Non capita spesso che la partita decisiva per l’assegnazione di un campionato nazionale tutto sommato minore sia seguita con tanto interesse dai media di mezzo mondo. La vera notizia, forse, è che la partita che si è giocata all’Arena Lviv sia avvenuta davvero. Il fatto che, con una giornata d’anticipo, il titolo se lo sia assicurato lo Shakhtar Donetsk è quasi un corollario. Alzi la mano chi, il giorno dopo l’invasione russa dell’Ucraina, si sarebbe aspettato che il campionato di guerra si sarebbe concluso senza troppi problemi.
Eppure, niente in questa gara è normale, a partire dal palcoscenico. Intendiamoci, lo stadio non è affatto improvvisato, è uno dei quattro che ospitarono Euro 2012: decisamente meno normali le condizioni che hanno costretto la federcalcio ucraina ad ordinare che la partita si sarebbe giocata qui. Leopoli è una delle poche città abbastanza lontane dal fronte per poter organizzare in relativa sicurezza una partita di calcio professionistico.
Il pensiero che i tifosi dei nuovi campioni d’Ucraina debbano preoccuparsi dei bombardamenti russi, che la regione del Donetsk sia stata martoriata come non succedeva dai tempi della Prima Guerra Mondiale fa rabbrividire. Show must go on, nonostante la cosa faccia riflettere non poco. Ha senso continuare a giocare in tempo di guerra? A sentire un dirigente della federcalcio, Ievgen Dykyi, intervistato qualche giorno fa dall’Associated Press, il calcio ha un ruolo da giocare nella difesa della patria ucraina. “Penso che sarà una delle migliori partite di sempre, visto che la situazione del Paese è molto complicata. Tutti i giocatori lo sanno fin troppo bene”.
Il campionato di guerra
Lo Shakhtar aveva di fronte il Dnipro-1 e sarebbe bastato un pareggio contro la squadra di quella città che, fino a non molti anni fa si chiamava Dnipropetrovsk per conquistare il quattordicesimo titolo di campione d’Ucraina, tutti arrivati nel 21° secolo, dopo il primo trionfo targato Nevio Scala nel 2001. Inutile nascondersi che l’atmosfera è tutt’altro che normale. Venerdì a Dnipro le forze armate russe hanno colpito una clinica, uccidendo due civili e ferendone 20, tra i quali alcuni bambini. Eppure, nonostante l’assurdità della situazione, il campionato di calcio è continuato come se niente fosse.
Le differenze, ovviamente, saltano subito all’occhio, anche per l’osservatore più distratto. La partita chiave della stagione, ad esempio, è arbitrata da una squadra di sole donne, guidate da Katerina Monzul. Non è un fatto del tutto inedito ma pensare che i loro colleghi uomini sono probabilmente al fronte non è normale per niente. Buona parte della tribuna dell’arena è coperta da un’enorme bandiera ucraina, per nascondere il fatto che di tifosi in giro non ce ne sono moltissimi. Si danno un gran daffare per sostenere comunque i “padroni di casa” dello Shakhtar ma non si può ignorare il fatto che la casa dei nuovi campioni d’Ucraina, la Donbass Arena sia 1200 chilometri più ad est, in territorio nemico.
In campo, poi, ci sono solo due stranieri, un argentino ed un brasiliano certo di non primo livello, una differenza clamorosa per chi ricorda lo Shakhtar di De Zerbi, talmente imbottito di sudamericani e stranieri da poter addirittura arrivare alla fase ad eliminazione diretta di una coppa europea. L’atmosfera ci riporta ai giorni bui del lockdown, delle partite a porte chiuse, quelle telecronache con le voci dei giocatori chiaramente comprensibili, che echeggiano nello stadio vuoto.
Sembra un’assurdità, ma dal punto di vista psicologico continuare ad avere il campionato di calcio ha un ruolo non secondario nella tenuta del tessuto sociale. Gli orrori della guerra non svaniranno di colpo, ma almeno avrai un minimo di normalità in una routine che non potrebbe essere più lontana da quella di tutti i giorni. Il fatto di essere riusciti a giocare tutte le partite di un torneo a 16 squadre ha quasi del miracoloso. Lo scorso 24 agosto, la partita tra i padroni di casa del Rukh Vynnyky ed il Metalist Kharkiv fu interrotta per un attacco aereo dell’aviazione russa, tanto per rovinare il giorno della dichiarazione d’indipendenza dall’Unione Sovietica. Per quattro volte la partita fu interrotta, coi giocatori costretti a scappare nei rifugi antiaerei a scanso di equivoci.
Un valore altamente simbolico
All’ottavo minuto c’è anche tempo di festeggiare il vantaggio dello Shakhtar, segnato da uno dei giocatori più talentuosi rimasti nella squadra del Donetsk, Artem Bondarenko, interessante classe 2000 già finito nei mirini di diverse squadre europee. I festeggiamenti in campo sono i soliti, quelli che abbiamo visto mille volte in televisione, ma difficile immaginare come, un migliaio di chilometri più ad est, a festeggiare saranno stati anche tanti ucraini normali, attaccati al telefonino per seguire la diretta streaming, magari a pochi chilometri dal fronte.
Visto il perdurare dell’invasione russa, molti avevano consigliato alla federcalcio di organizzare il torneo all’estero, in un Paese sicuro come la Polonia o la Turchia, ma l’invito è stato fermamente rinviato al mittente. A sentire loro, avevano un “obbligo morale” di giocare in Ucraina, specialmente dopo che i paesi membri della Uefa hanno deciso di fornire loro assistenza economica. Dykyi ha chiamato il campionato “un simbolo dello sport per il nostro popolo ed i nostri combattenti”, seguito anche da chi si trova in trincea, combattendo per difendere il Paese dall’invasore. In giro si trovano decine di video di soldati che guardano le partite in diretta, mandando poi messaggi di ringraziamento per aver permesso che il campionato continuasse nonostante le tante difficoltà.
Propaganda? Possibile, quasi certo ma l’attaccamento nei confronti delle proprie squadre di calcio è un fattore non trascurabile per mantenere un minimo di normalità nelle vite di chi deve lottare per sopravvivere giorno dopo giorno. Alcuni grossi problemi rimangono, come l’impossibilità di ammettere più di 280 persone ad ogni partita, per ovvie ragioni di sicurezza. Dykyi ha detto che “al momento è impossibile per noi far tornare i tifosi allo stadio perché non saremmo in grado di garantire la loro sicurezza e rifugio dagli attacchi aerei”. Questo, purtroppo, è un aspetto della vita in Ucraina che è diventato normale. Lo stesso dirigente della federcalcio, che da un anno è tornato a Kiev, non ha problemi ad ammettere che la sua famiglia è tuttora costretta a rifugiarsi in bagno quando suonano le sirene dell’attacco aereo. Per quanto assurdo possa sembrare, questa è la normalità in Ucraina: “alla fine, sfortunatamente, ci si abitua a tutto”. Anche a giocare la partita più importante della stagione a 1200 chilometri da casa per tenere alto il morale delle truppe.
Un futuro molto incerto
Nonostante la gioia per il titolo sia tanta, anche solo per spargere sale sulle ferite dei rivali della Dynamo Kiev, ci vorrà parecchio prima di tornare all’età dell’oro dello Shakhtar, quando arrivò il trionfo più grande, la Coppa Uefa nel 2009, quando l’undici dell’immarcescibile Mircea Lucescu riuscì a battere 2-1 il Werder Brema. Quando al 54’ arriva il raddoppio di Danylo Sikan, classe 2001 nato e cresciuto proprio da queste parti, la mente va già alla prossima stagione e all’iniezione di fondi che arriverà nelle casse del club grazie alla qualificazione alla fase a gironi della Champions League. Questi fondi sono fondamentali per il futuro del sistema calcio ucraino, vicino al collasso totale. Dykyi non si nasconde dietro un dito: “molte squadre stanno soffrendo molto. Parecchie delle imprese dei proprietari sono state distrutte dai russi”.
Quando festeggia per il 3-0 messo dall’esperto capitano Taras Stepanenko, anche lui nazionale ucraino, impossibile non pensare come il ricco proprietario del club del Donetsk, Rinat Akhmetov, non ripensi al gioiello della corona, l’enorme acciaieria Azovstal di Mariupol, completamente devastata dall’esercito russo. Alcune squadre, come il Mariupol ed il Desna Chernihiv, sono state costrette a smettere di giocare. La federcalcio ha lasciato per loro un posto nella prima divisione ma difficile che si possa tornare presto alla normalità. Quando sei costretto a scappare dalla tua città sperando che la tua auto non salti su una delle tante mine lasciate dai russi, il futuro del tuo club sembra di colpo quasi irrilevante. Eppure, il calcio continua a seguire le sue logiche e tempistiche. Nessuno sa cosa succederà al fronte questa estate ma è sicuro che a settembre la nazionale ucraina arriverà a San Siro per affrontare l’Italia di Mancini, per poi giocare “in casa”, Dio solo sa dove, contro l’Inghilterra di Southgate.
Lo Shakhtar ed il Dnipro sperano di ripetere la corsa di questa stagione, quando sono riusciti ad arrivare alla fase ad eliminazione diretta in Europa. La qualità del campionato ucraino è calata da quando gran parte degli stranieri ha lasciato il Paese grazie all’autorizzazione della Uefa che ha consentito di sospendere i contratti in corso. De Zerbi è finito al Brighton, compiendo un’impresa memorabile e lo Shakhtar si è affidato al tecnico del Dnipro Igor Jovicevic. Il croato avrà il compito non semplice di affrontare una nuova, difficile avventura in Champions: in palio potrebbe esserci la stessa sopravvivenza del club e di tutto il movimento calcistico ucraino. Il fatto che questo campionato si sia giocato in un clima irreale si vede nel recupero, quando in campo scoppia una mezza rissa. Qualche parola di troppo volata tra due giocatori rivali, con tanto di calcio volante andato a vuoto: l’arbitro ci mette un po’ a riprendere il controllo della situazione ed espellere due giocatori per parte, incluso il portiere dello Shakhtar Trubin. In porta finisce addirittura il difensore Rakitskij ma il risultato è al sicuro.
Quando arriva finalmente il triplice fischio, i 280 dell’Arena Lviv festeggiano la vittoria dello scudetto ma, forse, il fatto stesso che, in condizioni quasi impossibili, il calcio ucraino continui a tenere duro. Come ammette Dykyi, la cosa non era affatto scontata: “Nei primi mesi della guerra la situazione era spaventosa. Non potevamo immaginarci di essere in grado di giocare un campionato regolare”.
Fanno festa i giocatori, fanno festa, magari di nascosto, i tifosi dietro la linea del fronte, fa festa l’intera Ucraina. La speranza, ovviamente, è che la festa vera, quella per la pace, sia sempre più vicina. Per il momento, toccherà accontentarsi dell’effimera gioia di uno scudetto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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