie ad apparecchiature sofisticate e pressoché infallibili, le possibilità di errore sono ancora più scarne. Ciò nonostante, quella della realizzazione di un secondo esame diagnostico è un beneficio che viene riconosciuto all'atleta.
Gli scenari
Qualora i test condotti sul secondo campione confermassero la presenza di testosterone nelle urine di Pogba, scenario più che verosimile, il francese non verrebbe più considerato "non negativo" bensì "positivo" e si aprirebbe la consueta fase giudiziaria. Gli avvocati del calciatore invieranno delle memorie difensive, dopo di che potrebbe verificarsi l'interrogatorio del diretto interessato. Ma cosa accadrebbe esattamente?
Di sicuro il primo obiettivo dell'entourage di Pogba è quello di allontanare il pericolo del massimo della pena, una squalifica di 4 anni. In genere si percorre la strada della non intenzionalità da parte dell'atleta di assumere la sostanza dopante: tradizionalmente, qualora la tesi venga comprovata, ciò significa ridurre la pena della metà. Una via decisamente impervia, dato che sul foglio illustrativo del farmaco consigliatogli da un amico medico statunitense era chiaramente indicato il rischio doping: medicinale, peraltro, assunto senza comunicare nulla alla società.
Nel caso in cui Pogba ammettesse le proprie responsabilità, pur mantenendo la linea dell'assunzione involontaria, si potrebbe arrivare al patteggiamento: il calciatore e la Juventus sarebbero inclini a questa soluzione, almeno stando al resoconto del primo confronto avvenuto in sede dopo la sospensione.
Il patteggiamento può essere richiesto tanto dai legali del centrocampista quanto dalla stessa Procura Antidoping e prevede in caso di accordo uno sconto non superiore al 50% della proposta di squalifica. Partendo da due anni, ma solo con l'ammissione di colpa e il riconoscimento della non intenzionalità, il francese potrebbe star fermo solo per un anno. Nel caso in cui venga richiesta la pena massima, nell'ipotesi migliore il bianconero se la caverebbe con due anni di stop. Ma è difficile che tutti gli elementi si vengano a combinare alla perfezione.
Ultima ipotesi è quella del processo, che si svolgerebbe presso il Tribunale nazionale antidoping e in appello dinanzi al Tribunale arbitrale dello sport.
Al diretto interessato viene concessa la possibilità di richiedere un'unica procedura dinanzi al Tas per accorciare i tempi, previo via libera da parte di Wada e Nado Italia: si tratta in genere di una scelta rischiosa, e potrebbe esserlo ancora di più per un giocatore che viaggia per i 31 anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.